Omelia di Pasqua 2020

Resurrezione
Resurrezione

Se non credi che Gesù sia risorto è dura scrivere un’omelia di Pasqua. Ma ci provo.

Il racconto della morte

La celebrazione che la chiesa fa nel giorno di Pasqua è incentrata sulla resurrezione di Gesù di Nazareth.

giovanni

Le letture proposte in questo giorno raccontano della scoperta della tomba aperta, lo sconcerto iniziale e l’atto di fede conseguente, in cui accettano l’idea che sia davvero risorto.

Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

In effetti ci mettono un po’ a decidersi per quella spiegazione.

La domenica di Pasqua per i primi discepoli non è stato un giorno di festa. È stata la scena iniziale di un giallo. Trovano la tomba vuota e non sanno cosa pensare. Belli i dettagli raccontati da Giovanni: le bende per terra, il sudario ripiegato in un angolo, il correre dei discepoli ad avvertire l’un l’altro, il correre al sepolcro a vedere coi propri occhi. Cosa ? Una tomba vuota.

Giovanni è piuttosto stringato nel racconto.

matteo

Matteo è più ricco di particolari: racconta che già il giorno prima Pilato aveva fatto mettere una guardia di fronte alla tomba, sigillata, “perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E’ risuscitato dai morti”. Quasi un’excusatio non petita.

Matteo racconta poi che le donne, al mattino della domenica vedono un angelo che fa rotolare la pietra della tomba, tramortisce la guardia e racconta loro che Gesù è risorto.

Matteo ci racconta poi il subdolo piano dei sacerdoti:

si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi.

marco e luca

Il racconto di Marco è meno roboante. L’angelo c’è anche qui, ma non ha l’aspetto di Superman, è un giovincello vestito di bianco, ben lavato e mite, che racconta alle donne che Gesù è risorto, e raccomanda loro di andarlo a raccontare agli altri. Guardie non ce ne sono.

Il racconto di Luca è molto simile, ma gli angeli sono due.

Il dopo resurrezione

All’inizio, quindi, sembra che a credere nella resurrezione siano state solo le donne. Anche Pietro in tutti i racconti è piuttosto perplesso.

Dai brani che nei vari vangeli raccontano il dopo resurrezione si vede che i discepoli cominciano a credere nella resurrezione perché, in vari modi, incontrano, molti di loro almeno, il Gesù risorto. E sono racconti strani, perché, in genere in questi incontri Gesù non è riconoscibile. Parlano con lui e non si rendono conto che è lui, fino a quando, nel loro intimo, non si rendono conto di averlo incontrato.

Il significato

Anche nei vangeli, quindi, la resurrezione avviene in un’altra dimensione. Avviene nel cuore delle persone. Ha un significato molto particolare. Sintetizza davvero l’insegnamento di Gesù, la fiducia in un Dio buono, che parla con gli uomini. Ma parla loro nel profondo del cuore.

Quello che ci resta oggi sono questi frammenti disaggregati di un racconto. Immagini confuse, suggestioni a cui possiamo dare un senso, se lo vogliamo, solo risalendo a quella fede (brutta parola, consumata), a quella fiducia che il mondo intorno a noi ha un senso, che c’è un intelligenza che non possiamo comprendere, se non in piccola parte, che governa le cose.

Alla fiducia che questa comprensione del mondo è maggiore nella parte non razionale del nostro pensare.

La possiamo sentire questa fiducia. C’è un Dio e ci parla, ma parla molto più forte nel nostro intimo che nella nostra razionalità.

carte false

Credo che la chiesa, soprattutto da San Paolo in poi, abbia fatto letteralmente carte false per dimostrare eventi sorprendenti, che sfidano le leggi fisiche.

Ma tutto questo sforzo immane di dimostrare l’indimostrabile ha finito per offuscare la bellezza di quello che era veramente successo.

guardare il dito e non la luna

Gesù, secondo me è stato un grande uomo, che ci ha mostrato un Dio di cui ci si può fidare.

Ci ha mostrato un modo di essere umani molto bello, in sintonia con questa fiducia.

Ma Gesù era il dito, non la luna.

Che lui sia veramente morto quel venerdì, e che il suo corpo abbia seguito il naturale corso degli eventi biologici, niente toglie alla bellezza di quello che ha detto, allo splendido esempio della sua vita.

La vera resurrezione

Ho messo in cima quell’immagine del soffione. L’ho scattata stamattina nel prato davanti a casa.

Mi piace molto perché credo sia quella la vera Resurrezione. Quella che avviene tutte le primavere. Le piante che credevamo morte che tornano a sorprenderci con la loro bellezza, gli animali e gli uomini che nascono. Le idee che si accavallano confuse e ne producono altre, sempre più belle.

Il corpo di Gesù sarà stato divorato e rimescolato come quello di tutti, dai piccoli animali e dai batteri. Qualche pianta se ne sarà avvantaggiata. Qualche animale avrà mangiato quelle piante, e, dopo duemila anni, è quasi sicuro che qualche atomo che ha fatto parte del suo corpo giri oggi nel nostro sangue, nei nostri muscoli.

Non è già una bellissima Resurrezione ?

When I’m Sixty Four

Ok. Da oggi sono vecchio anche secondo il criterio dei Beatles.

Doing the garden

Digging the weeds

Who could ask for more?

2 6

A due alla settima non credo di arrivarci, ma non si sa mai.

È un bel numero 64.

Emana un senso di positività.

Oggi i sistemi operativi migliori sono a 64 bit. Già dai tempi del Commodore 64 se ne presagiva la potenza.

La sua rappresentazione in numeri romani ne esprime chiaramente la vocazione politica (LXIV = Lode per Italia Viva).

Potrebbe essere usato anche per correggere evidenti errori del nostro passato, come i sessantaquattro gatti in fila per otto e senza resto (sulla metrica c’è un po’ da lavorarci, ma matematicamente è molto più elegante).

19

Epperò c’è il virus. Che ci chiude in casa, che farà morire molti di noi.

Ieri bella chiacchierata con Antonio, Giuseppe e Gianni. Ho scoperto l’ennesimo programma per videoconferenza (anzi, ne abbiamo provati un paio, per l’occasione).

Si parlava del virus. Ci si chiedeva se avesse un significato. Sicuramente ce l’ha: tutto ha un significato. Si parlava di come andrà.

pessimismo

Ho messo a fuoco il fatto di essere parecchio pessimista. Sì, io scopro quello che penso parlando con gli altri, o scrivendo. O forse non è pessimismo, nel senso che vedo le cose con un certo distacco. Comunque ho detto cose che sono suonate inquietanti agli orecchi degli altri.

Secondo me ci si sta illudendo molto sui tempi di uscita dalla crisi sanitaria, e si sta sottovalutando l’aspetto economico.

Lo scenario che intravedo, catastrofico per qualcuno, è che alla fine ne usciremo con più morti di quelli che prevedeva il Boris Johnson prima ora e avremo anche distrutto l’economia.

Succederà questo: riusciremo a tenere il lockdown rigoroso ancora per poco. Si sta già slabbrando, ma le pressioni per riaprire le aziende sono forti. Come è sempre più forte la poca pazienza (poco giustificata) dei più attivi di noi, che mal sopportano la vita reclusa. E come è sempre più forte (ma questa è più comprensibile) la mal sopportazione della clausura da parte dei meno fortunati, quelli che vivono in spazi più ristretti, senza balconi, giardini. Di quelli che non hanno le risorse economiche per affrontare un lungo periodo di inattività.

Pressioni, insomma, che unite alle prime notizie confortanti sui numeri dei contagi ci faranno allentare la stretta. E il virus è ancora lì fuori ad aspettare. Altre ondate, altri picchi.

E intanto l’economia va a pezzi. L’economia non sono le quotazioni delle borse, e nemmeno i capitali dei ricchissimi, che ammesso che vengano scalfiti lo saranno di poco, anzi, è più probabile che molti di loro trovino il modo di arricchirsi anche in questa situazione. L’economia che crolla è la gente che ha fame, o ha paura, o ha paura e fame. L’economia che crolla sono i servizi che spariscono e diventano sempre più inefficienti. L’economia che crolla sono le merci che non si trovano più, perchè nessuno più le produce e le trasporta.

Tanta gente che ha paura e fame distrugge qualsiasi ordine sociale. Sommosse.

Oggi si vedono i primi segnali. Ci sono già famiglie che hanno problemi a comprare i beni essenziali. Ed è bello che si tenti di supplire con varie forme di solidarietà. Ma la solidarietà funziona se i poveri sono pochi e quelli solidali tanti. Se questo rapporto tende ad invertirsi non è più possibile. Non si chiama più solidarietà, si chiama lotta di classe quando va bene, rivoluzione o guerra civile se siamo meno fortunati.

L’economia che crolla fa molti più morti del virus.

Spero di sbagliarmi.

decrescita

Antonio si oppone a questa visione, dicendo che con un’organizzazione migliore della società si può vivere tranquillamente tutti lavorando molto meno. In fondo, fa notare, molta gente va a lavorare per fare lavori assolutamente inutili.

E ha ragione: da una parte ci sono molte aziende carrozzone, aziende inefficienti che a vario titolo sopravvivono solo grazie a contributi statali (in forma di mercati captive, pensate al militare o alla gestione statale della sanità, della previdenza, pensate alle compagnie aeree o telefoniche), dall’altra ci sono aziende che producono cose insensate, se non dannose (pensate alla pubblicità), pensate a quanti avvocati ci sono in Italia, a quanti notai, a quanta gente il cui lavoro è far girare la burocrazia inutile.

Pensate ai bisogni indotti, a quanta gente lavora per comprare beni di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno (l’ultimo modello di cellulare, di televisore, di auto, di vestiti e chissà quant’altro). Forse anche senza arrivare ad una gestione sovietica dello stato e neanche per forza ad una decrescita più o meno felice si potrebbero fare dei passi per permetterci di ridurre il nostro impegno di tempo nel lavoro e il nostro impatto sull’ambiente.

Comprendo che c’è del buono in queste considerazioni, ma credo si debba tenere presenti un paio di cose:

  • I paesi ricchi possono oggi permettersi queste inefficienze perché sfruttano risorse e lavoro di quelli più poveri. Per cui lo stesso tipo di ragionamento sarebbe difficile da applicare a tutto il pianeta.
  • Alla lunga il vero problema è l’esplosione demografica. Questa sofferenza, che da noi si manifesta nell’essere costretti a lavorare per la maggio parte del nostro tempo a fare cose inutili, e in altri posti si manifesta nel lavorare molto per servire altri, riesce a contenere la crescita della popolazione. Detta in soldoni: un mondo di gente pagata per stare a casa assistiti da servizi e sanità funzionanti non starebbe in piedi: esploderebbe in un eccesso di natalità, nell’arco di una o due generazioni, forse meno. Un mondo ideale, che auspico ovviamente, in cui ognuno lavora il giusto, non può prescindere da un governo mondiale e da uno stretto controllo della natalità, con tutti i problemi morali che la cosa comporta.

la politica inadeguata

Tornando coi piedi per terra, e al momento attuale, Giuseppe fa notare la sua sfiducia nella classe dirigente attuale, e in generale sulla situazione politica del paese. Chiaramente è il nocciolo del problema. Abbiamo tutti abbastanza chiari una serie di problemi da risolvere. Abbiamo una serie di soluzioni proposte, più o meno vaghe, più o meno condivise. Ma per farne qualcosa, per trasformare queste critiche e queste proposte in miglioramento serve la politica.

Serve far emergere governanti capaci, che sappiano creare consenso intorno a proposte concrete. E sappiano attuarle.

Diversamente da Giuseppe io credo che queste persone esistano, semplicemente non sappiamo farle venire alla ribalta. Oggi la scena politica e ingombra di attori che hanno saputo creare consenso intorno a loro, ma si mostrano poi incompetenti e incapaci quando riescono a mettere le mani sulle leve del potere.

Forse il problema non sta nei governanti, ma nella nostra capacità, come popolo, di sceglierli. Continuiamo a sceglierli per tifo, perché difendono la nostra squadra del cuore. Li scegliamo perché sanno difendersi nei talk show. Sardine incluse, purtroppo.

non sono ancora nati

Concludo con un pensiero di Gianni, che mi è piaciuto.

Chi è che potrà tirarci fuori da questo pasticcio ?

Se è necessaria una forte maturazione delle persone per costruire una civiltà che superi tutti gli scogli elencati sopra, è pensabile che siano quelli vivi oggi ad uscirne ?

Possono essere quelli che oggi sono vecchi, che magari hanno qualche idea, ma non l’energia per attuarla ?

O possono essere quelli che oggi sono giovani, e hanno vissuto finora nella bambagia, senza essere costretti a fronteggiare veri problemi, e si trovano spaesati di fronte allo scenario di guerra all’orizzonte, di fronte alla possibile perdita dei loro privilegi.

Forse no. Forse a fare un passo avanti saranno i giovanissimi di oggi, o quelli non ancora nati. Quelli che prenderanno coscienza del mondo con la crisi già in atto.

E allora i tempi saranno necessariamente molto lunghi.

i miei secondi 64 anni

Pur volendo essere ottimista, non so se mi basteranno i prossimi 64 anni per vedere il risultato di questo cambiamento.

Comunque ne riparliamo al 2 7.

Omelia del 5 aprile 2020

Una palma dal balcone di Ester e Gianni.
Una palma dal balcone di Ester e Gianni.

Domenica delle Palme. Ma è anche San Vincenzo Ferreri, predicatore apocalittico, ed è il mio onomastico (poca gente li festeggia, ormai, gli onomastici, a me ricordano l’infanzia, mia madre, un’occasione in più per festeggiare). Comunque auguri a tutti i Vincenzi Ferreri.

Domenica delle Palme. Che da noi non ci sono, e si usano i ramoscelli di olivo. Oggi non si può uscire a comprare neanche quelli: doveva pensarci Amazon …

Isaia e il servo perseguitato (Elì, Elì, lemà sabactàni?)

La prima lettura di oggi è molto bella. La traduzione letta nelle chiese è quella della CEI. Un po’ ostica, secondo me. Il pezzetto qui sotto è tratta dalla Bibbia Tilc (Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente) e mi piace di più.

Dio, il Signore mi ha insegnato

le parole adatte

per sostenere i deboli.

Ogni mattina mi prepara

ad ascoltarlo,

come discepolo diligente.

Dio, il Signore, mi insegna

ad ascoltarlo,

e io non gli resisto

né mi tiro indietro.

Ho offerto la schiena

a chi mi batteva,

la faccia a chi mi strappava la barba.

Non ho sottratto il mio volto

agli sputi e agli insulti.

Ma essi non riusciranno a piegarmi,

perché Dio, il Signore, mi viene in aiuto,

rendo il mio viso duro come la pietra.

So che non resterò deluso.

Il Signore mi è vicino,

egli mi difenderà.

Chi potrà accusarmi?

Chi potrà trascinarmi in tribunale?

Chi vuole essere mio avversario?

Si presenti!

Dio, il Signore, mi viene in aiuto,

chi mi dichiarerà colpevole?

Tutti i miei avversari scompariranno.

Diventeranno come un abito logoro,

divorato dai tarli.

La chiesa tende a sottolineare il carattere profetico di questo brano. Non ha torto, ma dobbiamo intenderci su cosa si intende per profeta. Dire che Isaia con questo brano preannunciasse avvenimenti successi 800 anni dopo presuppone una visione da Mago Otelma del profeta. Uno con la sfera di cristallo che guarda il futuro.

Il profeta non guarda il futuro, guarda dentro sé stesso, guarda il mondo intorno con occhi profondi, cerca un perché nelle cose, le mette in relazione ad un assoluto. Il profeta non vede il futuro, vede il presente con occhi diversi dagli altri.

Rapportate alla vicenda terrena di Gesù di Nazareth, le parole di Isaia ci dicono che la saggezza di Gesù, il sua mitezza, la sua fiducia in un Dio visto come padre, hanno profonde radici nella saggezza del popolo ebraico di cui faceva parte.

Il messaggio di Gesù è esattamente lo stesso di Isaia. È un “lo so che le cose andranno male”, “lo so che non siamo pronti, come popolo”, “lo so che c’è gente che non capirà, che si sentirà minacciata dalle mie parole e me la faranno pagare, ma io continuerò a dire quello che ritengo giusto”.

Gesù e Isaia dicono che non cercheranno di imporre le loro idee con la forza. Vivono in un rapporto profondo con Dio, accettano di non capire il disegno completo e portano avanti, con umiltà quella che hanno capito essere la loro parte in questo disegno.

Non importa se mi picchierete, se mi ucciderete. Continuerò a dire quello che sento che Dio mi sta dicendo. Ed è con questa mitezza, con questa accettazione del caos del mondo, della sua apparente cattiveria, che proverò a dimostrarvi che Dio mi parla davvero.

Perché come dice De Andrè

Inumano è pur sempre l’amore

Di chi rantola senza rancore

Perdonando con l’ultima voce

Chi lo uccide fra le braccia di una croce

Il racconto della passione

È probabilmente stato l’avvenimento più narrato nella storia della letteratura. Ha ispirato capolavori come “Il Maestro e Margherita” di Bugakov, o la Matthäus-Passion di Bach (una delle opere più belle che ci offre la musica classica).

Io sono particolarmente affezionato alla trasposizione che ne fa De Andrè nella Buona Novella. Il racconto molto umano dei personaggi intorno alla croce.

Maria che dice “Non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio”.

Le madri dei due ladroni che “san morir sulla croce anche loro”, arrabbiate con Maria perché lasci loro piangere “un po’ più forte” “chi non risorgerà più dalla morte”.

I padri dei bambini uccisi da Erode per uccidere da piccolo Gesù, i danni collaterali di questa guerra santa.

Gli apostoli impauriti:

Confusi alla folla ti seguono muti,

sgomenti al pensiero che tu li saluti:

“A redimere il mondo” gli serve pensare,

il tuo sangue può certo bastare.

La semineranno per mare e per terra

tra boschi e città la tua buona novella,

ma questo domani, con fede migliore,

stasera è più forte il terrore.

Nessuno di loro ti grida un addio

per esser scoperto cugino di Dio:

gli apostoli han chiuso le gole alla voce,

fratello che sanguini in croce.

Le donne, che hanno visto nella predicazione di Gesù un riscatto della loro condizione di inferiorità sociale:

fedeli umiliate da un credo inumano

che le volle schiave già prima di Abramo,

con riconoscenza ora soffron la pena

di chi perdonò a Maddalena,

di chi con un gesto soltanto fraterno

una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,

e guardano in alto, trafitti dal sole,

gli spasimi d’un redentore.

E, ovviamente, i due ladri:

Non hanno negli occhi scintille di pena.

Non sono stupiti a vederti la schiena

piegata dal legno che a stento trascini,

eppure ti stanno vicini.

Perdonali se non ti lasciano solo,

se sanno morir sulla croce anche loro,

a piangerli sotto non han che le madri,

in fondo, son solo due ladri.

Il latitante

Rileggendo oggi il brano dal vangelo di San Matteo mi ha colpito un pezzetto, piuttosto, all’inizio, che sembra una nota di colore.

I discepoli chiedono a Gesù dove andranno a fare la cena di Pasqua. È festa, c’è questa tradizione di festeggiare con gli amici, o con la famiglia, e bisogna trovare un buon ristorante. E bisogna prenotare in tempo, se no sono tutti pieni. Non c’erano ancora The Fork o Trip Advisor, e Gesù dice “andate da quel tale a Gerusalemme”.

Si è perso, nel tramandarsi del racconto lungo i duemila anni che ci separano da questi eventi, il nome del ristorante. Pensate che pubblicità poter mettere un “Si mangia da Dio” sull’insegna.

Mi piace l’idea che Gesù conoscesse un buon ristorante comunque.

La frase è messa nel vangelo in modo sibillino, come il resto, e si presta alla lettura magica di un Gesù che manda gli apostoli in un posto in cui non era mai stato per fargli trovare uno che già sapeva per miracolo di dover preparare il Cenacolo per l’Ultima Cena.

Ma è più bello pensare a un “mi ha detto un mio amico che lì si mangia bene”, “ho visto su un altro gruppo WhatsApp di cui faccio parte che lì vale la pena, si spende poco e fanno dell’ottimo pesce”.

Mi ha fatto riflettere anche il fatto che, a questo punto della sua vita, Gesù cominciava sicuramente a essere braccato da tutte le parti. Aveva già fatto incazzare un bel po’ di sacerdoti con la sua predicazione, e questi erano immanicati col potere politico (“Quick, Caiaphas, go call the Roman guard”, dice a Caifa uno dei sacerdoti nel bellissimo “This Jesus Must Die” in Jesus Christ Superstar).

Insomma Gesù all’epoca era un latitante. Doveva muoversi con prudenza, si spostava rapidamente lungo la Palestina. Nell’episodio di Lazzaro i discepoli sono sorpresi che voglia tornare da quelle parti perché avevano appena provato ad arrestarlo.

E lui decide di fare la cena con gli amici.

Molto Zen.

Pensieri e parole e porticine

A volte ai pensieri diamo meno priorità che alle altre cose.

“Questa cosa la penso domani”, adesso dobbiamo fare chissà cosa di più importante. Leggere quello, ascoltare dell’altro. Preparare, lavorare, sognare. E magari quella cosa, se l’avessi pensata ti avrebbe cambiato la vita.

Sono già pensate quelle cose, ovviamente. Ma sono in qualche stanzetta del nostro cervello, in penombra, con la porticina appena accostata. Si sente l’odore, si vede un tenue bagliore. Quando decidi di pensarle le fai uscire dalla stanzetta. Le vesti, ci metti un bel cappellino, le colori. Decidi con chi le farai incontrare, o decidi di tenertele tutte per te. Ma le rendi vive.

Se dici “le penso domani”, spesso domani non ci sono più. Chissà dove vanno, le cose non pensate.

Credo che quelle porticine abbiano un portinaio che funziona come gli algoritmi dei social networks. Tiene un tuo profilo. Ogni volta che non apri una porticina scrive che quel tipo di cose non ti interessa, e non te le fa più vedere.

Per questo questa cosa l’ho pensata ora, anche se avevo mille cose più importanti da fare. E l’ho pure scritta.

2050 La vera storia

Anno 2050…Nonno raccontami quando l’Italia divenne una nazione così bella !

E il nonno cominciò:

< ….era il 2020, trent’anni fa. All’improvviso una epidemia investì tutto il mondo, proveniva dalla Cina …ma forse era stata portata da altri… non si seppe mai la verità ! L’Italia fu colpita prima di tutti in Europa, tanti morti, tutti chiusi in casa….paura, diffidenza, gli ospedali erano pieni di gente. Durò alcune anni….fu dura…tanto! Il governo dopo un primo momento di incertezza continuò a prendere decisioni inconcludenti. Tutti gli Italiani dettero prova di grande esempio e spirito di sacrificio. Le persone riscoprirono il valore dell’aiutarsi a vicenda.

Purtroppo la chiusura delle fabbriche e di tantissimi negozi fu il vero problema che dovemmo affrontare. Una crisi spaventosa, alla quale non eravamo preparati.>

< Ah sì, poi avete chiesto l’aiuto all’Europa e loro non ve l’hanno dato e …>

< Ma no, schiocchino ! Però hai ragione, girava anche una storia del genere qualche anno fa. Ma era una storia un po’ stupidina. L’hanno scritta persone piene di paura e odio, che vedevano nemici dappertutto, che pensavano che i problemi si potessero risolvere ognuno con le proprie forze, di fatto le cose sono andate in un modo decisamente migliore>

< Ma nonno, l’Italia adesso è davvero una nazione bellissima >

< Certo certo. Ed è bellissima anche l’Europa. Anzi tutto il mondo è diventato un po’ più bello da allora. Senti come è successo.

Chiedemmo aiuto all’Europa, all’epoca avevamo una Comunità…così si chiamava Comunità Europea. Doveva servire per fare un grande Nazione, come gli Stati Uniti. Ma in altre Nazioni, come la Germania e l’Olanda le cose non andavano male come da noi. Da una parte avevano governi più efficienti che erano riusciti a contenere l’epidemia meglio di noi, e dall’altra le loro economie erano più ricche.

Vedi, quando scoppiano queste epidemie, è successo diverse altre volte da allora, bisogna evitare che il virus si diffonda troppo velocemente e faccia ammalare troppa gente. Bisogna sbrigarsi a capire chi si è ammalato e isolarlo dagli altri, bisogna convincere tutti a cambiare le loro abitudini e restare molto tempo chiusi in casa, e bisogna capire chi si sposta, chi è stato a contatto con chi, prima che persone che sono ammalate e non lo sanno ancora possano spargere ulteriormente il contagio. E bisogna riuscire a fare queste cose molto in fretta, servono governanti che prendano decisioni lucide e rapide. E bisogna anche fare in modo che l’economia non si blocchi, perché se tutti smettono di lavorare non c’è più niente che funziona. Bisogna che chi può lavori da casa, per esempio (allora non tutti usavano internet e questo era una parte del problema), e bisogna che chi deve andare a lavorare possa farlo senza rischiare di ammalarsi, servono tanti esami medici e dispositivi di protezione, per esempio.

Beh, come dicevo, i paesi del nord Europa erano riusciti a fare tutto questo meglio di noi e, giustamente dal loro punto di vista, molte persone in quei paesi non volevano rimetterci, stare peggio, per dare aiuti che non sarebbero serviti a niente>

< Come fanno degli aiuti a non servire ? Erano davvero un po’ egoisti questi del nord.>

< Vedi, a quel tempo in Italia si era diffusa l’idea che si potesse vivere tutti senza lavorare. Qualcuno aveva messo in giro l’idea che ci sarebbero stati soldi per tutti se non fossero stati tutti nelle mani di poche persone. E che se avessimo ridistribuito quei soldi saremmo potuti stare tutti in vacanza tutta la vita.

C’era una parte di verità in questo, come in tutte le bugie. Era vero che la maggior parte della ricchezza era nelle mani di pochi, e che questo rappresentava un problema, ma, come puoi ben capire, non era vero che tutti avrebbero potuto smettere di lavorare. >

< Perché nonno ?>

< Perché la ricchezza non è come l’acqua contenuta in una serie di tazze, per cui se in una tazza ce n’è di più la togli di lì e la distribuisci nelle altre tazze e tutti ne hanno uguale. La ricchezza, il benessere, sono più come l’acqua di un fiume. Puoi togliere lo sbarramento di una diga per fare in modo di distribuirla meglio, ma è importante che l’acqua continui a scorrere. E scorre solo grazie al lavoro delle persone. E qualche diga ogni tanto serve anche, per usarla meglio.>

< Però gli aiuti ci servivano davvero, no ?>

< Certo, e infatti li abbiamo avuti. Il problema era come li avremmo usati. Gli stati del nord non ce li avrebbero mai dati per distribuirli semplicemente alla gente che stava a casa e per finanziare il lavoro dei governanti incapaci che avevamo allora.>

< E cos’è successo quindi ?>

< È successo che ci sono stati momenti di grande tensione. La Comunità Europea fu davvero sul punto di spaccarsi, ma a quel punto è successo una specie di miracolo.

Vedi, come ti dicevo, fino a quel momento internet esisteva, ma veniva usata malissimo. Non molta gente la usava per lavoro, o per studiare, ad esempio. Veniva usata per avere più scelta sui film da guardare o per scambiarsi foto con gli amici, o per fomentare odio sulle chat pubbliche. In effetti veniva usata anche come strumento di indagine e di persuasione occulta da parte di persone molto ricche e con pochi scrupoli.

Durante quella terribile epidemia molta gente è stata costretta a passare molti giorni chiusa in casa e questo ha portato un uso di internet sempre più massiccio, molta gente ha cominciato ad usarla per altri scopi. Hanno iniziato gli studenti e i professori, le scuole erano chiuse e l’insegnamento era possibile solo in quel modo. Sono fiorite molte piattaforme di auto apprendimento, ad esempio. Chi poteva lavorava da casa, e questo ha reso tantissime persone più capaci di usare strumenti informatici. Fare la spesa era un problema, perché era un problema uscire di casa, chi era ammalato non poteva neanche farlo, così molti hanno iniziato a comprare cose online. Piano piano la gente si è abituata ai pagamenti elettronici, questo in pochi anni ha poi portato alla scomparsa del denaro contante, ed è stato un incredibile apporto di ricchezza nelle casse dello stato, perché prima molti non pagavano le tasse e con i pagamenti elettronici era molto più difficile.

Ma soprattutto la gente ha cominciato a leggere di più, a studiare, ad informarsi, a sentire campane diverse. Abbiamo imparato ad affrontare i problemi insieme, e non uno contro l’altro.>

< Ma il problema col nord Europa come si è risolto ?>

< Esattamente nel modo opposto di come racconta la favoletta che avevi sentito. Gradatamente la gente ha capito che i problemi si potevano risolvere decidendo sempre più cose assieme agli altri, quindi anche insieme agli altri paesi europei. A quei tempi la Comunità Europea era in embrione. Non aveva praticamente poteri. Emetteva delle leggi che dovevano poi essere accettate dai vari paesi, e c’era il problema che alcuni paesi potevano opporsi alle decisioni degli altri anche se erano in minoranza. Insomma un pasticcio. Grazie alla crisi ci si è trovati tutti di fronte alla scelta di cancellare l’Europa o farla funzionare davvero. E fortunatamente abbiamo tutti scelto la seconda cosa >

< Anche i paesi del nord ?>

< Certo, tieni conto che anche loro ci avrebbero rimesso se l’Europa fosse finita, loro vendevano a noi tanti prodotti, venivano in massa in vacanza qui, perché il nostro è un paese davvero bellissimo.>

< E quindi com’è andata ?>

< E’ andata che qualcuno ha proposto di spostare in blocco un sacco di competenze degli stati verso il governo centrale, almeno per la durata della crisi. Quindi la gestione della produzione e distribuzione delle mascherine, dei disinfettanti, delle apparecchiature per gli ospedale e per la costruzione degli ospedali stessi sarebbe passata all’Europa senza mediazione degli stati. E così pure la gestione del tracciamento dei contagiati, e anche la gestione degli aiuti: un ente centrale europeo avrebbe controllato direttamente chi doveva stare a casa perché era ammalato o troppo a rischio di ammalarsi, avrebbe distribuito aiuti economici a queste famiglie e avrebbe aiutato gli altri a trovare un’occupazione utile durante la crisi. Molte persone hanno iniziato a fare i corrieri ad esempio, molti hanno trovato lavoro nelle fabbriche di materiale medico, molte nella distribuzione, nella scuola.

E’ stato un vero miracolo. Secoli di burocrazia inutile spariti in un attimo, privilegi incomprensibili cancellati. Politici corrotti e incapaci rimandati a lavorare (ne ricordo uno che è tornato a distribuire bibite, non negli stadi, che sono restati chiusi per un po’).

Le tasse si sono abbassate drasticamente per l’abolizione del denaro contante e per l’abbattimento dei privilegi. I servizi hanno iniziato a funzionare bene.

Insomma alla fine ci si è trovati così bene con questa soluzione che anche dopo la crisi la gente ha voluto continuare così, e molte più competenze sono passate alla gestione centrale europea. Compresa la difesa, ad esempio, e questo ha fatto in modo che molte fabbriche di armi fossero riconvertite a fare cose più utili. Chi era inizialmente diffidente ha iniziato a informarsi di più, a tenere d’occhio le scelte che i politici che aveva votato facevano in suo nome, e questo ha migliorato enormemente la classe politica.

Ed ora l’Europa è il paese più bello del mondo.

E l’Italia il suo bellissimo giardino.

Eravamo così orgogliosi di essere europei, furono anni di grande intensità emotiva e riscoprimmo di essere un grande popolo, fortunato….perché vivevamo nel paese più bello del mondo !>

< Grazie Nonno… domani me la ripeti ?

È una storia così bella !!!!! 🇮🇹>

Fate diventare vostra questa storia e NON pubblicatela, perché pochi la capiranno, ma, se siete tra quelli che la capiscono, lavorate nel vostro piccolo per realizzarla 🙏❤🇮🇹

Omelia di domenica 29 marzo 2020

Stavo leggendo quella di Padre Antonio Menegon (ma perché usa FaceBook ?) e, siccome mi ha lasciato un po’ perplesso, ho pensato di scrivere alcune considerazioni. Una mia omelia diciamo. Capitasse mai che qualcuno voglia leggerla …

Le letture

Le letture di domani parlano di miracoli. Parlano di vita e di morte dice Antonio. Secondo me parlano più di promesse, di aspettative.

La prima lettura di domani è tratta dal libro di Ezechiele (non il lupo, credo). Ed è una promessa fatta agli israeliti di farli uscire dai sepolcri e di condurli alla terra promessa. La seconda, bruttissima come quasi tutto quello che ha scritto Paolo di Tarso, è dalla lettera ai Romani, e parla, come al solito, di peccati, di dominio della carne etc.

Più interessante, e ricco di spunti su cui riflettere, è il brano, tratto dal vangelo di Giovanni, che parla della resurrezione di Lazzaro.

Gesù e i miracoli

Me l’ha inviato Vic dopo aver letto il post. Molto azzeccato !

Quello che più mi mette in crisi nella mia personale ricerca spirituale è l’aspetto miracolistico (i super poteri) dei racconti della vicenda umana di Gesù di Nazareth.

Ne avevo già scritto parlando del Vangelo di Marco. Mi piace pensare a Gesù come ad un guaritore molto bravo, magari ben oltre l’ordinario, ma senza aspetti soprannaturali. Mi piace pensare a quelli che sono passati alla storia come interventi diretti di Dio, che stravolgono le leggi naturali, più come fatti non ancora spiegabili con le conoscenze di allora, e magari neanche con quelle di adesso, ma sempre molto umani e terreni. Come eventi che forse un giorno capiremo e saremo in grado di replicare.

Volendo guardare le cose da questo punto di vista, racconti come quello della resurrezione di Lazzaro lasciano perplessi, perché sarebbero molto difficilmente spiegabili. Potremmo ricorrere alla scappatoia della distanza che ci separa dall’epoca in cui avvengono i fatti narrati. Ai possibili rimaneggiamenti di un racconto orale giunto a noi attraverso l’opera di una organizzazione che ha avuto tutto l’interesse a sostenere la tesi dell’intervento divino. Ma preferisco qui fare un altro tipo di considerazioni.

Un Dio enigmista

Qualsiasi cosa sia successa duemila anni fa non ci è dato di conoscerla per certo. Che istintivamente pendiamo verso una spiegazione o l’altra, ogni dubbio rimane lecito. Io tendo a non crederci, ma non ho elementi per escludere che le cose siano andate davvero come racconta il vangelo, e, direi, nessun credente può garantire che sia andata, invece, come descritto. Quindi qual’è l’unica cosa su cui ci possiamo trovare d’accordo? Parto dall’ipotesi che un Dio esista e ci voglia parlare, se escludiamo anche questo, il discorso diventa un altro, e altra la sede per affrontarlo. Se crediamo che Dio ci sia, quello che diventa importante è il significato che questo e altri racconti simili possono avere per noi.

Ora, se Dio fossi io (ma in parte lo sono, ricordate? sono fatto a sua immagine e somiglianza) e volessi far capire a qualcuno che l’ho infilato in un mondo con determinate leggi fisiche, ma mi riservo il diritto di cambiarle quando voglio, lo farei continuamente. Metterei, che so, dei neon la notte in cielo, con scritto “quelli che voglio li faccio risorgere”, e ogni tanto ne farei davvero risorgere qualcuno, tipo un gratta e vinci, metti. Ogni tot che muoiono uno risorge, e gli angeli in cielo intonano “Uno su mille ce la fa”.

Ok, lo so, molto blasfemo, ma avete capito il concetto. Il fatto stesso che non sia tutto così lampante implica, anche per un credente, che Dio stesso qualche dubbio vuole che ce l’abbiamo.

L’unico miracolo che merita

Vado oltre.

Penso che quelli narrati nei Vangeli siano miracolicchi. Sì, anche la resurrezione di Lazzaro. In fondo sarà poi ri-morto pochi anni dopo, non è comunque più tra noi. Cosa resta allora se non un simbolo, un significato da scoprire, un racconto.

Secondo me questi miracolicchi rischiano di farci perdere di vista un miracolo ben più grande, che, questo sì, è certamente opera di Dio, ed è sotto i nostri occhi continuamente, molto meglio dei neon la notte. È la vita stessa.

Siamo immersi in un mondo magico. Magico nel senso che non riusciamo a spiegarlo, comprenderlo. Ogni cosa che guardiamo non può che essere fonte di meraviglia. La complessità e bellezza del mondo che possiamo assaporare tutti i giorni, la nostra razionalità, la nostra scienza, non riescono a spiegarla. Continuiamo a scavare, continuiamo a scoprire gemme, ma non riusciremo a spiegare il mondo. Non riusciremo a descrivere un insieme che contiene noi stessi (forse lo diceva già Gödel). A mio modesto parere non troveremo mai una teoria unificante, non ci sarà mai un novello Archimede che potrà dire: “Datemi questi ingredienti e il mondo non lo sollevo semplicemente, lo creo”.

Mi immagino il lavoro degli scienziati come quello di qualcuno che ingrandisce sezioni di un insieme di Mandelbrot, per ritrovare, ad ogni passo, nuovi infiniti da scoprire, senza rendersi conto che è proprio questo ripetersi infinito di infiniti la cosa su cui merita porre attenzione.

Oltre la rassegnazione, e Don Bosco

Padre Antonio, nella sua omelia, parla di questa pietra tombale che Gesù fa rimuovere, come metafora dell’atteggiamento di rassegnazione da cui spesso ci lasciamo seppellire davanti alle difficoltà. Bello.

Mi è venuto in mente in mente, visto che siamo in tempi (e anche Antonio ne parla) di epidemia, quell’episodio della vita di Don Bosco durante il colera del 1854. Sono andato a cercare il racconto, lo trovate qui, nel caso. E’ bello da leggere, molto attuale, di questi tempi. Una narrazione della Torino ottocentesca, ma la Torino dei poveri, dei diseredati. Mi è venuto in mente perché vi si parla di un altro miracolo. Don Bosco, dopo aver preso “per non tentare Dio” precauzioni molto umane, come imporre maggiore igiene personale e sanificazione di locali e vestiti, chiede ai suoi ragazzi di impegnarsi nell’assistenza ai malati, offrendo l’intervento divino come protezione. Pare non si sia ammalato nessuno di questi volontari.

Mi ha fatto pensare ai nostri medici e infermieri, in questi giorni, e a quanto l’atteggiamento mentale possa incidere nel difenderci dalle malattie.

Forse in questa terra promessa di cui parla la prima lettura ci siamo già, basta rendercene conto.

Ancora sui miracoli

Ma torniamo al discorso miracoli. Sopra ho implicitamente accennato al miracolo della fisica, la nostra possibilità di comprendere i meccanismi della materia, o del cosmo.

Se credete che un giorno riusciremo a padroneggiare quei misteri provate a pensare alla biologia, alla comprensione di cos’è la vita. Alla complessità delle cellule, degli organismi.

E se non vi basta pensate alla psiche umana, all’infinito celato dentro le nostre menti, e, ancora, pensate alla complessità dei rapporti sociali, alle organizzazioni degli uomini, al nostro lento diventare alveare, all’egoismo che diventa coscienza di essere cellule di un apparato più grande, pensate alla storia, ai milioni di anni che hanno lasciato tracce infinite da scoprire.

Pensate alla cultura, all’arte, alla tecnologia, al fatto che ogni giorno creiamo più tesori da conoscere (più libri, più musica, più innovazione tecnologica) di quanto una singola mente umana potrà essere in gradi di digerire in tutta la vita, anche se si concentra su un settore estremamente specifico.

Questo è il grande miracolo che abbiamo intorno.

Poi, vabbè, qualcuno sarà anche risorto duemila anni fa. Ma sarebbe davvero il meno.

Mezze maniche Ultra Yang

Questo è l'aspetto del sugo quando spegnete la fiamma.
Questo è l’aspetto del sugo quando spegnete la fiamma.

Questa quarantena ci sta trasformando tutti in grandi chef.

Registro questa ricetta, buonissima, anche per ricordarmela, perché oggi è venuta proprio bene. Familiari entusiasti.

Premetto che è una ricetta per gente coraggiosa. Non bisogna aver paura di carbonizzare gli ingredienti (ci si va molto vicino) e non bisogna aver paura del potenziale cancerogeno della Reazione di Maillard, tanto moriremo per colpa di un virus zoonotico, non di cancro. Fidatevi.

Componenti (3 persone)

  • 3 cipolle medie
  • 4 pomodorini
  • 50 cc di salsa di soia
  • 50 cc di aceto balsamico
  • 200 di vino rosso
  • 260g di mezze maniche
  • sale, pepe
  • parmigiano
  • olio evo

Le dimensioni dei pomodori variano molto, la regola a naso che uso è che la massa dei pomodori deve essere uguale o leggermente inferiore a quella delle cipolle.

Algoritmo

Tagliare a fettine le cipolle e farle appassire in una padella antiaderente. La padella dovrà essere di dimensioni sufficienti a contenere anche la pasta.

Quando le cipolle sono appassite, prima che inizino a bruciare disintegrarci sopra, con le mani, i pomodorini. Succo, pelle e polpa.

A fiamma vivace, mescolando continuamente, bisogna far evaporare il più possibile l’acqua dei pomodori. Passeranno inizialmente allo uno stato “che è ‘sta schifezza”, quella poltiglia rosata acquosa che non mangereste neanche sotto tortura. Avendo la costanza di insistere, a questo punto, succede che l’acqua abbandona lentamente la poltiglia, mentre questa tende ad attaccare anche se la padella è antiaderente. Ci vuole attenzione e un cucchiaio o una spatola di legno, per staccare continuamente dalla padella questi tentativi di carbonizzazione. Richiede impegno e costanza. Quando vedete che state perdendo la partita abbassate un po’ la fiamma, ma non troppo. Ci si accorge che sta andando meglio quando le cipolle cominciano a perdere la patina acquosa sulla superficie. Ad un certo punto il tutto comincia a sprigionare un odore commestibile, lasciatevi guidare dall’olfatto e non smettete prima che questo succeda. Più insistete, più sarà buono il risultato, ma fate attenzione a non bruciare tutto.

Arrivati al limite della vostra costanza/temerarietà bloccate la cottura innaffiando il tutto con la salsa di soia. La padella sarà molto calda, per cui evaporerà in un attimo. Aspettate che sfumi tutta la soia e quindi annaffiate con l’aceto. Ho scritto 50g sopra, ma la quantità è quella sufficiente ad evaporare in una trentina di secondi. A questo punto, fiamma bassa, e potete aggiungere sale e pepe. Buttateci sopra un bicchiere abbondante di vino e, mescolando ogni tanto lasciatelo asciugare. Bisogna portarlo alla consistenza da sugo. Niente roba che galleggia, ma neanche grumi asciutti.

Spegnete la fiamma e lasciatelo riposare.

Ora potete mettere a scaldare l’acqua, quando bolle la salate, ci buttate le mezze maniche e le cuocete abbastanza al dente. Le scolate e le buttate nella padella col sugo.

Riaccendete una bella fiamma vivace, e anche ora non abbiate fretta: mescolate lentamente in modo che la pasta si colori bene e bruciacchi anche un po’.

Quando quelli a tavola scalpitano potete servire, avendo cura di aggiungere sui piatti, dopo la pasta, una bella spruzzata di un buon olio d’oliva extra vergine crudo e una grattata di parmigiano.

Garantito, è veramente buona.

Cellule, virus e torte

La torta di Ester

Ieri ho fatto la torta all’arancia con la ricetta di Ester. Molto buona, per essere il mio primo tentativo dolciario. Ho avuto alcune difficoltà. Anzitutto non avevo una teglia da 24cm, ma sfoggiando le conoscenze acquisite con profitto alle elementari sono riuscito a calcolare che l’area di un cerchio di 24 cm di diametro è 12x12x3,14, circa 452, grosso modo equivalente ai 468 della teglia 18×26 che avevo. Poi c’è stato il problema della quantità di lievito: sulla bustina (procurata da Laura via borsa nera in cambio di fetta di torta, che al negozio non se ne trovava) c’è scritto che è la dose per 500g di farina, visto che la ricetta prevede 200g ne ho messo la metà. Via chat Ester mi ha poi detto che lei la mette intera, ma ormai avevo fatto. Comunque è lievitata lo stesso. Mi chiedo se gli altri ingredienti contino nel calcolo, immagino debbano disturbare la lievitazione, non so.

Poi c’è stato il problema di farla uscire dalla teglia per farcirla. Mi hanno informato dopo che avrei dovuto usare la carta forno. Mi sono invece ingegnato con una leccarda di silicone, che se la infilzi di lato si piega lungo il fondo e funziona benissimo. Vi capitasse, sapetelo.

Comunque è finita in un attimo, uno di questi giorni la rifaccio, tanto ho ancora mezza bustina di lievito.

Biologia molecolare della cellula

Ho iniziato a ritagliare frammenti di tempo, ogni giorno per leggere questo testo di Bruce Albers e altri. In effetti ne avevo già letto metà, tempo fa, in inglese. In questi giorni, riordinando, mi sono trovato tra le mani la versione in italiano (l’aveva usata Edo nei suoi primi anni di università, ci sono anche tutte le sue annotazioni), e mi son detto: “perché no”. Bello studiare sugli appunti di tuo figlio.

Il funzionamento di una cellula è veramente affascinante. Tra l’altro, rileggendolo, sto cogliendo cose che non avevo colto nella prima lettura, forse il mio inglese non è poi ‘sto granché. Ad esempio mi ha colpito che le cellule degli eucarioti (gli organismi complessi, come animali e piante) sono la progenie di cellule predatrici. Gli antenati delle nostre cellule andavano a caccia di altre e le inglobavano, finendo, ad un certo punto per assoggettarle in una simbiosi che ha tutta l’aria di una dittatura illuminata. Nelle nostre cellule abbiamo i mitocondri che sono di fatto altre cellule che sanno trasformare gli zuccheri in energia (i vegetali hanno anche i cloroplasti che compiono trasformazioni chimiche usando l’energia solare). Li abbiamo inglobati per usare questa loro capacità, per contro il governo centrale della cellula grande assolve per loro conto funzioni di carattere generale/logistico, come procurarsi il nutrimento.

Bello vedere come anche a livello microscopico la vita riesce a trasformare l’egoismo in collaborazione.

Lievito

Lieviti e funghi sono un’altra categoria di organismi complessi, che però sfrutta nicchie ecologiche per sopravvivere. Anziché dotarsi della complessità di apparati interni per procurarsi da mangiare usano gli scarti degli altri. Mi ha colpito che digeriscono il cibo all’esterno della cellula, modificano il microambiente che li circonda e lo usano.

Il lievito oggi al negozio ce l’avevano. Ho preso tre bustine di quello da dolci (6 torte) e una grossa di lievito per cose salate, proverò a fare del pane o delle pizze.

In coda, fuori dal negozio, c’era diversa gente. Tutti mascherati. Io conosco pochissima gente del paese, e già normalmente (anche la miopia non aiuta) quando incrocio qualcuno mi chiedo se lo conosco, e, in genere, non ho la risposta finché non sono a pochi metri e capisco dalla sua mimica facciale che tipo di saluto si aspetti. Ora che girano tutti col viso e la voce camuffati da questa varietà di cose che si mettono in faccia la cosa è ancora più complicata. Mi rincuora un po’ il fatto che, essendo anch’io camuffato, il mio imbarazzo si percepisce probabilmente di meno.

I giovani girano senza mascherina, In genere li trovi in giro che portano a spasso qualche cane. Ti guardano con compassione, forti, credo, della coscienza che a loro questo virus non fa grandi danni. Sembra, spesso, che non si pongano il problema di poterne fare loro agli altri, ma forse hanno ragione: il futuro è loro, meglio un virus con questa caratteristica che il contrario.

Virus

I virus sono ancora più affascinanti delle cellule. Come i funghi e i predatori possono vivere solo grazie all’esistenza di altre forme di vita, ma sono riusciti a ridurre al minimo la loro complessità. Hanno giusto l’essenziale per riprodursi, e lo fanno con un’efficienza impressionante, a spese di qualche tipo di organismo a cui si adattano perfettamente.

In fondo ci aiutano a tenere sotto controllo l’eccessivo proliferare della popolazione. Un virus che aggredisce gli anziani è una benedizione per le casse dell’INPS, se dovessi cercare un komplotto indagherei da quelle parti, non da quelle dei servizi segreti.

Borelli e Bertolaso si sono ammalati. Zingaretti si era ammalato prima, quindi non vanno in ordine alfabetico.

A forza di lavarmi le mani ogni minuto con un sapone antibatterico (ammazzerà anche i virus ?) mi si sono rovinate le mani, e ho cominciato anche ad usare una crema per le mani, sensazione schifosissima.

Adesso tutti sembrano d’accordo che i numeri che girano sui contagiati siano inutili, ma ancora nessuno decide di fare un tracciamento serio. C’è ancora molta gente che si preoccupa della privacy. Io trovo preoccupante che ci siano loro. Ho visto che la Germania sta andando molto bene nel contenere l’epidemia. Il nord Europa in generale sta andando bene, ma loro tracciano il più possibile.

Mi sembra che queste situazioni di emergenza mettano bene in luce il fatto che i governi debbano essere in grado di dosare in modo dinamico il bilanciamento tra libertà individuale ed efficienza. Ci servirebbe un cursore, da spostare verso “stato” quando sono richieste velocità di decisione e autorità e rispostare verso “individuo” in tempi più normali. Non è facile.

Iedere nacht

Vuol dire “Ogni notte” in olandese. È il titolo di un canto di Taizè molto bello che hanno cantato i monaci alla preghiera di poco fa.

Iedere nacht verlang ik naar u, O God,

Ik hunker naar u met heel mijn ziel.

“Ogni notte ti desidero o Dio, Ti bramo con tutta la mia anima.”

E loro, i monaci, ogni notte ripetono questo rito. Semplice. Inizia con un versetto del vangelo letto in diverse lingue, qualche canto, dieci minuti di silenzio e qualche altro canto.

Bello soprattutto il silenzio. 6 monaci e 3000 persone in silenzio nelle loro case, in giro per il mondo. Belli i commenti in tutte le lingue. “Hello from New Jersey”, o “from London”, o “from Sweden”. Commenti in lingue che non riesco a capire o di cui intuisco appena il significato. Molti dall’Italia, che pregano per le vittime dell’epidemia, perché finisca presto.

Ho messo un mi piace al commento di una francese che chiedeva di pregare per Albert Uderzo che è morto oggi. Bello ricordarsi, onorare gli uomini grandi. Mi è piaciuto tra l’altro oggi vedere il video di Makkox che disegnava Asterix, così, semplicemente.

E intanto i morti aumentano. Ci vorrebbe un druido con una pozione magica.

La cosa che mi stupisce di più, in questi tempi di comunicazione rapida tra persone da un capo all’altro del mondo, è la lentezza con cui i vari paesi riescono a fare tesoro delle esperienze degli altri. Noi avremmo avuto un mese e più per prepararci e non abbiamo capito, gli altri ancora peggio. Quando tireremo le fila, alla fine, dovremo riflettere molto su questo.

E mi stupisce anche il fatto che non percorriamo la strada delle Corea del Sud, che ha dimostrato di funzionare. Ho visto che la Gabanelli ha ripreso l’idea nel suo Data room, mi è sembrata molto convincente, eppure nessuno sembra volerlo fare. Tutti preoccupati non so di che. Cosa ci sarebbe di più importante ora che fermare questo disastro?

Mi stupisce Conte che parla su Facebook e non in parlamento. Mi stupisce Borelli che ogni giorno ci elargisce numeri ad-cazzum, ammettendo anche che lo sono (“saranno almeno 5 volte di più”).

Mi stupisce che sia sparito il lievito dai negozi. Il lievito e la farina. Se volessimo scegliere un indicatore di quanta paura ha la gente non potremmo trovarne uno migliore. Mi stupisce che i corrieri non consegnino e che ci siano code ai supermercati: se vuoi che la gente non si muova di casa non dovresti far succedere l’opposto ? Tra l’altro un corriere che ti suona al campanello con la mascherina e ti molla il pacco davanti al portone rischia molto meno di una cassiera al supermercato (non parliamo dei clienti).

Mi stupisce che ci indigniamo se la Germania non ci consegna le mascherine che abbiamo comprato e noi ci gongoliamo di avere bloccato i ventilatori che la Grecia ha comprato da una nostra fabbrica.

Mi stupisce vedere gente giovane che ha più paura di andare al lavoro oggi che di vedere chiudere la fabbrica in cui lavora domani.

Ma in fondo è normale stupirsi. Ci stupiamo perché nessuno di noi può vedere l’immagine globale. Quella forse possiamo costruirla tutti insieme, mettendo insieme i tasselli che ognuno vede.

Forse il virus ci sta aiutando a capirlo.