Il Vangelo di Marco

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono, di chi penso non fu altri che un uomo, come Dio passato alla Storia.

Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccise tra le braccia di una croce.

(Si chiamava Gesù – Fabrizio De Andrè)

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Riprendo la chiacchierata sulla religione cristiana iniziata con la Trinità. Dicevo lì che mi piaceva l’idea di un Dio che volesse comunicare con l’uomo, e scegliesse di farlo attraverso due meccanismi che riflettono due dimensioni concentriche dell’uomo: la parola, la storia, il racconto, per parlare alla razionalità umana e lo spirito, l’intuizione, per parlare al nostro inconscio.

Vorrei ora cercare di indagare su quello che questo Dio sta cercando di dirci partendo dalla più ufficiale di queste comunicazioni: i Vangeli, l’annuncio della Buona Novella.

Cosa sono i Vangeli ? parlano alla nostra razionalità o al nostro inconscio ? Credo parlino a entrambi: sono razionalità in quanto racconti, in quanto documenti storici, sono intuizione perché li hanno scritti uomini inspirati, con un messaggio, una passione da comunicare.

Piccola premessa

Prima di iniziare vorrei esprimere chiaramente il mio punto di vista su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo in generale. Quello che farò, sarà cercare conferme a questa tesi, o comunque elementi che analizzerò con questi occhiali. Mi sembra giusto, quindi, esplicitarli.

Non credo che Gesù sia stato un Dio incarnato, non più di quanto lo possa essere ognuno di noi. Non credo abbia fatto miracoli, se non quelli nelle corde di un bravo guaritore, non credo sia risorto fisicamente. Credo sia risorto come presenza, ricordo, come qualsiasi persona cara continua a vivere in chi l’ha amato. Non credo abbia voluto creare una Chiesa e non credo abbia voluto istituire l’eucarestia se non come ricordo di lui.

Credo ad un disegno divino, mi piace pensare a Gesù come persona ispirata che ha voluto comunicarci la sua, preziosa, percezione di Dio.

E, d’altra parte, credo che tutto quello che succede faccia parte di questo disegno, compresa la Chiesa, con i suoi sbagli e i suoi ravvedimenti.

Marco

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

(Marco 50-52)

Probabilmente Marco era quel ragazzo, che da giovane ha partecipato ad un evento straordinario. Uno straordinario momento di terrore. Non ci sarebbe stato altro motivo per inserire il particolare della presenza alla crocifissione di questo ragazzino, se non il desiderio di firmare il suo lavoro, di dire “io ero lì”.

Questo vangelo pare sia stato scritto dopo il 70 d.c., più di quarant’anni dopo i fatti che racconta, o forse dopo ancora. È il vangelo più antico, in parte gli altri due vangeli storici, quello di Matteo e Luca hanno copiato di qui.

Il Vangelo di Marco è lungo 22 pagine (pdf, traduzione CEI), si legge molto in fretta, e leggerlo è come maneggiare un antico vaso, frantumato e ricostruito mille volte, con inserti e materiali diversi.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

(Marco 20)

Quella sopra è la fine del racconto. Sembra dire che la Parola è centrale, ma, paradossalmente non si trova granché traccia del messaggio di Gesù nel racconto stesso. Sembra stato scritto con l’intento di inanellare alcuni fatti importanti, quasi un Bignami ad uso della comunità. È destinato a gente che sapeva già tutto, aveva solo bisogno di un manuale, un testo di riferimento, lo scheletro di un racconto che veniva fatto oralmente.

Lettura

Volevo provare a sintetizzare il racconto, ma è già talmente stringato e conciso che diventa difficile. Mi limito ad accennare ad alcuni aspetti che mi hanno colpito.

Gesù appare dal niente, l’unica notizia su di lui è che arriva da Nazareth. Il ritmo del racconto è molto concitato, succedono un sacco di cose già nella prima pagina.

Sembra che Gesù passi il tempo a nascondersi, a fuggire dalla folla che lo assedia continuamente per le sue abilità di guaritore. Sembra che lui però, consideri più importante guarire la gente dai mali interiori (Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati) che da quelli fisici, le guarigioni fisiche servono “affinché voi crediate”.

Ci sono molti passi assai poco comprensibili. Molte cose hanno un qualche senso col senno di poi, sembrano confermare la dottrina che maturerà in seguito la Chiesa, ma all’epoca non si spiegano. Aggiunte successive, probabilmente, come quando chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunano e lui risponde che finché lo sposo è presente si festeggia.

Quasi da subito i farisei (la Chiesa dell’epoca) cominciano ad accusarlo di nefandezze con la storia del sabato (perché raccoglievano spighe camminando) e il Nostro risponde che il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Curiosa espressione “figlio dell’uomo”. Alla terza pagina farisei e erodiani hanno già deciso di farlo morire. Da quelle parti erano tosti già allora.

A ritmo serrato Gesù si porta avanti col lavoro e dei tanti che lo seguivano ne scegli dodici (il salotto buono), è uno lo sbaglia, Marco crea la suspance da subito (“… e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.”).

Il racconto è infarcito di concetti dati per scontati, ma mai introdotti o spiegati. Si parla ad esempio di “bestemmie contro lo Spirito Santo”, ma cosa sia questo Spirito Santo non viene detto. Si parla di Satana, ma non ci viene detto chi è. È da notare che Satana è pochissimo presente nella Bibbia ebraica, dove non ha questo ruolo centrale di oppositore ufficiale di Dio. Solo nel nuovo testamento diventa protagonista.

Gesù si esprime in parabole, che è un bel modo di dire le cose. Racconta delle storie. Stranamente ci tiene a presentare la cosa come se fosse un linguaggio criptico, che può comprendere solo quello a cui viene spiegato. E infatti comincia a spiegare le parabole al suo salotto buono dopo averle dette a tutti. L’idea che mi son fatto è che Gesù presentasse davvero qualcosa di difficile da capire, talmente difficile che neanche i suoi discepoli, nonostante le spiegazioni, l’abbiano davvero compreso. A noi quindi è arrivato il meccanismo ma non il contenuto, rimpiazzato, quest’ultimo, da qualcosa di più banale, quello che i discepoli sono riusciti effettivamente a capire.

Comincia qui a parlare del Regno di Dio, che parte come piccolo seme e cresce, ma, a parte illustrarci il meccanismo di crescita non ci dice cos’è questo regno di Dio. Sembra comunque una cosa destinata a succedere in tempi brevi.

Episodi come quello dell’indemoniato lasciano perplessi. Il diavolo si fa chiamare Legione perché sono in molti lì dentro. Chiedono e ottengono, i demoni, di potersi insediare in una mandria di maiali lì vicino, e i maiali si buttano nel lago. Difficile dare un senso a questa cosa, salvo voler mostrare un Gesù che fa cose straordinarie (anche se poco sensate) e comanda su mondi oscuri. Di segno opposto, ma ugualmente incomprensibile è l’episodio della trasfigurazione.

Intanto gli apostoli cominciano ad andare in giro per conto loro, a predicare e guarire e tornano da Gesù a raccontare com’è andata. Arriva tanta gente, moltiplicano pani e pesci per sfamarla. I farisei fanno notare che non si lavano le mani prima di mangiare e Gesù fa loro notare che il loro rispetto delle regole è più formale che sostanziale. Alcune situazioni sembrano andare oltre le capacità degli apprendisti guaritori e Gesù spiega che «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Sia questa catalogazione dei demoni che la cura vengono lasciati sul vago.

A questo punto iniziano le beghe tra i discepoli su chi deve primeggiare, non sono ancora finite ora. Gesù prova a dire che il primo deve essere il servitore di tutti, ma deve essere una delle tante cose che non son state capite.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Altro passo strano: non viene spiegato questo scandalo in cosa consiste, ne come fanno una mano, un occhio, un piede a provocarlo. Però interessante questa menzione di un luogo di pena eterno e molto caldo. La Geènna era semplicemente una discarica vicino a Gerusalemme, paragona quindi l’inferno ad un immondezzaio.

L’intervista

  • Grazie di aver accettato.
  • Figurati, mi è sembrata una cosa interessante. Non capita spesso.
  • Parliamo di Marco. L’hai conosciuto ? L’ha scritto davvero lui questo testo ?
  • Era un ragazzino che seguiva il nostro gruppo. Non mi ricordo di lui, erano in tanti. È stato, come tanti, scioccato da tutto quello che è successo: il passaggio brusco da un momento di euforia alla tragedia. Stavamo costruendo un bel momento. Un modo di vivere diverso, che dava un senso alla vita, un posto in cui diventava più importante il senso dello stare insieme rispetto ai drammi, alle pulsioni dei singoli. Ma questo si è scontrato con quelli che di mestiere dicevano agli altri come si vive. Si sono sentiti defraudati del loro potere e ci hanno fermati.
  • Beh, non ci sono riusciti, in fondo.
  • Ci sono riusciti eccome. La Chiesa di oggi è una perfetta replica di quella di allora. Comunque, tornando al testo, l’ha inizialmente scritto lui, ed era giusto una serie di note che usavano nella comunità come traccia per raccontare quello che era successo. In pochi avevano davvero iniziato a capire di cosa parlavo, ma sentivano che c’era qualcosa di importante e avevano voglia di diffonderlo. Alla fine il racconto si è impregnato di quello che via via hanno creduto di capire.
  • Quindi è da buttar via ?
  • Niente è da buttar via. Riflette comunque la storia di un pensiero, tutto sommato pieno di buone intenzioni. Certo, di quello che ho provato a insegnare c’è rimasto poco.
  • Facevi davvero miracoli ?
  • Guarivo la gente, ai tempi i dottori non erano granché bravi.
  • Ma i modi in cui li guarivi sono oggi incomprensibili alla scienza.
  • La medicina di oggi ha esplorato alcune strade, impensabili allora, ma ne ha accantonate altre, che pure erano promettenti. Credo che, per paura dei ciarlatani, abbia buttato un po’ il bambino con l’acqua sporca. L’essere umano ha capacità immense di autoguarigione, capacità che la medicina, finora, non ha analizzato granché. E ci sono anche potenzialità per una persona di guarirne un’altra. Non siamo organismi singoli, neanche fisicamente, siamo un tessuto. Ci influenziamo l’un l’altro. Non noti mai che vicino a certe persone “stai bene”? Questa capacità di guarirsi e di guarire può essere incrementata, la meditazione è un elemento fondamentale, ad esempio, come lo star bene insieme, anche a fare festa.
  • Ma tu queste cose dove le hai imparate ?
  • Ho viaggiato parecchio, soprattutto verso est. Da quelle parti avevano già fatto molta strada in questo senso. E c’erano gruppi dalle mie parti che approfondivano quel tipo di cultura.
  • Gli Esseni ?
  • Anche. Non sono mai stato parte di nessun gruppo, è un ambito in cui il progresso è sempre molto individuale, ma li frequentavo, sì.
  • Sei davvero risorto ?
  • Direi di sì, visto che sto parlando con te …
  • No, voglio dire fisicamente
  • Quale delle due cose pensi sia più importante ?
  • Mmm. Perché pensi che la Chiesa abbia insistito così tanto su questo punto ?
  • La morte fa molta paura se ti identifichi completamente con la tua individualità. Non tanto quella fisica, anche quella mentale, le tue percezioni. Noi non vediamo le percezioni, i pensieri, degli altri. Vediamo la loro fisicità e deduciamo i loro pensieri basandoci sulle espressioni dei loro corpi. Quando i corpi cessano di muoversi e si disgregano non sappiamo più cosa dedurre rispetto ai pensieri. Stiamo solo guardando dalla parte sbagliata. Di fatto siamo circondati da resurrezione da tutte le parti. I semi che marciscono e fanno rinascere le piante, gli animali e gli uomini che fanno figli, le idee che si mescolano e ne fanno nascere di nuove.
  • E quest’idea di Dio Padre come ti è venuta ?
  • Se inizi a percepire il mondo come una cosa bella, ricca. Se cominci a cogliere il tessuto di cui parlavo prima, le relazioni tra le persone, tra le cose, questa magia che respiriamo, non puoi né pensare che venga fuori dal nulla, né che non abbia un fine buono. Il minimo che possiamo pensare di questo assoluto è che abbia un senso.
  • Hai visto Matrix ? E’ un altro tipo di spiegazione
  • Sì, è quella di Kant, per altro. Ma non nega la mia, se ci pensi. Da una parte le macchine sono state create da qualcuno, quindi, indirettamente, torniamo al concetto di Creatore, e poi il fatto di vivere in un mondo illusorio è esattamente il centro della mia predicazione: smettere di percepirsi come individualità e accorgersi di quanto invece siamo parte di un organismo è la vera pillola rossa.
  • Bene. Grazie della chiacchierata. Posso invitarti a proseguirla con i prossimi vangeli? Ci sono tanti altri aspetti che vorrei affrontare.
  • Molto volentieri.

Franza o Spagna

La prima volta che ho provato a guardare la puntata di Report sul Russiagate mi sono addormentato a metà. Ci ho riprovato qualche giorno dopo, stavolta prendendo appunti, per capirci qualcosa. Il risultato è questo schemino fatto con Xmind. Già solo il colpo d’occhio dà l’idea della quantità di informazioni: ha più personaggi di un romanzo di Garcia Marquez.

L’idea di scrivere questo post nasce da una riflessione sul mezzo televisivo, sul modo di raccontare un’inchiesta di questo tipo, e, più nel merito, sulle aspettative, reazioni, che ha generato.

Il modo

Partiamo dalle modalità della narrazione.

Ranucci è molto bravo. Il racconto scorre liscio e insieme cattura. Mentre i vari fatti vengono sciorinati riesce a creare un senso di suspense che ti tiene incollato al televisore, aspettando la rivelazione epocale, quella del “tutti in galera”, quella che fa scoppiare l’indignazione. Il fatto è che poi non arriva, o, almeno, non è del tipo che ti aspetti. Ma su questo ci torniamo.

Ranucci è bravo anche perché si rende conto che il racconto è complesso. Fa frequenti ricapitolazioni, piccoli riassunti di quanto si è detto fino a quel momento. “Cosa abbiamo capito finora”. E’ bravo perché riesce a dosare bene la narrazione, ad alternare lo scatenare emozioni, con la presentazione di fatti, di relazioni.

Detto questo, personalmente, preferirei un media diverso dal video per digerire questo tipo di informazioni. Soprattuto in casi di questa complessità. Avrei gradito, ad esempio, che lo schema del racconto che ho faticosamente provato a ricostruire, mi fosse stato dato all’inizio, dal giornalista stesso. Che i tempi del racconto non fossero quelli del narratore, che incalza e ti guida lungo un suo percorso, ma fossero i miei, quelli della mia curiosità. La possibilità di scantonare, seguire i rivoli che di volta in volta mi sembrassero più interessanti. Insomma, penso che un sito web, con i link ai vari materiali di approfondimento, una rappresentazione schematica della struttura dell’argomentazione, sarebbe stato più adatto.

Dopodiché, se esistesse, e magari esiste pure sul sito di Report, non sono andato a guardare, non avrei avuto né il tempo né la voglia di dedicarmi a quell’approfondimento.

E allora? Allora, secondo me, siamo semplicemente di fronte a un’altra forma di delega. Come deleghiamo ai politici professionisti la responsabilità di prendere decisioni per nostro conto, deleghiamo ai giornalisti quella di approfondire gli argomenti, di presentarci il risultato della loro elaborazione. La loro opinione. Si ha un bel parlare di fatti, ma il semplice presentare certi dati e non altri, di inanellarli in un certo modo e non in un altro costituisce un’interpretazione. E noi scegliamo certe fonti, certe interpretazioni, e non altre, sulla base di una decisione a priori, necessariamente dettata dalla nostra emotività.

Forse, in tutto questo, l’unica euristica possibile sarebbe di non alzare i toni. Di non essere convinti, qualsiasi idea abbiamo, che sia necessariamente quella giusta. Di avere il massimo rispetto per le conclusioni a cui sono arrivati altri e, comunque, di smascherare con forza i manipolatori, gli urlatori, quelli che, subdolamente, orchestrano ad arte i flussi di informazione per convincere i più deboli delle loro idee.

I reati

E qui cominciamo ad entrare nel merito del servizio di Report, che anche di questo parla.

Ci sono due filoni importanti nel racconto. Due potenziali reati che vengono in qualche modo smascherati: la violazione delle regole di finanziamento dei partiti, e un vero e proprio tradimento della nostra nazione (alla faccia del sovranismo): viene permesso ad esponenti di altri paesi di influenzare la nostra vita politica mediante finanziamenti e know how di manipolazione delle masse.

La tesi del racconto di Report è che ci sia una enorme massa di denaro che finanzia partiti di estrema destra, principalmente in Europa. Tra questi partiti la Lega e, più marginalmente, FdI hanno un ruolo di spicco. Questo denaro parte da Malofeev, un oligarca russo amico di Putin. Inizialmente gli aiuti vengono devoluti direttamente, poi, a causa di sanzioni dell’Unione Europea che ha individuato la cosa, attraverso fondazioni di stampo tradizionalista religioso.

Queste fondazioni sono particolarmente adatte ad evitare la tracciabilità di questi aiuti. Infatti, pur tenendo i bilanci in chiaro, se A, B, e C finanziano la fondazione e X, Y, Z ne ricevono aiuti, non si può affermare che l’oligarca B finanzi il partito Z, se A e C sono finanziatori in buona fede e X e Y sono persone bisognose di aiuto.

Perché abbiamo questo tipo di leggi

Perché il legislatore si è preso la briga di regolamentare il finanziamento dei partiti? Semplicemente per evitare che chi ha più denaro possa influenzare la cosa pubblica maggiormente rispetto a chi ne ha di meno, vanificando, in questo modo, il concetto di voto democratico. Il politico iper finanziato avrebbe un debito verso il donatore, sarebbe ricattabile, e questo di fatto metterebbe il potere nelle mani del finanziatore. Ovviamente la legge non può fare molto per evitare questo, ma il limite alla quantità di donazioni, e, soprattutto, la trasparenza, possono mitigare questa inevitabile degenerazione del meccanismo.

Quando poi il finanziatore è uno stato estero il problema si complica. Putin che, anche se indirettamente, finanzia un politico europeo può influenzare scelte strategiche di politica internazionale, ad esempio le sanzioni contro la Russia, e, soprattutto, può orchestrare la perdita di coesione dell’unione stessa.

E quindi, dopo la puntata di Report, era logico che la Lega perdesse consensi ?

Sfogliando i vari social all’indomani di questa puntata di Report era estremamente frequente imbattersi in persone stupite che “non succedesse niente”. La frase più ricorrente era “in un paese normale la Lega passerebbe al due per cento”. Molto sottolineata era l’affermazione di Murelli di aver scelto la Lega per questa infiltrazione perché è un ambiente culturalmente debole.

Io conosco a stento cinque o sei persone che dichiaratamente votano Lega. Almeno tre di loro sono professionisti di successo, laureati. Gente che si informa e legge anche molto. Se devo dare un significato a quel culturamente debole, se devo identificare qualche tratto comune in queste persone, direi che sono animate da un certo egoismo. Non un tratto negativo in sé, piuttosto una diffidenza verso quelli che egoisti non paiono. Potremmo definirla una tendenza a voler smascherare l’ipocrisia. Comunque persone che guardano vicino, nel tempo e nello spazio, che privilegiano i problemi pratici rispetto ai sogni. Persone che guardando ai grandi ideali vedono più facilmente il tornaconto di qualche protagonista, rispetto al potenziale di miglioramento della società. Insomma, penso sia solo una questione di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

Mi chiedo quanto queste persone possano interiorizzare le leggi che riguardano il finanziamento pubblico o il rischio che la politica venga eterodiretta.

La reazione che immagino a queste regole è il “Franza o Spagna purché se magna”. Se sei diffidente sul fatto che qualcuno possa davvero fare politica per gli interessi collettivi. Se sei diffidente sul fatto che lo stato di cui fai parte, o le alleanze di cui il tuo stato fa parte, siano davvero una proiezione dei tuoi interessi, se non percepisci la spinta ideale che sta dietro a queste cose, perché ti dovresti preoccupare della violazione di quelle leggi ?

Il bello è che chi la pensa in questo modo ha ottimi motivi per farlo.

C’è un’innegabile distanza tra la classe politica, di qualsiasi appartenenza politica, e la gente comune. C’è un’innegabile mancanza di trasparenza. Giustificate o no, ci sono innegabili manovre di palazzo dietro a qualsiasi decisione, soprattutto quelle riguardanti la politica internazionale. La sensazione, rispetto alla politica, del cittadino comune è, quando va davvero bene, uno “speriamo sappiano quello che fanno”, “speriamo agiscano davvero per il nostro interesse”. Quanto ognuno di noi si sente partecipe, o anche solo informato, delle alleanze tra l’Italia e gli altri paesi ? Quanti di noi non hanno il minimo dubbio che in qualche misura qualsiasi governo venga manovrato da interessi economici o geopolitici ?

Comunque si scelga di percepirlo è innegabile che quel bicchiere pieno non è. Se è questa la definizione che si può dare ad ambiente culturalmente debole non credo sia esclusivo appannaggio degli elettori della Lega.

La cura per questi problemi, il riavvicinare i cittadini alla politica, non può che passare per una maggior partecipazione, per una maggior democrazia interna e dialogo all’interno delle forze politiche. Un partito o movimento sano dovrebbe poter attirare consensi perché “lì mi ascoltano”, “lì posso dire la mia, e discuterla”, “lì mi fanno capire le cose”.

Ad oggi non vedo germi di questo rinnovamento, ma non dispero (io i bicchieri li vedo sempre mezzo pieni).

Leopolda – ritorno

Alla fine questo Auto Park Hotel non era neanche male. A parte la doccia che non si chiude bene e allaga il bagno. Mi sono alzato presto. Ho fatto un minimo di editing e pubblicato gli appunti di ieri. Bello lavorare su queste scrivaniole delle camere d’albergo. A colazione c’erano anche le uova strapazzate, niente bacon, quello è raro trovarlo. C’erano degli invitanti croissant, ma con la dieta chetogenica non ci stanno proprio: mi è costato non toccarli. Una comitiva di ragazze orientali rumoreggiava per le scale. Sorridono sempre.

Il treno per Milano parte alle 11, farò ancora un salto alla Leopolda, almeno per vedere questo maxi schermo in piazza. Non ho capito a che ora parla la Bellanova, mi sarebbe piaciuto sentirla. Immagino si troverà il video in rete, in ogni caso.

Siamo qui, lo schermo in piazza non c’è. Sta parlando la Boschi: chiedono soldi. Prima di farlo, secondo me, dovresti dire come li spenderai, quanti te ne servono, come darai trasparenza di quanti ne avrai raccolti e di come li avrai spesi.
Ora parla la millennial dello smartphone, ha un biglietto in mano e parla a braccio, ma il livello del discorso non sembra migliorato.
Posso fermarmi ancora una decina di minuti. Mi piace la gente intorno, forse si meritano di più.

A casa. Piove e fa molto più freddo che a Firenze.
Visto Renzi da Fazio: ripete le stesse battute dette alla Leopolda. Alla fine sembra che la politica/spettacolo sia destinata ai cretini. Forse è normale: la politica non dovrebbe essere spettacolo o tifo.
Alla fine ho deciso di iscrivermi. Cacciato 20 euro. Non sono d’accordo con IV su alcune cose, come l’avversione senza alternative a quota 100 e questa insistenza sul problema denatalità in Italia. Non mi piace poi che manchi una possibilità di partecipazione a un dialogo via Web. Comunque nel complesso sono ancora convinto che per il momento sia la scelta migliore. Un piccolo investimento per il futuro di tutti: spero serva.

Il commento migliore che ho visto sulla Leopolda. Condivido al massimo.

Qualche foto fatta nel giro

(Il grandangolo del P30 pro è davvero notevole)

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Leopolda 10 – Il sabato

Migliaia di persone in coda.
Sento dire da qualcuno, un po’ illuso, qui di fianco, sta parlando con qualcuno al telefono: “se per caso ci fanno entrare … “. La maggior parte sa benissimo che non entrerà. Eppure restano qui. Forse perché sperano in qualche forma di miracolo, forse perché ormai sono qui, molti arrivati dai posti più disparati d’Italia, e non sanno bene che altro fare. Ma molti, credo, rimangono qui per esserci. Perché è proprio questa coda l’evento. Un modo di dire “c’ero anch’io”, una dose addizionale di voto.
Qualcuno si lamenta dell’organizzazione. “ma allora questa pre-registrazione a cosa serviva?”
Già.
Secondo me Renzi ha puntato proprio su questo: voleva queste persone qui in coda, voleva sfruttare l’impatto mediatico di tutta questa gente assurdamente in attesa di entrare in un posto che non lo può contenere per un banale fatto di incomprimibilità fisica. Leader spregiudicato che usa i suoi eserciti come carne da canone per una giusta causa.
A proposito: è appena passato uno col microfono e il cameraman che lo riprende e dice ai suoi telespettatori “Ecco, vedete, la Leopolda inizia da qui”. Matteo ha ottenuto il suo scoop.
Le Troup sono diverse. Ho girato l’angolo e ora si vedono, intervistano la gente in coda.
La gente continua a sbarcare dai mezzi e guarda stupita la coda. Qualcuno fa il furbetto e prova a inserirsi a metà, nessuno se ne preoccupa, la maggior parte si incammina diligentemente verso l’angolo, ancora non immagina cosa c’è dietro.
Sono arrivato al cancello del parco, ovviamente di entrare davvero nella vecchia stazione neanche a parlarne. Incredibilmente il Pass “Vincenzo” di ieri è servito a evitare un prezzo di coda. Molti entrano e se ne vanno via appena si rendono conto di essere stati dirottati in un cortile col maxi schermo (neanche tanto maxi, per dirla tutta).
Non so quanto posso resistere qui in piedi: anche il gradino di ieri è già occupato. Almeno, per il momento, non piove.
Hanno messo dei gabinetti chimici, forse dopotutto non era di cane la puzza di piscio che sentivo ieri.

Riinizia

All’altoparlante una ha detto: “Buon giorno a tutti quanti, se ci accomodiamo cominciamo”. Risata generale, amara.
Trasmettono frammenti del discorso di Renzi di ieri, sta dicendo che il fatto che la Leopolda sia troppo piccola per l’evento dimostra che c’è un popolo che non ha paura di dire quello che vuole. In effetti non c’è molto modo di dirlo. Al momento vorrei una sedia.
Zaffate di marijuana anche qui. La prosa mi viene già più scorrevole.
La ministra Bonetti presenta un tipo che ci parla del problema, secondo lui, più grande dell’Italia: quello che facciamo pochi figli.
Ma è davvero necessario incrementare la natalità? Non siamo già troppi? Perché guardare solo all’Italia?
Se ci sono tanti giovani che non studiano e non lavorano il problema non è che tarderanno a fare figli, il problema è che abbiamo una massa di gente che fa una vita di merda.
Ok, un punto giusto l’ha detto: la povertà delle famiglie influisce sull’educazione dei figli e quindi, in definitiva, sulla massa di persone non realizzate.
Ma non sono d’accordo con le misure che sta proponendo: asili nido e unità abitative per i giovani. Le misure per curare tutti questi problemi secondo me sono quelle che favoriscono l’occupazione: istruzione adeguata, infrastrutture, tasse basse etc…
Alla fine ‘sta Bonetti mi ha intristito.
Perché dare dei soldi alle famiglie per migliorare le attività educative? Dalli alla scuola.
Partono i tavoli di lavoro. Per quelli dentro. Mi sarei aspettato che prevedessero qualche forma di partecipazione anche per quelli fuori (o, ancora meglio, via internet) ma sembra di no. Renzi si scusa. La gente esce.
Mi sa che vado a farmi un giro per Firenze.

Ripresa

E rieccoci qui nel pomeriggio. Tra un po’ dovrebbero mostrare il simbolo del nuovo partito. Intanto ci sono interventi dei ggiovani. Sta parlando il sindaco di un paesino calabrese che urla. Dice che hanno fatto diventare il comune digitale, ma non ho capito cosa vuol dire.
Prima c’era una che ha detto che siccome era una millennial leggeva il suo intervento dallo smartphone. Ma dove li prendono?
Parla ora un imprenditore toscano. Sembra quella canzone di Bennato, festa di piazza.
Saranno anche bravi, per carità, ma quando parli a slogan da un palco sembra sempre un po’ tutto banale. Questo parla male del reddito di cittadinanza.
Ed ecco un ingegnere informatico. Sindaco di non so cosa, ma ha vinto contro uno della lega e ci dice che la lega può essere battuta. “quand’è che la politica comincerà a parlare dei problemi delle persone?” mmm … originale!
Questa mi piace! Critica d’arte se ho capito bene. Dice che non ha votato per anni e ora ha incontrato Matteo sulla via di Damasco (non l’ha detto … è mia, ma il senso era quello). Dice che la sfida di Italia Viva è riportare al voto quel 40% che ha smesso. Ci sta. Uhh brava, parla della sovrappopolazione e dice di non enfatizzare troppo il problema della de-natalità italiana. Brava: peccato non aver capito come si chiama.
Ora c’è uno che legge banalità. Le banalità lette sembrano ancora più banali. Tra l’altro c’è l’ha con la piattaforma Rousseau credo, ha detto che non bisogna basarsi su piattaforme e algoritmi inventati (per distinguerli dagli algoritmi che si trovano in natura, direi).
Si sente un uomo vero e vivo.
Se questi sono i giovani preferirei vedere gente un po’ più attempata.
Chiedono soldi per il partito. Se in cambio mi dessero una sedia, o, mettiamo, un giornale per sedermi per terra, qualcosa gliela darei anche.
Ora parla uno che non ha la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi dell’Italia. Sono tentato di credergli.
Siamo all’ultimo intervento di ‘sto strazio.
Io, che non sono un millennial, ho attaccato un power bank al mio smartphone, ‘chè si stava scaricando la batteria.
C’è Matteo che presenta il simbolo della nuova casa. Ma la prende lunga.
Dialogo a distanza con Salvini in piazza San Giovanni: “questa casa è a prova di ruspa”, pare che Salvini stia sparando insulti verso Renzi, ma non si erano sfogati da Vespa?

Il simbolo poi è quello che avevo scelto io: ma non è che sia ‘sto granché, preferivo quello di makkox. Bravo il Matteo a creare suspense con una menata del genere.

Bene, me ne sono andato, magari ripasso domani mattina a vedere che fanno, mentre aspetto il treno, ma posso cominciare a tirare qualche somma.
Io il voto glielo do. Non so se mi iscrivo al partito, voglio guardare bene questo manifesto dei valori che hanno elaborato, ci sono un paio di cose che non mi convincono. In ogni caso farei entrambe le cose (votarli e iscrivermi) per il motivo che accennavo nell’altro post: la mancanza di alternative.
Insomma sono un po’ deluso.
Uno dei motivi della delusione è questo insistere sulla quota 100 senza prevedere soluzioni alternative, ma di questo ho parlato ieri. L’altro aspetto deludente è che Italia Viva si presenta come un partito decisamente verticistico, con scarsa partecipazione dal basso. Renzi, anche se dice il contrario, non vuole una base con delle idee, delle proposte, vuole una clack, un serbatoio di voti e di donazioni.
Non puoi creare un partito nel 2019 senza prevedere un meccanismo di partecipazione via rete, questi comitati civici hanno solo connotazioni locali, potranno far emergere temi di interesse locale (che come tali saranno ignorati). Gli input dal basso che siano di natura generale rischiano inevitabilmente di essere filtrati. Faccio un esempio molto estremizzato che mi sembra renda l’idea: supponiamo che ci sia qualcuno in un comitato che ha una proposta che tendenzialmente sarebbe accettata da una persona in ogni comune. Sarebbe una proposta buona, di fatto condivisibile da un migliaio di persone. Ma se l’organizzazione ha struttura territoriale un’idea del genere non ha possibilità di emergere in qualunque comune sia presentata, perché risulterebbe supportata solo da una persona.

Insomma, si affannano a denigrare la soluzione 5S, ma credo che sull’aspetto partecipazione la gente di Grillo sia decisamente più avanti. Con tutti i rischi che la cosa comporta: se in una discussione tra un professore e una mamma no vax vince la seconda c’è qualcosa che non va.

La democrazia rappresentativa immagino sia nata proprio pensando a problemi come questo. Facciamo governare pochi, scelti, perché la massa è ignorante. Ma oggi ci sono fasce sempre più ampie di persone che ignoranti non sono, sono preparati e anche desiderosi di intervenire nel dibattito pubblico. Devi trovare il modo di farli partecipare, devi dargli dei bottoni da premere. Come distingui gli ignoranti dagli altri? E anche gli ignoranti non hanno diritto di esprimere almeno le loro necessità?

Ecco, da un partito che nasce oggi mi aspetterei risposte a queste domande.

Verso la Leopolda

Chivasso Torino

A Torino ci siamo arrivati, il treno da Chivasso era pieno come un uovo, quello delle 9:43 era in ritardo e quello successivo accumulava i passeggeri di due treni. Quasi due ore di attesa per il prossimo, ma se hai tempo è comunque bello girare in treno, le stazioni hanno sempre un loro fascino. Da Feltrinelli stavo per comprare un libro sulla dieta Keto, sembrava bello. Ľho sfogliato un po’, ma arrivato alle bacche di Akai ľho posato. Mi aveva già insospettito, devo dire, la salsa di fagioli. Difficile tradurre le culture, ancora oggi: non siamo ancora globalizzati come sembra.
Ripensandoci, le stazioni hanno un certo fascino, ma sono anche parecchio scomode, se devi passarci due ore, almeno quella di Torino Porta Nuova. Le uniche panchine, poche, sempre affollate, fredde, sono su un lato della stazione, lontane dai tabelloni con gli orari. C’è una lounge per i Freccia Rossa, ma devi avere le loro carte pregiate. Io viaggio con un Italo, per cui niente. Se sei un fumatore, poi, non puoi stare neanche sulle panchine, benché siano praticamente all’aperto: mi sembra un inutile infierire sulle scelte individuali.
E siamo partiti per Milano, treno mezzo vuoto, ma magari si riempie più avanti. Va a Venezia. Due file più avanti c’è una famigliola attempata che mangia roba da delle buste McDonald’s. Non parlano italiano, una lingua latina direi, lineamenti da colombiani. Arriva l’odore del junk food e mette fame, in effetti è ora di pranzo.

Perché

Non so perché vado alla Leopolda: quelle decisioni prese d’istinto. Mi è sembrato bello/giusto, ma in effetti non sapevo, e non so, cosa aspettarmi esattamente. C’è l’idea di fondo di assistere, forse partecipare, a qualcosa di importante che nasce. Il mio fiuto mi dice che Italia Viva sfonda. Non è una speranza, c’è anche quella certo, ma è più un calcolo inconscio. Se provo a razionalizzarlo mi viene da dire che non ci sono molte alternative. Da una parte non abbiamo una sinistra seria. Credo che il PD non lo sia più, pensiero da elaborare in altra sede, dall’altra la destra moderata è in disfatta, spiazzata dall’ondata sovranista. In queste condizioni per chi vuole un’offerta politica pragmatica (evito il termine moderata perché mi sembra sottrarre senso anziché darne) Renzi rappresenta un buon compromesso. Serve un’offerta che tenga in conto anzitutto i problemi economici del paese, della fattibilità delle cose prima che della loro purezza ideale, e che, contemporaneamente, tenga conto dei bisogni delle fasce più deboli, per tenuta sociale prima ancora che per spinta etica o ideologica.
Ho accettato fin dall’inizio di venirci da solo, ma ho provato ad invitare qualcun altro, e, devo dire, le reazioni mi hanno spesso sorpreso. Praticamente tutte le persone a cui ho parlato dell’idea di venire qui, o, in generale del mio appoggio a Italia Viva, hanno manifestato non indifferenza, ma quasi odio nei confronti di Renzi, spesso con motivazioni molto diverse tra loro. Spesso opposte. Le persone che giudico legate a un’idea nostalgica della sinistra gli rimproverano cose come il jobs act, la distruzione del feticcio dell’articolo 18. Molti gli rimproverano il fallimento del referendum, l’averlo personalizzato troppo, la sua arroganza, la scarsa coerenza, la scissione col PD.
Secondo me Renzi è stato vittima di una campagna meditatica negativa, in buona parte immeritata.

Milano

Cagata con sciacquata di coglioni per lo sciacquone che si attiva a sproposito. Dire sensazione sgradevole non rende neanche lontanamente l’idea. Contenitore per le mascherine copri-sedile vuoto, ma d’altronde non c’era neanche il sedile: duro marmo sporco di piscio, 3 dei 4 distributori di sapone fuori servizio, come due dei tre varchi automatici per uscire, due dei quattro cessi con la porta divelta, e per questo servizio si paga anche 1 euro. Almeno c’era la carta igienica. E c’erano i cosi della Dyson che ci ficchi le due mani e te le asciugano, fantastici, ne vorrei uno a casa. Comunque è ufficiale: Milano Centrale è fin peggio di Porta Nuova. Ci vorrebbe così poco …

Quota 100

Intanto mi ha scritto Renzi, con un programma di massima dell’evento. Tra le altre cose annuncia una battaglia, che ammette simbolica, contro quota 100, i soldi vorrebbe darli alle famiglie. Con tutto il rispetto per le famiglie non sono d’accordo.
Bisogna arrivare a 63 anni, mi sa, per capire che il lavoro dopo i 60 anni ha bisogno di soluzioni diverse da quelle puramente economiche proposte dalla Fornero. Lo so, sembra in contraddizione con quello che dicevo poche righe sopra. Ma bisogna trovare una soluzione diversa dai due semplicistici “a casa chi può, e chissenefrega dei conti dell’INPS” e “non rompere i coglioni e lavora fino a 70 anni”.
La cosa vale per tutti i tipi di lavoro, non solo quelli usuranti. Ad una certa età ogni lavoro è usurante. È usurante andarci al lavoro, guidare, alzarsi presto, rispettare orari, non poterti concedere un sonnellino dopo pranzo anche quando diventa più difficile digerire qualsiasi cosa, non poterti permettere una dieta più adatta alle condizioni di salute sempre più delicate, non poter dedicare una parte delle ore di sole a qualche sana attività fisica. Vale per tutti, certo, ma più invecchi e più di queste cose hai veramente bisogno, per sopravvivere, non sono più un lusso
Più avanzi con l’età, poi, e più diventa importante dedicare parte del tuo tempo a cose che contano, che senti importanti.
Dopo i 60 anni credo che i lavoratori (parlo del lavoro dipendente) si dividano in due categorie: quelli che la sorte e/o le capacità hanno lasciato in una situazione attiva e quelli che, per vari motivi hanno deragliato su qualche binario più sofferto, più passivo. Sono entrambe situazioni problematiche. Salvo rare eccezioni se dopo i 60 anni sei in un ruolo decisionale sei nel posto sbagliato. I tuoi pensieri sono sclerotizzati, le tue conoscenze sono sorpassare, sicuramente non hai avuto il tempo di tenerti aggiornato sulle novità del tuo settore e rischi di scartare decisioni che sarebbero innovative perché ragioni con un dizionario del secolo prima. Se sei in un ruolo passivo hai, in genere, un bagaglio di esperienze troppo grande per non mettere in discussione continuamente tutto quello che ti viene chiesto di fare. Non c’è storia: a una certa età l’unico, ma non è assolutamente poco, valore che puoi avere per un’azienda è il bagaglio di conoscenze storiche che ti porti dietro. Conosci meglio di altri, probabilmente, prassi/metodi, storia delle scelte fatte, degli sbagli fatti, hai metabolizzato le conoscenze del settore in cui operi, hai praticamente tutto quello che servirebbe a formare nuove risorse che entrano. Devi uscire gradatamente, sganciarti, lasciare, un po’ alla volta, posto a chi resta, o a chi sta entrando. Credo sarebbe necessario, in pratica, prevedere orari gradatamente ridotti e più opportunità di telelavoro per i lavoratori anziani. A 58 anni lavori un ora in meno al giorno e fai un po’ di telelavoro, a 67 lavori un’ora al giorno da casa. Il costo dell’operazione bilancia quello che si spenderebbe mandando la gente a casa a 62 anni, ma sarebbero soldi molto meglio spesi.

La coda

Arrivare quasi tre ore prima non è servito. Sono riuscito, ad un certo punto, a dare una sbirciata dentro e l’ambiente è veramente grande, qualcuno diceva che c’era spazio per 6000, qualcun altro 20000 persone, ma evidentemente eravamo molti di più.
Una coda con un gusto strano. Ne ho viste tante di folle, questa era particolare. Avevano negli occhi, non saprei come definirla, voglia di partecipazione forse. Qualcosa di indistinto comunque, quasi l’attesa di un messia. Molta gente sola, tutti composti. Ricorda un po’ le adunate religiose, penso a Taizè, immagino questi siano qui con l’idea di partecipare alla costruzione di un mondo migliore, o solo per essere presenti a qualcosa di singolare. Certo anche voglia di appartenenza, in questo non è diverso dalle adunate calcistiche, o dai concerti.

Cortile e maxi-schermo

Alla fine non si entrava proprio. Ci hanno dirottati verso un cortile di fianco alla stazione, c’è un maxi-schermo. Il signore di fianco a me sta dicendo alla moglie “non ho capito cosa dobbiamo vedere”. Sono di Roma. Prima ho incrociato gente di Milano, evidentemente molti vengono da lontano.
Ci hanno dato un pass da apprendere al collo, sul mio hanno scritto “Vincenzo”, troppa fatica metterci anche il cognome.
La moglie del tipo di prima sta leggendo ad alta voce la mail di Renzi, il Verbo.
Sono seduto su un gradino c’è puzza di piscio di cane.
Lo schermo trasmette immagini di Renzi che fa un bagno di folla. Forse non messia, ma al papa somiglia.
Sta dicendo in un monologo che è ora di smetterla coi monologhi dei politici. Bah.
Certo l’organizzazione non è il loro forte. Hanno presentato una, che è sul palco, che ha padre italiano e madre curda e ora che c’è il collegando con kobane c’è una che parla curdo, uno che traduce da curdo in inglese e uno che ritraduce da inglese a italiano, ma non potevano usare quella di prima e saltare l’inglese?
Non parla un bell’inglese Renzi, meglio di Di Maio probabilmente, però si traduce da solo.

Per andare da Novoli al centro di Firenze c’è un tram. La linea T2. Se chiedi indicazioni per sapere dov’è la fermata ti rispondono “lei vuol dire la tramvia”. Al secondo che me l’ha detto ho chiesto la differenza tra un tram e una tramvia e mi ha risposto: “qui a Firenze chiamiamo tram i pullman e tramvia quello con le rotaie”, giuro.
Camminare la sera per Firenze è un susseguirsi di zaffate di marijuana. Ma tanta. Forse la passa il comune.
All’uscita dalla Leopolda ho chiesto a una delle poliziotte lì fuori se il tram lì davanti andava verso Novoli. Ora sicuramente mi sbaglio, ma ho avuto la netta impressione che fosse incerta sulle gambe, che si sforzasse di tenere la faccia seria e che parlasse a stento, giurerei anche di aver sentito una delle zaffate di cui sopra mentre parlava. Mi ha risposto “Mi dispiace non posso aiutarla”. Mah …

Chi sono ?

Photo by JR Korpa on Unsplash
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Alla fine aveva ragione lui. Il semaforo. La telecamera del semaforo in effetti. Anzi le due telecamere, ho poi scoperto: una ad infrarossi che legge la targa e una a colori che riprende la scena per le eventuali/inevitabili contestazioni.

Il signore alla Polizia Municipale è stato molto gentile, mi ha fatto entrare in ufficio e guardare le foto. Aveva l’aria molto comprensiva. Sicuramente abituato a quelli che arrivano dicendo “Figurati se io sono passato col rosso. C’è sicuramente stato un errore”. Aveva quell’aria muro di gomma di chi lavora agli uffici reclami.

E invece sono proprio passato col rosso: c’erano quattro o cinque foto che ritraevano tutta la sequenza da prima di impegnare l’incrocio, all’attraversamento, all’uscita dall’altra parte. E c’è poco da fare: erano segnati anche i secondi trascorsi da quando era scattato il rosso: 59 secondi che era rosso e io iniziavo l’attraversamento.

Mi sarei aspettato almeno una situazione tipo: inizio ad attraversare col giallo, trovo quello davanti che si ferma, resto bloccato in mezzo all’incrocio e la spietata tecnologia mi fredda. E invece niente: ero completamente da solo.

Mi ha fornito lui una possibile spiegazione (giusto un contentino per il mio amor proprio, ma non avrebbe avuto valore legale e non mi avrebbe salvato dall’esborso dei 131 euro e dai sei punti tolti alla patente): c’è un semaforo per l’attraversamento pedonale che segna verde quando per le macchine hanno il rosso, magari avevo guardato quello. Ma non ci credo neanch’io.

Insomma devo accettare il fatto di poter fare, a volte, cose che razionalmente eviterei (non passerei mai col rosso coscientemente, per una questione di principio). E, soprattutto, devo accettare il fatto che nemmeno me ne accorgo, nemmeno me ne ricordo.

È dura accettare di non potersi fidare di sé stessi. Mette dei dubbi su chi si è veramente. Voglio dire: chi sono io? Quello che non si può fidare dell’altro o quello di cui non ci si può fidare ? Credo che tendenzialmente ci si identifichi col primo, ma, a quanto pare, nell’equazione che definisce chi siamo dobbiamo almeno includere quell’altro, quello che fa cose, diciamo, per conto suo.

Immagino che c’entri anche l’età. Forse il secondo personaggio (o sono più di uno ? io sono legione) acquista forza con gli anni. Magari c’entra la mancanza di consapevolezza, di presenza (dura ammetterlo per uno che pratica meditazione/mindfulness).

Immagino che per tutti attività come guidare siano gestite da qualche sorta di pilota automatico. Immagino che a questo automatismo diamo istruzioni complesse, tipo portami lì, ma anche attento a non investire nessuno. Pensavo che l’attento a non passare col rosso fosse scontato. Evidentemente no, e non c’è modo di controllare la lista di queste istruzioni, le relative priorità.

Detto questo spero che arrivi presto il momento in cui del guidare una macchina si possa fare a meno: auto a guida automatica, chiusura al traffico delle città, chissà cosa ci aspetta.

Comunque una bella occasione per riflettere su di sé, e concludere, ancora una volta, che chi siamo veramente non ci è dato di saperlo.

Muscoli, Cervello e Cuore

I muscoli

Votare credo sia una versione raffinata della guerra.

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Anzichè scannarci di brutto ci contiamo, decidiamo che, più o meno, i più numerosi avrebbero vinto, ed evitiamo spargimenti di sangue ed energia fingendo che la guerra l’abbiano vinta gli uni o gli altri. Una bella conquista, dopo tutto.

Personalmente avrei preferito la soluzione Orazi e Curiazi. Spargimento di sangue vero, ma minimo. Qualità contro quantità. E poi lo spettacolo! Vuoi mettere col calcio? Ma tant’è, oggi il sangue ci fa orrore. I talk-show penso siano ispirati da quest’altra modalità. Purtroppo, in genere, si fermano alle invettive.

Comunque muscoli, sublimati o no. La politica di oggi è estremamente muscolare, e quando risolvi i problemi con la forza viene il dubbio, più che lecito, ovviamente, che l’oggetto del contendere siano interessi di parte e non idee, checchè poi se ne dica.

Il cervello

No, c’è di meglio.

Da grillino della prima ora (subito deluso, tengo a dire, dalla faccenda con Bersani, e ancora più deluso in seguito dalla pochezza e arroganza dei rappresentanti eletti) ho avuto modo di dare un’occhiata alla piattaforma Rousseau. Se ne son dette tante a riguardo, e penso che i sospetti di scarsa integrità e sicurezza fossero più che giustificati. Quello che ho notato, però, e che nessuno sottolinea, è il fatto che non si tratta semplicemente di un meccanismo digitale di supporto al voto. Gli stessi 5S ne stanno dando questa immagine, ricorrendo pubblicamente al verdetto dell’oracolo a fronte di ogni decisione che non hanno il coraggio di prendere. Ma Rousseau è, secondo me, principalmente un posto in cui le idee, le proposte, nascono, si mescolano, si raffinano, emergono. Su Rousseau ogni iscritto può presentare soluzioni che vengono lette, commentate e, infine sì, votate, ma l’importante è quello che è successo prima del voto.

Ho l’impressione che il PD stia pensando di replicare la parte muscolare e non cerebrale dell’idea. Le primarie in fondo sono questo: “scegli A o b” (notare la A maiuscola). Negli altri partiti encefalogramma piatto, direi, non credo che le varie sedi locali ospitino di meglio in termini di democrazia interna. Forse i Radicali sono un’eccezione, lì ci sono posti per dire la propria (ho l’impressione che in quei contesti si parli molto più di quanto si ascolti, ma è un’impressione dall’esterno).

Comunque questo è il cervello. La politica deve essere confronto di idee, dialogo, elaborazione, generazione di soluzioni possibili, soprattutto nel senso di abbastanza condivise. Il voto, alla fine, deve diventare quasi una formalità.

Il nostro ordinamento prevede, almeno sulla carta, questo bellissimo metodo di prendere le decisioni collettive. Eleggiamo dei rappresentanti che in parlamento, in teoria, sono chiamati a fare esattamente questo: fare proposte (a nome nostro), ascoltare le proposte degli altri, capire se ci sono punti di convergenza e creare leggi che rappresentino compromessi accettabili per gli elettori. Forse nelle commissioni parlamentari avviene davvero questo, non so. Ascoltando i lavori del parlamento su Radio Radicale l’impressione che ne ho ricavato è più disarmante: parlamentari che fanno i loro interventi più a beneficio dei media che dei loro colleghi, schieramenti preconfezionati su ogni tema, voto finale che ha inevitabilmente l’esito pre-deciso dalla maggioranza. Insomma, il dialogo non si vede, quel “Ah sì, in effetti, considerando questo, magari hai ragione tu”, quel “Oh, bella idea! Mette d’accordo tutti” non si vedono. Spero di sbagliarmi, almeno un po’.

Questo degrado è l’inevitabile conseguenza dell’esistenza dei partiti, diceva bene Simone Weil nel suo Appunti sulla soppressione dei partiti politici. L’opinione di bandiera è essenziale alla definizione stessa del partito. Noi siamo quelli che votano così. Spesso non è chiaro in anticipo cos’è quel “così”. L’unica cosa chiara è che le decisioni sono prese altrove, non in parlamento.

Potrebbe andare bene comunque, potremmo farcene una ragione. Siamo troppi: non è possibile un dialogo tra 50 milioni di persone, forse neanche tra 900 (600 adesso, ma il problema peggiora, direi, se questi rappresentano i pensieri dei 50 milioni). Quei 600 rappresentano idee troppo diverse per essere fuse, e soprattutto non hanno un collegamento serio all’indietro, verso la loro base, per avere un feedback sulla disponibilità dei 50 milioni ad accettare le nuove proposte. L’unico feedback esistente sono i media, e il risultato è un continuo buttare lì proposte e guardare le reazioni sui social, sui sondaggi. È la nostra nuova democrazia, facciamocene una ragione. E forse è meglio di niente.

Ma si potrebbe fare molto meglio. La tecnologia potrebbe aiutare di più. Non tanto per fornire piattaforme digitali di voto, quanto per fornire uno spazio di discussione che permetta a numeri sempre maggiori di persone di esprimersi, di manifestare i propri bisogni anzitutto (non servono particolari competenze per raccontare il proprio disagio) e anche le proprie proposte. Il contenitore, lo spazio per questo dialogo digitale potrebbero essere i partiti stessi, che dovrebbero dotarsi di forme di democrazia interna più al passo coi tempi (e, diciamocelo, con tutte le loro contraddizioni i 5S qualche passo in questo senso l’hanno fatto) o, io preferirei, un’arena globale in cui si discute di temi concreti e serve come base per conoscere/scegliere singoli rappresentanti non pre-coalizzati in partiti.

Se escludiamo la difesa di interessi di casta e di ideologie, entrambi fattori che considero deleteri e/o sorpassati, non c’è davvero più nessun motivo serio di esistenza di formazioni politiche. Sono solo il parto (e la premessa) di una politica muscolare e non intelligente.

Il cuore

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Se questo era il cervello, mi piace pensare che ci sia anche un cuore. Il cervello, la razionalità, servono per condividere le proposte, per esprimerci e dialogare, raffinare. Le idee, quello che ognuno di noi porta in questo dialogo bisogna pescarle altrove, altrimenti questa elaborazione si riduce a ribadire i concetti già espressi da altri, si riduce a una serie di mi piace. Il cuore è individuale, non collettivo, le idee, anche quelle politiche, arrivano da un profondo non esprimibile a cui ognuno di noi è in grado di accedere. Un profondo che etichettiamo di volta in volta con termini come spiritualità, filosofia, arte, amore per la conoscenza, per la natura.

In definitiva, credo debba partire tutto da qui, dal cuore. Senza di questo il resto è un vuoto blaterare. E al cuore devono arrivarci tutti. Oggi relativamente poche persone, gli esperti, i saggi, sono in grado di partorire pensieri originali, un gruppo più ampio discrimina, veicola queste idee e la massa non può che subirle. Purtroppo il cuore, soprattutto l’amore per il cuore, non si insegna granchè a scuola. Siamo impregnati di razionalità, di ricerca dell’efficienza e nascondiamo i tesori alle nuove generazioni. Formiamo greggi di schiavi/consumatori e, in politica, li illudiamo di poter “condividere la sovranità”. Quello che abbiamo di fatto realizzato è un’elite che manovra eserciti di consensi, e ci accorgiamo che non funziona, che le leggi non sono che traballanti stampelle se l’humus che ha partorito le idee alla base di quelle leggi non è condiviso da tutti. Se no non lamentiamoci ci dover poi votare Lapo.

È un mondo difizile

  • Perché?
  • Boh, pensavo alla capitana, la Carola. Agli insulti da una parte e dall’altra, tutti con la verità in tasca. Non capisco.
  • Perché?, tu come la pensi ?
  • Non lo so, non credo abbia senso schierarsi, sicuramente non in modo così violento.
  • Beh, questa salva la gente, gli altri la vogliono morta, mi sembra piuttosto facile …
  • A me no.
  • ?!
  • Anche se fosse vero ci sarebbe un problema di opportunità politica. Il 60% delle persone sta dicendo a Salvini che ha ragione. Questo vuol dire che gli viene data carta bianca su tutto. L’opposizione ha il dovere di recuperare consenso e sicuramente non può farlo dicendo al 60% degli italiani che sono una massa di stupidi.
  • Quindi cosa vuoi che facciano ?
  • Anzitutto che declassino il problema. Che dicano “Mah, io avrei fatto un po’ diverso, poi vi dico, ma adesso ci sono problemi più grossi: parliamo dei conti pubblici. Io proporrei questo, questo è questo”
  • Intanto i 42 li hanno salvati, però.
  • In cambio di un bell’aumento di consenso per Salvini, sai che risultato … E comunque a me la Carola infastidisce.
  • Ma dai, è un’eroina.
  • È una ragazza in cerca di una vita avventurosa. Le piace andare per mare, attraversare i ghiacci o salvare i migranti immagino sia lo stesso, è il suo lavoro e le piace, per carità, fa bene, ma da lì a santificarla. E poi quando vedo quello con l’anello al naso mi viene da votare per Salvini.
  • Perbenista !
  • Sì, come la maggior parte dei nostri connazionali a quanto pare.
  • Quindi se non sono in giacca e cravatta non gli dai credito ?
  • Io do credito a tutti, sto parlando della massa dei votanti: in queste cose è importante anche dall’aspetto superficiale: il look da centri sociali, come dicono loro, non paga: se la sinistra presenta come suoi eroi gente che ha l’aria di vivere al di fuori del mondo normale delle persone che lavorano, hanno una famiglia, magari dei figli e hanno come massima aspirazione che arrivino le vacanze e la pensione (la maggior parte della gente vive in questo mondo) perde.
  • Va beh, ma se la sinistra per vincere deve diventare come Salvini sai che risultato …
  • Mettiamoci d’accordo su cosa vuol dire sinistra.
  • Dai.
  • Per me vuol dire volere uno stato che garantisca un po’ di ridistribuzione di ricchezza verso le classi meno agiate, contrapposto a una destra che vuole un liberismo sfrenato in cui sono le pure leggi del mercato a regolare i rapporti.
  • Ok, un po’ limitante forse quel “un po’ di ridistribuzione”, magari si può fare un po’ di più, comunque va bene. Questione economica e basta quindi ?
  • Beh, impatta su tante cose: per dire, sulla scuola quello di sinistra vorrà una scuola pubblica che funzioni e così una sanità, quello di destra vorrà soluzioni private.
  • E quanto all’ordine, la giustizia, le tasse ? Oggi ci sono molte divergenze …
  • Che capisco poco. Non riesco a immaginare nessun motivo per cui sia a destra che a sinistra si debba volere qualcosa di diverso dal fatto che le tasse le paghino tutti ad esempio. O dal fatto che lo stato debba essere efficiente, che la cosa pubblica sia gestita senza sprechi, regalie e corruzione.
  • E i migranti ?
  • Anche lì, immagino che uno di destra col cervello che gli funziona riesca a vedere sia l’esigenza di avere stranieri che rimpinguino la forza lavoro italiana (se non altro a fini pensionistici) sia le tensioni internazionali e le masse di gente che sta male e che bisogna accogliere e aiutare, essere di destra non significa essere dei mostri.
  • Allora tutti d’accordo ?
  • No, il problema può essere affrontato in modi diversi, ma non è secondo me, legato a destra e sinistra. Da una parte c’è chi dice: aiutiamoli, certo, ma senza farci del male noi: potremo aiutarli tanto di più quanto la nostra economia è messa bene, dobbiamo misurare quante persone possiamo permetterci di accogliere e la velocità con cui riusciamo ad integrarli, dall’altra c’è chi dice: questi stanno talmente peggio di noi che dobbiamo farli venire subito, non importa se riusciamo o no a integrarli bene, perché quello che sta peggio da noi sta cento volte meglio di loro.
  • Mi sembra abbia un senso anche la seconda posizione.
  • Ce l’avrebbe se tutta la gente la pensasse così, ma se così non è stai creando una polveriera di tensioni sociali tra i poveri e i poverissimi, prima o poi scoppia, o, come sta succedendo, arriva quello furbo che cavalca la cosa: il risultato è che per fare del bene hai fatto un disastro.
  • Ma ci si sente più umani …
  • Non so cosa sia veramente proprio dell’umano. Secondo me un imprenditore che crea una bella industria che funziona e dà lavoro a tanta gente alla fine ha fatto più bene ai poveri di chi nello stesso tempo ha gestito mense e dormitori pubblici.
  • Pensi non debbano esserci ?
  • No, figurati, hanno tutta la mia stima, ma non li vorrei al governo: ci vorrei quell’imprenditore.
  • Sicuro ?
  • Quasi …
  • È un mondo difizile
  • Già …

Programma Elettorale

Ad uso di fondatori di partiti, ri-orientatori di partiti esistenti, elettori

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Un gioco istruttivo, ve lo consiglio. Provare a confezionare un set di linee guida per un ipotetico governo. Non so voi, ma io non ho mai trovato un’offerta politica in cui potessi, non dico pienamente, ma neanche al 40 percento, riconoscermi. Alla fine vai a votare puntando al meno peggio, o turandoti il naso. By the way, questo dovrebbe in qualche modo deporre a favore della democrazia diretta: almeno su singoli temi, immagino, ci si possa esprimere per un verso in cui ci si riconosce.

Mi ha un po’ stupito notare che mentre provavo a scriverlo e raffinavo le idee, cambiavo in qualche modo opinione. Ad esempio, in una prima stesura, nel capitolo sicurezza ammettevo, in casi eccezionali, quando la polizia si mostrasse impotente e quasi come pungolo alla stessa, l’utilità di permettere il possesso e l’uso di armi da parte del cittadino aggredito. Dopo i fatti relativi al tabaccaio di Ivrea ho escluso questa possibilità come troppo rischiosa.

Insomma, si cambia idea sulle cose. Questa è l’idea di oggi:

Immigrazione

Leggi sagge e umane, applicazione ferrea.

  • In Italia non si entra illegalmente. Impiego di ogni mezzo possibile per contrastare l’entrata incontrollata, via mare o terra, compreso l’uso della forza.
  • Il paese ha bisogno di immigrati e non è insensibile ai problemi delle altre popolazioni mondiali. Viene deciso annualmente un numero di persone che sappiamo di poter ospitare e integrare. All’interno di questo numero vengono istituiti canali ufficiali per l’ingresso.
  • Chi è stato accolto in Italia è cittadino Italiano, non sono ammesse discriminazioni. Beneficia degli aiuti e dei servizi come gli altri. Implicitamente sì allo ius soli.

Liberalizzazioni e etica

Siamo uno stato laico. I comportamenti individuali in tema di morale sessuale, inizio e fine vita, droghe, sono determinati dall’individuo e nessuno deve interferire.

Il proibizionismo non paga, non risolve i problemi, crea mercato nero e sovvenziona mafie.

  • Libera vendita, e conseguente tassazione, di sostanze contenenti THC. Non dà assuefazione ed ha, anzi, molte proprietà curative. Sei miliardi di euro all’anno regalati alle mafie (la metà del reddito di cittadinanza, per capirsi).
  • Piena liberalizzazione, e conseguente tassazione, dell’esercizio della prostituzione (giro d’affari annuo stimato in 4 miliardi di euro). Particolare attenzione e controllo dovrà essere posta al fine di contrastare l’esercizio sotto costrizione e fenomeni di sfruttamento.
  • Depenalizzazione di consumo e vendita di qualsiasi droga. Il fenomeno si contrasta attraverso sensibilizzazione e agendo sulle cause del disagio (come oggi avviene per l’alcool).
  • Libera adozione da parte di qualsiasi tipo di famiglia (ci sono un sacco di pessime famiglie etero, non può essere quello il discrimine).
  • Libera sperimentazione staminali.
  • Libera eutanasia.

Lotta all’inquinamento, salute pubblica

L’automobile individuale, con qualsiasi tipo di alimentazione è anacronistica. Le nostre città non hanno spazio a sufficienza. I trasporti pubblici, comprese le auto in sharing, soprattutto quando saranno disponibili a guida autonoma, e, soprattutto, le bici, in particolare a pedalata assistita, sono la via da percorrere.

  • Trasporti cittadini e treni extraurbani gratuiti.
  • Forte tassazione voli e autostrade ove è presente alternativa ferroviaria. Incremento rete ferroviaria con particolare attenzione alle esigenze dei pendolari.
  • Forte tassazione dell’uso del suolo urbano da parte delle automobili (ingresso in auto in città, ma anche parcheggi).
  • Limiti velocità, zone 30, autovelox …
  • Forte impulso alla creazione di piste ciclabili, ai parcheggi automatici per biciclette, ai parchi bici a noleggio, sistemi di contrasto al furto, incentivazione economica per chi si reca al lavoro in bici.
  • Incentivazione all’acquisto di bici elettriche.
  • Forti incentivi alla ristrutturazione antisismica e ecologica delle abitazioni.

Pensioni

  • Sì va in pensione a 70 anni.
  • Dai 55 in poi graduale riduzione dell’orario lavorativo (si anticipano progressivamente ore di pensione), incentivazione telelavoro.
  • Rimangono meccanismi come isopensione per le aziende che accettino di pagare per anticipare la cessazione di un rapporto lavorativo.

Politica estera

Molta più Europa

  • Forte spinta verso riduzione della sovranità nazionale a favore di un Europa sempre più nazione.
  • Esercito europeo.
  • Salute, istruzione sempre più unitari.
  • Azione diplomatica per eliminare il diritto di veto delle nazioni, l’Europa deve poter decidere a maggioranza.
  • Azione diplomatica per gestire i flussi migratori a livello europeo o mondiale.

Molto più Mondo

  • Il problema dei flussi migratori va affrontato a questo livello, l’Italia deve adoprarsi con energia, insieme agli altri paesi, per risolvere i conflitti che generano fughe di massa. Dove le migrazioni sono dovute a cause climatiche vanno concordate politiche di canalizzazione dei migranti e aiuti a livello internazionale.
  • Il problema del clima va affrontato a questo livello, l’Italia deve fare la sua parte nella riduzione delle emissioni.

Media

RAI servizio pubblico

  • Eliminazione pubblicità dai canali RAI.
  • Elezione diretta, via web, dei vertici RAI.
  • Forte riduzione della trasmissione di film doppiati: si trasmettono solo film in lingua originale e sottotitolati. Pressione in questo senso, via tassazione, sui canali privati e sui cinema: trasmettere o proiettare film doppiati deve costare molto. Il senso di questa proposta è che siamo un paese di provinciali, la conoscenza dell’inglese (e delle altre lingue europee) da parte di fasce sempre più ampie della popolazione è condizione essenziale per entrare davvero in Europa, e il guardare film in lingua originale è un buon passo in questa direzione.

Sicurezza

La sicurezza è un servizio che lo stato offre e verranno identificati parametri per valutarlo (tempi di intervento ad esempio).

  • Dove la polizia non risultasse in grado di offrire un servizio adeguato il cittadino può rivolgersi a privati e il costo è a carico dello stato (ad esempio scalandolo dalle tasse), come avviene oggi per i servizi sanitari.
  • Evitiamo la possibilità di dare armi ai cittadini: i rischi sono troppo grandi ed è un passo verso l’inciviltà.
  • Schediamo e prendiamo impronte digitali a tutti le persone presenti, per qualsiasi motivo, sul suolo italiano (soprattutto a tutti gli italiani 😉)

Giustizia

Sulla giustizia ci andrei cauto a proporre ricette, ma proverei a identificare i problemi e magari qualche linea guida.

Il problema grosso è la lunghezza dei processi (e conseguente numero patologico di prescrizioni, e conseguente non certezza della pena).

Immagino si possano identificare tre tipi di cause:

  • mancanza di adeguato finanziamento/infrastrutture.
  • poco impegno degli addetti ai lavori.
  • eccessivo garantismo.

I primi due punti sono comuni all’efficienza di qualsiasi altra branca della pubblica amministrazione, forse un sistema di incentivazione/deincentivazione economica applicato in modo rigoroso e gerarchico può aiutare. Per gerarchico intendo: il capo di un servizio avrà il suo servizio valutato, ad esempio dai suoi utenti o da valutatori esterni. Questo comporta un ammontare di soldi in più o in meno rispetto al salario ordinario. Il capo del servizio avrà tutto l’interesse a spalmare questo premio/pena in modo giusto tra i suoi sottoposti per migliorare il risultato al prossimo round. I sottoposti, a cascata, spalmeranno la loro quota verso le foglie dell’albero.

Sul terzo punto, il garantismo, se, data una determinata capacità di lavoro (fissa) non si riesce a smaltire il numero di cause da gestire (fisso, anche se la depenalizzazione delle droghe lo riduce), bisogna chiedersi, ad esempio, se è meglio dire di avere tre gradi di giudizio e mandare la metà dei processi in prescrizione o accettare di averne solo due. O, magari, aggiungere altri limiti che alleggeriscano il carico di lavoro in modo che i processi finiscano in tempo.

Anche perché oggi, la possibilità di far arrivare i processi in prescrizione è in genere appannaggio dei ricchi, che possono permettersi di spendere in avvocati. La situazione odierna, oltre che inefficiente è iniqua.

Istruzione

La scuola oggi fa troppe cose:

  • È un parcheggio per chi non sa dove tenere i figli.
  • È un valutatore del grado di apprendimento.
  • È un emettitore di attestati di frequenza/preparazione.
  • È un produttore di materiale di apprendimento (libri, corsi).
  • È un fornitore di coaching/mentoring.
  • È un finanziatore/organizzatore di ricerca, produzione di conoscenza.

Solo le ultime due funzioni dovrebbero essere proprie della scuola. Il problema del parcheggio va risolto creando, da una parte, luoghi di incontro ludico/sportivi, non necessariamente legati all’apprendimento, distinti dalla scuola vera e propria che ospiterà le attività di mentoring verso i ragazzi realmente interessati all’istruzione. Non c’è scuola dell’obbligo, non ci sono esami, corsi, titoli. C’è solo un aiuto a chi è interessato a imparare. Scopo del tutor è incuriosire il ragazzo, offrirgli una mappa su cui muoversi. Le lezioni sono in internet, gli insegnanti interessati a produrre materiale didattico competono sull’area globale e i ragazzi beneficiano dei prodotti migliori.

A sedici anni si ha diritto (vedi sotto) al reddito statale, e si è obbligati, per ottenerlo, a lavorare per lo stato. Il buon risultato scolastico (valutato da ente esterno alla scuola) dà diritto ad ottenere il reddito studiando.

La valutazione viene fatta da ditte private, pagate dal datore di lavoro durante la selezione, o da appositi enti statali durante i concorsi, o come detto, per ottenere il reddito. Per trovare lavoro non conta avere titoli, conta quello che sai fare in quel momento.

Denaro

Eliminazione del denaro contante: solo pagamenti elettronici e tracciati. Questa è una misura di forte contrasto a evasione, corruzione e criminalità.

Non tirate fuori la storia delle banche che ingrassano o dei negozianti che ci rimettono: servizi come satispay non sono offerti da banche e hanno commissioni bassissime.

Non tirate fuori la storia dei vecchietti che non usano le app: se sono così mal messi c’è già, probabilmente, qualcuno che conta i soldi per loro.

Quanto alla privacy eccovi serviti.

Privacy

Abolita. Costi esorbitanti, aumento di burocrazia a fronte di risultati ridicoli (mettiamoci il cuore in pace: oggigiorno non è possibile garantirla, ci stiamo prendendo in giro e stiamo sprecando energie inutilmente).

La privacy riesce solo a essere copertura per il malaffare.

Devono, anzi, esserci il più possibile dati pubblici, ben organizzati e processabili da tutti, su tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni, su tutti i dati di attinenza fiscale (guadagni e spese di tutti). L’unico modo di evitare la corruzione è vivere costantemente dietro un vetro.

Ci avete mai pensato ? L’assenza di privacy aumenta la riservatezza: in un campo di nudisti non vedrete nessuno che si mette a scrutare organi genitali in giro, se non altro perché gli altri, vedendolo, sanzionerebbero tale comportamento. Vale anche per la privacy informatica: se tutto è trasparente, chiunque può venire a guardare il mio conto corrente, ma io riesco a sapere chi è venuto a guardarlo, non è in qualche modo un deterrente ?

Lavoro e assistenza

Lo stato fornisce assistenza economica a tutti nei periodi di non impiego.

Questa misura riguarda le persone in grado di lavorare. Per chi non è in grado di lavorare va prevista un assistenza diversa: non aiuto economico all’interessato, ma servizi (mense, dormitori, assistenza infermieristica etc ..)

Chi è in grado di svolgere lavoro ed è in un periodo di disoccupazione viene assunto dallo stato. Con un salario modesto, per invogliarlo a ritornare il prima possibile nel mondo del lavoro. Nel periodo in cui riceve assistenza economica lavora per la comunità. A seconda delle sue capacità e competenze potrà prestare opera in attività legate alla manutenzione di immobili e arredi urbani, pulizia, sanità, forze dell’ordine, etc …

Lavoro autonomo

Forte snellimento della burocrazia legata ai lavoratori autonomi.

Aprire una partita IVA (o chiuderla) si deve poter fare in giornata, possibilmente via internet.

Il lavoratore che chiude un’attività ha accesso al reddito statale.

Tasse

Flat Tax al 20% e maggiore tassazione dei redditi finanziari rispetto agli investimenti in attività. Chi ha soldi deve essere invogliato a usarli per creare lavoro, dopo di che, se ce l’ha fatta, mi va benissimo che se li goda senza pagarli in tasse, ma avrà creato occupazione e tenuto in vita l’economia.

Non c’è denuncia dei redditi. Essendo tutti i trasferimenti di denaro, e il possesso di qualsiasi bene trasparenti il fisco conosce perfettamente i dati relativi ad ogni contribuente, calcola l’importo delle tasse in base alle regole vigenti e riscuote automaticamente, nei periodi previsti o alla fonte, il dovuto, direttamente dai conti correnti o dalle transazioni.

Le tasse le pagano tutti, pene severe per gli evasori, compreso il carcere, per chi tentasse in qualsiasi modo di ostacolare il funzionamento della procedura (ad esempio occultando beni o operando transazioni in modo non trasparente).

Egoismi

L’egoismo è una linea che separa i trogloditi dai santi.

Una linea che si sposta verso l’alto man mano che l’umanità progredisce. Io non ho dubbi che quello che oggi identifichiamo come eroismo, santità, dovrà essere, in un domani non troppo remoto, il punto di arrivo di tutti. Non ho dubbi che ognuno finirà per spostare l’attenzione, il fulcro del suo interesse dal proprio io alla propria specie, o forse a insiemi ancora più ampi. Nel mentre possiamo misurare questo progresso, il progresso dei singoli su questa strada, con un concetto che chiamiamo egoismo, e ci teniamo informati l’un l’altro sul nostro e altrui punteggio attraverso il pettegolezzo.

L’uomo primitivo, volendo vale anche per gli animali, si muove regolato da diversi meccanismi che determinano il range di base del suo egoismo. Da una parte meccanismi come l’istinto di sopravvivenza o l’istinto di generare e difendere la prole sono una forza che spinge verso il basso (riferendomi al disegno), cioè verso l’aumento dell’egoismo. Dall’altra meccanismi come la compassione per i simili, il bisogno di relazioni con il branco spingono a comportamenti più altruistici. Sono indispensabili per un animale a riproduzione sessuata, ma anche per protezione reciproca, assicurazione in caso di difficoltà, trasferimento di know how etc. L’individuo è giudicato dal branco, il suo comportamento si situerà da qualche parte tra il massimo dell’egoismo accettato dal branco e il minimo che assicura la sua sopravvivenza come individuo. Al di sotto della linea di accettazione del branco vivono i trogloditi, al di sopra della linea di non comprimibilità (il massimo di altruismo che mi posso permettere senza mettere in pericolo la mia sopravvivenza o quella dei miei figli) vivono i santi.

E queste linee, come dicevo, si spostano. Si spostano nel tempo e anche geograficamente. Comportamenti giudicati in passato egoismo come rubare i pesci messi a seccare dal vicino, sono diventati comportamenti da trogloditi (in genere anche puniti dalle leggi). Comportamenti oggi border-line, come evadere le tasse, diventeranno, spero, comportamenti da troglodita.

I santi si muovono oltre la linea della sopravvivenza. Possono mettere la propria sopravvivenza a rischio in nome di un ideale, in nome di un miglioramento del gruppo. Sono loro che spingono le linee in alto. Non prendete santi in senso religioso: Falcone e Borsellino penso stiano di diritto in questa categoria, come pure chi fa uno sciopero della fame per salvare una radio o cose del genere.

C’è un interessante concetto nel buddismo, che illumina bene quest’idea del santo che spinge l’umanità a migliorarsi: è quello del bodhisattva.

Il bodhisattva è un super santo, che ha perfezionato la sua vita al punto di essere ad un passo dal paradiso. Nel paradiso buddista, il Nirvana, ci si entra da vivi. Il premio è di non reincarnarsi una volta morti (magari suona strano agli occidentali, ma il non reincarnarsi non vuol dire morire definitivamente ma in qualche modo diventare parte di Dio). Beh, insomma, questo bodhisattva è lì che gli manca un passo per raggiungere il risultato a cui ha lavorato per diverse vite, ma giusto prima di coronare questo successo gli viene un dubbio. “Ma non è che andarmene io in paradiso e lasciare tutti gli altri a soffrire alla fine è di per sé un atto di egoismo ?” Questo dubbio non gli permette di farlo l’ultimo passo, non gli permette di slegarsi completamente dall’umanità. Sceglierà di rimanere in questo mondo finché l’ultimo degli esseri senzienti non avrà raggiunto anche lui le soglie del Nirvana, solo allora il bodhisattva attraverserà l’ultimo confine.

Tutto questo discorso mi è venuto in mente pensando al problema dell’accoglienza dei migranti di questi tempi.

Quello che mi colpisce è che vedo una discussione tra trogloditi e santi (magari santi con le aureole degli altri, per parafrasare un altro detto, a volte). Da una parte si vede questa cosa incomprensibile di gente che gioisce a maltrattare chi è decisamente più sfortunato, dall’altra chi vuole imporre comportamenti ben al di sopra della linea di sopravvivenza (o che, almeno, rischiano di essere percepiti tali).

In un epoca di instabilità economica, di forte disoccupazione, di stato sempre meno capace di erogare servizi essenziali è assolutamente comprensibile che molte persone si sentano minacciate al pensiero di un arrivo, magari in numeri consistenti, di nuovi poveri che rischiano di assorbire quel poco ossigeno che può venir distribuito a chi sta peggio. Ci saranno sicuramente anche tra loro persone disposte a dividere il mantello in due, anche a costo di patire un po’ più freddo di quanto possono sopportare, ma queste cose non si possono imporre. Si generano solo reazioni contrarie, che infatti, non si fanno mancare, né in gabina elettorale né per le strade.

Mi sembra manchi una proposta politica che stia saldamente all’interno di quelle due righe, che spinga verso l’alto, certo, ma senza ribaltare il tavolo.