Smart Pray

Stamattina ho partecipato alla messa di Padre Antonio Menegon. Via Facebook. Mi ha invitato Antonio e io ho invitato, a mia volta, Umberto, Lorella e Top. Era tanto che non entravo in una chiesa, entrarci in questo modo è stato curioso, e anche bello. Bello anche scambiare un segno di pace con le faccette di Whatsapp, o mettendo dei “mi piace” sui commenti degli altri.

La reclusione da pandemia porta tutti a cercare nuovi modi, inevitabilmente informatici, per continuare a fare le cose di prima, o a riprendere a fare cose che si erano lasciate da parte. Ma, forse, questa del pregare, soprattuto del pregare insieme, assume di questi tempi una qualità particolare. Non è solo una continuazione, non è solo un ritrovarsi. C’è, in fondo, una domanda di fondo che facciamo a Dio, un perchè in più da approfondire, una richiesta di aiuto particolare.

Si sta diffondendo molto questo modo di pregare. Molte sono le parrocchie che organizzano messe in questo modo. Molti i gruppi di preghiera, i rosari. Oggi ho sentito un pezzo di un’altra omelia in cui il prete parlava del “Corano Virus”, lapsus freudiano.

Alla sera alle 8 si può persino partecipare alla Preghiera di Taizè, coi bellissimi canti dei monaci, ieri mi ci sono collegato, e credo ne farò un appuntamento costante nei prossimi giorni.

In fondo, in giro è tutto un chattare, un fare video party con i vari gruppi di amici. Stiamo scoprendo questa incredibile voglia, enfatizzata dall’isolamento, di sentirsi, vedersi, scambiarsi amenità, notizie, consigli, preoccupazioni. Mi chiedo se non siano tutte altrettante liturgie.

dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

Chissà, forse il suo nome può essere anche implicito.

Padre Antonio pubblica le sue omelie anche su Facebook. Alla fine questa partecipazione a distanza può diventare anche meglio, almeno per me, di quella reale. Mi dà modo di approfondire le cose con più calma.

Per esempio, in questa omelia ho notato una cosa su cui non sono troppo d’accordo. Dice ad un certo punto:

Il coronavirus, semmai, è una conseguenza del scellerato uso del pianeta e della natura da parte dell’uomo

Mi sembra un altro modo di dire che la malattia è il risultato di un nostro peccato. Un peccato di massa, o di una parte più avida dell’umanità, ma comunque un peccato degli uomini che Dio punisce. Insomma, sembra, con questo commento, smentire quello che ha detto poche righe sopra:

Oggi si sente dire in giro che questa epidemia è il castigo di Dio per i peccati dell’umanità. Questa è una bestemmia! Dio non castiga, non si vendica, Dio ama sempre e ama tutti!

Forse questa malattia dovrebbe farci capire che semplicemente non siamo i padroni di questo mondo. Siamo ospiti temporanei, e lo sono anche i virus. Anzi loro sono qui, abitavano quelle foreste, da milioni di anni prima che arrivassimo noi. Questo nostro incontro recente ha solo bisogno di un riassestamento, come quando ti trovi dei nuovi vicini di casa, o dei nuovi compagni di lavoro, e devi riprendere le misure, trovare un nuovo modo di convivere. Noi non possiamo fare del male al pianeta, si difende benissimo da solo, e lo sta facendo.

La coscienza ecologica è importante, perchè ci spinge a tenere pulito il nostro giardino, ad amarne i fiori. Non va trasformata in un nuovo senso di colpa. Il numero crescente di esseri umani sicuramente crea scompensi, ci mette di fronte a queste crisi, a chissà quante crisi future. Ci spingerà a cercare soluzioni, forse a controllare le nostre nascite, o a cercare nuovi mondi da popolare, o a stiparci in spazi più regolati, ma non possiamo usare anche questo pretesto per trovarci dei nemici. Io Dio me lo immagino come un padre che guarda i suoi bimbi un po’ discoli, che si azzuffano, che imparano, ma nessun padre dice a una parte dei suoi figli: “voi siete quelli che sbagliano, loro sono i migliori”.

L’omelia finisce così:

Forse questa epidemia ci costringe nell’isolamento e nel silenzio a riflettere sulla nostra vita, sulla verità delle nostre azioni, sul senso autentico da dare ai nostri giorni e alle nostre scelte

Bello. Aggiungerei che ci sta facendo anche trovare forme nuove di convivenza. Ci sta spingendo ad usare di più e meglio questo strumento meraviglioso che abbiamo creato. Internet. Ci aiuterà, forse, dopo un periodo buio, in cui molti di noi se ne andranno, a creare un mondo un tantino migliore.

Amen

Fede

K. Gibran

La fede è il senso del cuore, come la vista è il senso dell’occhio.

Forse sono un po’ infastidito proprio dalla parola Fede. La frase citata sopra, di K. Gibran, me la fa un po’ rivalutare. Il senso del cuore. Proprio bello. Ma credo che non venga intesa così dalle persone che si professano religiose. Credo che per loro non sia un senso del cuore, ma un parto del cervello. La fede, come è comunemente intesa è una decisione razionale. Provo ad indagare tra i miei ricordi, visto che ci sono passato. Direi che era uno scommettere su una cosa o un’altra. Pascal. Sarà vero quello che mi stanno raccontando o no ? E su che elementi baso questa decisione ? Persone che stimo ci credono. Migliaia di anni di storia, milioni di persone nel corso dei secoli. Elaborazioni infinite. Autorità, gerarchie, regni. D’altra parte milioni non ci hanno creduto. Eroi e martiri su entrambe le barricate. Santi ed eretici.

Anche gli eretici hanno avuto fede, sono morti per quello in cui credevano. Qual’è la differenza ? Che quelli che oggi detengono la versione ufficiale, quelli che hanno ereditato il simbolo del partito, hanno vinto. E quindi ti raccontano la storia dal loro punto di vista. Raccontano che la Chiesa è stata fondata direttamente da Dio, dire che quello era un uomo la sminuirebbe, traballerebbe tutto il castello. Per carità, tutto il rispetto per chi si sente di aderire a questo tipo di spiegazione. A me non dice più niente. Anzi, penso che faccia del male. Perchè lo confronto con la fede-senso-del-cuore. Probabilmente non ce l’hanno tutti questo senso. Anzi, credo decisamente in pochi. Forse è genetico: o lo senti o no. C’è chi non distingue il rosso dal verde, e c’è chi non sente il bisogno di chiedersi che ci facciamo qui. O gli viene facile accettare una spiegazione di comodo, il caso forse. Ma la storia di un Dio che in milioni di anni di storia, milioni di pianeti forse abitabili, abbia scelto un posto specifico nel tempo e nello spazio, un popolo di pastori, e in quell’ambito un uomo particolare. Abbia scelto di veicolare la storia di quell’uomo infiltrando organizzazioni terrene, come l’impero romano, creando infine uno stato, con una banca, e abbia stabilito che il capo di quello stato fosse il tramite diretto verso di lui … per favore ! Sembra la trama di qualche pessimo film su qualche dittatura sudamericana. La fede-senso-del-cuore, non può accettare queste cose. Brucia. Vuole capire. Capire col cuore, non col cervello. La razionalità qui non può avere il primato. Il cuore lo sente il Dio che parla. Qualche cuore, almeno: genetico.

Homecoming

Tempo fa ho letto un meraviglioso romanzo di Orson Scott Card (in effetti una serie di cinque romanzi, una saga). Si chiama Homecoming. Purtroppo sembra sia stato tradotto in italiano solo il primo libro. Parla di un pianeta, Harmony, popolato da gente fuggita dalla Terra per evitare qualche catastrofe incombente. Gente con tecnologie molto avanzate. Arrivati sul pianeta decidono che il problema più grosso dell’umanità, quello che ha provocato la distruzione del pianeta nativo, è l’incapacità di coniugare il progresso tecnologico con l’armonia tra i popoli. L’istinto di prevalere, la guerra, unita a capacità di distruzione oltre misura condannano l’umanità all’estinzione. Per ovviare a questo rischio pianificano un esperimento sociale: manipolano geneticamente i loro discendenti in modo che le loro decisioni e l’acquisizione stessa di conoscenze sia sottomessa all’approvazione di un computer.

L’Oversoul, questo è il nome che viene dato dai loro discendenti al computer, controlla tutti i cervelli umani del pianeta. Raggiunge queste antenne biologiche nella corteccia cerebrale di ognuno attraverso una rete di satelliti che circonda il pianeta. Per gli umani, per la percezione che ne hanno, l’Oversoul è Dio, con tanto di ordini religiosi da cui viene venerato,e riti e credenze varie. La missione dell’Oversoul è di impedire all’uomo di sviluppare qualsiasi cosa possa servire a scatenare guerre su scala geograficamente ampia. L’uomo non può inventare/costruire armi, ma neanche mezzi di trasporto di massa, perchè permetterebbero a truppe di un paese di assalirne un altro. In compenso il mondo è avanzatissimo, esistono i computer e le università dialogano attraverso una rete. Questo stato di cose deve durare fino a che l’uomo non sviluppi la capacità di evitare la violenza, di scegliere il dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La narrazione della vicenda si svolge 40 milioni di anni dopo. L’uomo è ancora come prima, Scott Card è molto pessimista. L’Oversoul dovrebbe continuare il suo compito, ma non può più. I coloni originari non pensavano ci potesse volere tutto questo tempo. I satelliti cominciano a rompersi o a cadere, gli organismi umani evolvono geneticamente sviluppando individui sempre più sordi a questa ingerenza dell’Oversoul. Il computer elabora un piano per uscire dalla situazione. Nel corso di diverse generazioni manovra le persone in cui queste antenne biologiche sono più sensibili, in modo che si incontrino e generino figli sempre più capaci di comunicare con questa macchina-Dio. Tutto questo si scopre tardi nel romanzo. La storia viene raccontata con gli occhi dei protagonisti, che sono l’apice di questa selezione genetica. Nafai, il personaggio principale, può dialogare direttamente con l’Oversoul. Io trovo che questa fantareligione costruita da Scott Card sia un buon paradigma di quello che avviene in realtà. Non so se ci sia un Dio che direttamente seleziona la gente per amplificare queste antenne, non sono neanche sicuro che questa sensibilità per il trascendente costituisca un vantaggio evolutivo, ma mi piace pensarlo. Penso che qualcuno abbia queste antenne più sviluppate di altri, e chiami Fede una cosa diversa dalla scommessa di Pascal. Per queste persone il mondo spirituale è una cosa che si sperimenta, che ha a che fare con l’arte, con l’intuito. Insomma col cuore.

See

Un’altra bellissima parabola di questo concetto di fede come risultato della combinazione genetica, è una serie tv apparsa in questi giorni su Apple TV Plus, la piattaforma di streaming lanciata da Apple. La serie si chiama See.

La storia racconta di un virus che ha decimato l’umanità lasciando i pochi superstiti completamente ciechi. Tantissimi anni dopo esiste una civiltà di gente che ha completamente dimenticato il senso della vista. Qualche leggenda ne parla, ma nessuno riesce a immaginare cosa davvero potesse essere. Molti non ci credono. Chi ne parla viene bollato come eretico. Ci sono state evoluzioni genetiche che hanno portato alcuni individui ad amplificare la portata degli altri sensi. Persone con udito finissimo o un olfatto particolarmente sensibile vengono usate nelle guerre per sentire l’avvicinarsi di eserciti nemici. Qualcuno è in grado di percepire a distanza sentimenti come l’odio. Quasi tutti sono in grado di muoversi agevolmente anche in ambienti non conosciuti, sanno percepire un burrone sul loro tragitto. Quasi tutti riescono a capire se un interlocutore mente.

In questo mondo nasce per caso un uomo che ci vede. Dà vita a due bambini anche loro in grado di vedere. E devono nascondersi dal resto del mondo che ne ha paura, perchè non capisce cosa possa essere questo vedere.

Credere

Penso che, almeno in parte, queste due storie non colgano esattamente il punto. La fede, questo senso-del-tutto di cui qualcuno è più dotato di altri, non rappresenta un vantaggio evolutivo individuale, almeno non così diretto. I protagonisti vedenti di See possono usare armi come l’arco e le freccie che sono preclusi agli altri, i protagonisti di Homecoming ricevono direttamente dall’Oversoul indicazioni che li proteggono dai pericoli e li guidano nel raggiungimento della loro missione. É bello pensare che vantaggi simili siano in qualche modo offerti anche ai credenti, ma il punto principale non è questo. La fede non serve a diventare superman.

Mi piace pensare che il vantaggio evolutivo ci sia, ma sia di gruppo. Una società ricca di individui che regolano le loro scelte tenendo conto di una visione più ampia è destinata a prosperare rispetto ad una in cui prevale una visione egocentrica.

La Chiesa e la sua crisi

Ultimamente la crisi della Chiesa è visibile a tutti. In genere, soprattutto dai cattolici, viene attribuita a fatti recenti, come la pedofilia, qualcuno la vede come risultato del non aver saputo adattarsi ai tempi moderni (sacerdozio femminile negato, celibato non più attuale/sostenibile). Probabilmente questi aspetti hanno contribuito all’accelerazione del fenomeno dell’abbandono di tanti fedeli, ma secondo me la questione ha radici più profonde e antiche.

La chiesa ha sempre avuto tante correnti, e tanti sono stati nel corso della sua linga storia i tentativi di rinnovamento, di riscoperta del valore fondante, ma bisogna dire che la chiesa main-stream ha da sempre avuto un carattere ben lontano da qualsiasi cosa chiunque possa capire del messaggio a cui la chiesa stessa si ispira leggendo un qualsiasi vangelo.

Gesù di Nazareth predicava la precarietà, la povertà nel senso di abbandono delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza (“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”, Matteo 6), di abbandono addirittura delle preoccupazioni legate alla diffusione del messaggio (pensate al discorso sui servi inutili in Luca 17, o al “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” in Matteo 10).

A fronte di questa preoccupazione la Chiesa si è sempre data un gran daffare per accumulare denari (per la propria sopravvivenza), ad accumulare potere (per diffondere il messaggio), ad accumulare pensieri, dogmi (perchè il messaggio trasmesso fosse solo quello delle gerarchie, perchè lo Spirito neanche si sognasse di parlare per bocca di qualcun altro). Insomma, se c’è una cosa che la Chiesa non ha mai avuto è stata la Fede.

La dottrina cristiana, in particolare quella cattolica (la riforma protestante ha avuto il merito di provare a scrollarsi di dosso alcune di queste incrostazioni) è un castello di insensatezze, partorite da anime cupe, spaventate dalla natura umana, in particolare dalla sessualità, e in genere tese a giustificare sè stesse e la struttura terrena e di potere temporale della Chiesa.

Il concetto base di questo castello di idee è il concetto di salvezza. Secondo la dottrina ufficiale l’uomo nasce dannato, per una colpa commessa dai suoi progenitori, e la persona di Gesù è il Dio mandato tra gli uomini a compiere un estremo sacrificio per togliere questa colpa, per salvarci da questa macchia originale. Perchè un Dio (che si suppone sano di mente e soprattutto buono) avrebbe dovuto architettare una cosa così strampalata non è dato di saperlo. Come questi concetti trovino radice nei pochi scritti che ci sono arrivati della predicazione di Gesù non è chiaro, come non è chiaro dove avrebbe detto ai suoi discepoli di fondare una Chiesa con struttura feudale. Se da un lato la famosa frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” è quanto meno una traduzione sbagliata (il termine greco tradotto come pietra è in effetti ciotolo, non roccia, il termine corretto avrebbe avuto tutt’altro senso) poco si concilia con tutto il resto della predicazione di Gesù (vedi ad esempio frasi come “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Matteo 23).

Non possiamo sorprenderci oggi che questo edificio di assurdità (in mancanza di un messaggio sensato lo si è sostituito con formule vuote ammantate di dogmatismo e imposte alla religiosità popolare con l’infallibilità della gerarchia) collassi. La cosa triste è che essendo stata percepita come l’emblema, il fulcro della religiosità rischia di portarsi dietro, in questo crollo, tutto quanto di bello c’è nel messaggio dei vangeli e nella spiritualità in generale.

Il Vangelo di Marco

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono, di chi penso non fu altri che un uomo, come Dio passato alla Storia.

Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccise tra le braccia di una croce.

(Si chiamava Gesù – Fabrizio De Andrè)

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Riprendo la chiacchierata sulla religione cristiana iniziata con la Trinità. Dicevo lì che mi piaceva l’idea di un Dio che volesse comunicare con l’uomo, e scegliesse di farlo attraverso due meccanismi che riflettono due dimensioni concentriche dell’uomo: la parola, la storia, il racconto, per parlare alla razionalità umana e lo spirito, l’intuizione, per parlare al nostro inconscio.

Vorrei ora cercare di indagare su quello che questo Dio sta cercando di dirci partendo dalla più ufficiale di queste comunicazioni: i Vangeli, l’annuncio della Buona Novella.

Cosa sono i Vangeli ? parlano alla nostra razionalità o al nostro inconscio ? Credo parlino a entrambi: sono razionalità in quanto racconti, in quanto documenti storici, sono intuizione perché li hanno scritti uomini inspirati, con un messaggio, una passione da comunicare.

Piccola premessa

Prima di iniziare vorrei esprimere chiaramente il mio punto di vista su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo in generale. Quello che farò, sarà cercare conferme a questa tesi, o comunque elementi che analizzerò con questi occhiali. Mi sembra giusto, quindi, esplicitarli.

Non credo che Gesù sia stato un Dio incarnato, non più di quanto lo possa essere ognuno di noi. Non credo abbia fatto miracoli, se non quelli nelle corde di un bravo guaritore, non credo sia risorto fisicamente. Credo sia risorto come presenza, ricordo, come qualsiasi persona cara continua a vivere in chi l’ha amato. Non credo abbia voluto creare una Chiesa e non credo abbia voluto istituire l’eucarestia se non come ricordo di lui.

Credo ad un disegno divino, mi piace pensare a Gesù come persona ispirata che ha voluto comunicarci la sua, preziosa, percezione di Dio.

E, d’altra parte, credo che tutto quello che succede faccia parte di questo disegno, compresa la Chiesa, con i suoi sbagli e i suoi ravvedimenti.

Marco

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

(Marco 50-52)

Probabilmente Marco era quel ragazzo, che da giovane ha partecipato ad un evento straordinario. Uno straordinario momento di terrore. Non ci sarebbe stato altro motivo per inserire il particolare della presenza alla crocifissione di questo ragazzino, se non il desiderio di firmare il suo lavoro, di dire “io ero lì”.

Questo vangelo pare sia stato scritto dopo il 70 d.c., più di quarant’anni dopo i fatti che racconta, o forse dopo ancora. È il vangelo più antico, in parte gli altri due vangeli storici, quello di Matteo e Luca hanno copiato di qui.

Il Vangelo di Marco è lungo 22 pagine (pdf, traduzione CEI), si legge molto in fretta, e leggerlo è come maneggiare un antico vaso, frantumato e ricostruito mille volte, con inserti e materiali diversi.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

(Marco 20)

Quella sopra è la fine del racconto. Sembra dire che la Parola è centrale, ma, paradossalmente non si trova granché traccia del messaggio di Gesù nel racconto stesso. Sembra stato scritto con l’intento di inanellare alcuni fatti importanti, quasi un Bignami ad uso della comunità. È destinato a gente che sapeva già tutto, aveva solo bisogno di un manuale, un testo di riferimento, lo scheletro di un racconto che veniva fatto oralmente.

Lettura

Volevo provare a sintetizzare il racconto, ma è già talmente stringato e conciso che diventa difficile. Mi limito ad accennare ad alcuni aspetti che mi hanno colpito.

Gesù appare dal niente, l’unica notizia su di lui è che arriva da Nazareth. Il ritmo del racconto è molto concitato, succedono un sacco di cose già nella prima pagina.

Sembra che Gesù passi il tempo a nascondersi, a fuggire dalla folla che lo assedia continuamente per le sue abilità di guaritore. Sembra che lui però, consideri più importante guarire la gente dai mali interiori (Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati) che da quelli fisici, le guarigioni fisiche servono “affinché voi crediate”.

Ci sono molti passi assai poco comprensibili. Molte cose hanno un qualche senso col senno di poi, sembrano confermare la dottrina che maturerà in seguito la Chiesa, ma all’epoca non si spiegano. Aggiunte successive, probabilmente, come quando chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunano e lui risponde che finché lo sposo è presente si festeggia.

Quasi da subito i farisei (la Chiesa dell’epoca) cominciano ad accusarlo di nefandezze con la storia del sabato (perché raccoglievano spighe camminando) e il Nostro risponde che il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Curiosa espressione “figlio dell’uomo”. Alla terza pagina farisei e erodiani hanno già deciso di farlo morire. Da quelle parti erano tosti già allora.

A ritmo serrato Gesù si porta avanti col lavoro e dei tanti che lo seguivano ne scegli dodici (il salotto buono), è uno lo sbaglia, Marco crea la suspance da subito (“… e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.”).

Il racconto è infarcito di concetti dati per scontati, ma mai introdotti o spiegati. Si parla ad esempio di “bestemmie contro lo Spirito Santo”, ma cosa sia questo Spirito Santo non viene detto. Si parla di Satana, ma non ci viene detto chi è. È da notare che Satana è pochissimo presente nella Bibbia ebraica, dove non ha questo ruolo centrale di oppositore ufficiale di Dio. Solo nel nuovo testamento diventa protagonista.

Gesù si esprime in parabole, che è un bel modo di dire le cose. Racconta delle storie. Stranamente ci tiene a presentare la cosa come se fosse un linguaggio criptico, che può comprendere solo quello a cui viene spiegato. E infatti comincia a spiegare le parabole al suo salotto buono dopo averle dette a tutti. L’idea che mi son fatto è che Gesù presentasse davvero qualcosa di difficile da capire, talmente difficile che neanche i suoi discepoli, nonostante le spiegazioni, l’abbiano davvero compreso. A noi quindi è arrivato il meccanismo ma non il contenuto, rimpiazzato, quest’ultimo, da qualcosa di più banale, quello che i discepoli sono riusciti effettivamente a capire.

Comincia qui a parlare del Regno di Dio, che parte come piccolo seme e cresce, ma, a parte illustrarci il meccanismo di crescita non ci dice cos’è questo regno di Dio. Sembra comunque una cosa destinata a succedere in tempi brevi.

Episodi come quello dell’indemoniato lasciano perplessi. Il diavolo si fa chiamare Legione perché sono in molti lì dentro. Chiedono e ottengono, i demoni, di potersi insediare in una mandria di maiali lì vicino, e i maiali si buttano nel lago. Difficile dare un senso a questa cosa, salvo voler mostrare un Gesù che fa cose straordinarie (anche se poco sensate) e comanda su mondi oscuri. Di segno opposto, ma ugualmente incomprensibile è l’episodio della trasfigurazione.

Intanto gli apostoli cominciano ad andare in giro per conto loro, a predicare e guarire e tornano da Gesù a raccontare com’è andata. Arriva tanta gente, moltiplicano pani e pesci per sfamarla. I farisei fanno notare che non si lavano le mani prima di mangiare e Gesù fa loro notare che il loro rispetto delle regole è più formale che sostanziale. Alcune situazioni sembrano andare oltre le capacità degli apprendisti guaritori e Gesù spiega che «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Sia questa catalogazione dei demoni che la cura vengono lasciati sul vago.

A questo punto iniziano le beghe tra i discepoli su chi deve primeggiare, non sono ancora finite ora. Gesù prova a dire che il primo deve essere il servitore di tutti, ma deve essere una delle tante cose che non son state capite.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Altro passo strano: non viene spiegato questo scandalo in cosa consiste, ne come fanno una mano, un occhio, un piede a provocarlo. Però interessante questa menzione di un luogo di pena eterno e molto caldo. La Geènna era semplicemente una discarica vicino a Gerusalemme, paragona quindi l’inferno ad un immondezzaio.

L’intervista

  • Grazie di aver accettato.
  • Figurati, mi è sembrata una cosa interessante. Non capita spesso.
  • Parliamo di Marco. L’hai conosciuto ? L’ha scritto davvero lui questo testo ?
  • Era un ragazzino che seguiva il nostro gruppo. Non mi ricordo di lui, erano in tanti. È stato, come tanti, scioccato da tutto quello che è successo: il passaggio brusco da un momento di euforia alla tragedia. Stavamo costruendo un bel momento. Un modo di vivere diverso, che dava un senso alla vita, un posto in cui diventava più importante il senso dello stare insieme rispetto ai drammi, alle pulsioni dei singoli. Ma questo si è scontrato con quelli che di mestiere dicevano agli altri come si vive. Si sono sentiti defraudati del loro potere e ci hanno fermati.
  • Beh, non ci sono riusciti, in fondo.
  • Ci sono riusciti eccome. La Chiesa di oggi è una perfetta replica di quella di allora. Comunque, tornando al testo, l’ha inizialmente scritto lui, ed era giusto una serie di note che usavano nella comunità come traccia per raccontare quello che era successo. In pochi avevano davvero iniziato a capire di cosa parlavo, ma sentivano che c’era qualcosa di importante e avevano voglia di diffonderlo. Alla fine il racconto si è impregnato di quello che via via hanno creduto di capire.
  • Quindi è da buttar via ?
  • Niente è da buttar via. Riflette comunque la storia di un pensiero, tutto sommato pieno di buone intenzioni. Certo, di quello che ho provato a insegnare c’è rimasto poco.
  • Facevi davvero miracoli ?
  • Guarivo la gente, ai tempi i dottori non erano granché bravi.
  • Ma i modi in cui li guarivi sono oggi incomprensibili alla scienza.
  • La medicina di oggi ha esplorato alcune strade, impensabili allora, ma ne ha accantonate altre, che pure erano promettenti. Credo che, per paura dei ciarlatani, abbia buttato un po’ il bambino con l’acqua sporca. L’essere umano ha capacità immense di autoguarigione, capacità che la medicina, finora, non ha analizzato granché. E ci sono anche potenzialità per una persona di guarirne un’altra. Non siamo organismi singoli, neanche fisicamente, siamo un tessuto. Ci influenziamo l’un l’altro. Non noti mai che vicino a certe persone “stai bene”? Questa capacità di guarirsi e di guarire può essere incrementata, la meditazione è un elemento fondamentale, ad esempio, come lo star bene insieme, anche a fare festa.
  • Ma tu queste cose dove le hai imparate ?
  • Ho viaggiato parecchio, soprattutto verso est. Da quelle parti avevano già fatto molta strada in questo senso. E c’erano gruppi dalle mie parti che approfondivano quel tipo di cultura.
  • Gli Esseni ?
  • Anche. Non sono mai stato parte di nessun gruppo, è un ambito in cui il progresso è sempre molto individuale, ma li frequentavo, sì.
  • Sei davvero risorto ?
  • Direi di sì, visto che sto parlando con te …
  • No, voglio dire fisicamente
  • Quale delle due cose pensi sia più importante ?
  • Mmm. Perché pensi che la Chiesa abbia insistito così tanto su questo punto ?
  • La morte fa molta paura se ti identifichi completamente con la tua individualità. Non tanto quella fisica, anche quella mentale, le tue percezioni. Noi non vediamo le percezioni, i pensieri, degli altri. Vediamo la loro fisicità e deduciamo i loro pensieri basandoci sulle espressioni dei loro corpi. Quando i corpi cessano di muoversi e si disgregano non sappiamo più cosa dedurre rispetto ai pensieri. Stiamo solo guardando dalla parte sbagliata. Di fatto siamo circondati da resurrezione da tutte le parti. I semi che marciscono e fanno rinascere le piante, gli animali e gli uomini che fanno figli, le idee che si mescolano e ne fanno nascere di nuove.
  • E quest’idea di Dio Padre come ti è venuta ?
  • Se inizi a percepire il mondo come una cosa bella, ricca. Se cominci a cogliere il tessuto di cui parlavo prima, le relazioni tra le persone, tra le cose, questa magia che respiriamo, non puoi né pensare che venga fuori dal nulla, né che non abbia un fine buono. Il minimo che possiamo pensare di questo assoluto è che abbia un senso.
  • Hai visto Matrix ? E’ un altro tipo di spiegazione
  • Sì, è quella di Kant, per altro. Ma non nega la mia, se ci pensi. Da una parte le macchine sono state create da qualcuno, quindi, indirettamente, torniamo al concetto di Creatore, e poi il fatto di vivere in un mondo illusorio è esattamente il centro della mia predicazione: smettere di percepirsi come individualità e accorgersi di quanto invece siamo parte di un organismo è la vera pillola rossa.
  • Bene. Grazie della chiacchierata. Posso invitarti a proseguirla con i prossimi vangeli? Ci sono tanti altri aspetti che vorrei affrontare.
  • Molto volentieri.

Piccoli Schrödinger crescono: il credente e l’Option<T>

È che volevo scrivere di linguaggi di programmazione, stavo raccogliendo materiale mentale per il prossimo post di quella serie, ma è anche Pasqua … insomma, mi si sono incasinati i concetti e ne è venuta fuori una cosa tecno religiosa.

Dallo spaghetti like programming all’Option<T>

Stavo riflettendo su questo Option<T>. È una piccola perla apparsa in linguaggi di programmazione piuttosto recenti 1. E’ un modo di gestire l’incertezza. Giusto un esempio, per capirsi. Supponete di dover scrivere un programma che regola un termostato, quello che deve fare è semplice: leggere la temperatura da un sensore, confrontarla con la temperatura impostata dall’utente e accendere o spegnere la caldaia in funzione del risultato del confronto. Ma nel mondo reale niente va come previsto: il sensore di temperatura potrebbe essere difettoso, ad esempio, o rotto o non esserci proprio, e il nostro povero programma il valore della temperatura potrebbe non riceverlo. È necessario quindi un controllo e questo controllo porta a diramazioni. In pratica ad ogni passo il programma dovrebbe chiedersi se tutto sta andando come previsto e, eventualmente, prendere direzioni diverse. In breve diventa illeggibile per i troppi rami di cui tenere conto.

Così nasce l’Option<T>. Si tratta semplicemente di una scatola che può contenere un valore oppure no. Ma questa scatola può essere usata per fare operazioni. Ad esempio posso prendere la scatola “Option<temperatura>”, che contiene il valore del sensore oppure no, e confrontarla con un 20 gradi e produrre la scatola “Option<accendi-o-spegni-la-caldaia>” e quest’ultima può essere vuota o contenere l’azione da fare. Alla fine posso aprire la scatola e se è piena eseguire l’azione. Se è vuota dico “pazienza” e magari segnalo la cosa a qualcuno.

Insomma l’informatica impara a lavorare con l’incertezza.

Io credo che sarebbe sano applicare un principio analogo all’esistenza di Dio.

Non c’è nessun modo, per un essere umano, di stabilire con certezza né che Dio esista né che non esista. È una scatola chiusa, che non apriremo noi. Forzarne l’apertura, e pronunciarsi sul suo contenuto, si chiama fanatismo. Possiamo decidere che sia piena o che sia vuota, ma in ogni caso stiamo facendo una scemenza: non era in nostro potere pronunciarci. Aprire la scatola è cercare la rissa, è cercare un gruppo di cui sentirsi parte o qualcuno di parte opposta da combattere.

Il punto è che siamo tutti pazzi

Ci presentiamo all’esterno come un’unica persona, anzi, come una personalità, un’astrazione di persona, quasi definita a tavolino, ma all’interno siamo vulcani in piena attività, arene su cui decine di pulsioni, esigenze, abitudini, paure, dipendenze, lottano per prendere il sopravvento e prendere la decisione del momento presente. Ma la nostra vita sociale non sarebbe possibile se ognuno di noi non proiettasse all’esterno una facciata coerente, stabile, affidabile. Abbiamo bisogno di catalogare gli altri, ridurli a concetti gestibili, e perché sia possibile gli altri devono presentarsi a noi (e di conseguenza noi a loro) con un avatar prevedibile, affidabile, coerente.

L’ipocrisia, come il pettegolezzo, non sono difetti in sé, hanno una precisa funzione nella costruzione della società, ma è importante mettere a fuoco questa loro funzione e non esserne vittime noi stessi. Invece spesso cadiamo nell’equivoco di credere di essere davvero questa finzione che costruiamo ad uso sociale: no, noi siamo altro, ben più complessi e imprevedibili di quello che vogliamo far credere.

La scatola del dubbio

Il problema, riguardo alle nostre convinzioni più profonde e’ che vogliamo inserirle in questo profilo pubblico, quello con cui ci presentiamo agli altri: vogliamo dire “io sono cristiano”, “io sono buddista”, “io sono ateo” per poter far parte di quel particolare gruppo: fingiamo di conoscere il contenuto della scatola, ma di fatto, razionalmente, nessuno può farlo.

Potremmo fare tutto quello che facciamo o non facciamo, potremmo fare del bene o fare del male, impegnare il nostro tempo approfondendo temi filosofici e religiosi o ubriacarci alla follia conservando la nostra sana dose di dubbio.

L’essenza del fatto religioso appartiene al vulcano, al tumulto interiore che processa senza sosta emozioni e ogni tanto fa affiorare alla coscienza l’aver notato qualche “coincidenza” importante, qualche eco di un assoluto che ci parla, la filigrana di un disegno di cui, per un attimo ci sentiamo parte. E tutto questo avviene all’interno della scatola del dubbio, non abbiamo bisogno di aprirla.

Secondo me fingere di conoscere il contenuto della scatola Option<Dio> e’ follia non solo per i Gentili, come diceva Paolo di Tarso, ma anche per i credenti.

Buona Pasqua.

(P.S. Il roveto ardente della foto è solo quello su cui ho appena grigliato le costine.)

  1. Ce l’hanno, ad esempio, Scala e Rust, in Swift si chiama Optional, ma e’ la stessa cosa.

La Santissima Trinità

Amor mio, amor mio

Per amico c’è rimasto solo Dio

Ma lui lo sa

E sorride

Lui ci guarda e sorride

(Amor mio – Mina, Battisti, Mogol)

Mi ero ripromesso di scrivere più che altro di temi religiosi o spirituali in questo blog e non l’ho ancora fatto, se non prendendola un po’ alla lontana. E’ ora di cominciare.

In questo post vorrei parlare di un aspetto particolare della religione cristiana, quello della Santissima Trinità, ma merita fare una piccola premessa per far capire con che tipo di atteggiamento mi avvicino al discorso.

Da quando, tanti anni fa, ho sentito parlare per la prima volta della visione buddista del mondo, ho iniziato a considerare quella cristiana un po’ grezza e stonata. Il buddismo, per come l’ho capito allora, descriveva il rapporto tra l’uomo e l’assoluto come un mare che si increspa, creando delle onde, le coscienze degli esseri viventi, che temporaneamente si dimenticano di essere mare esse stesse, e vivono un oggi illusorio, separato dal tutto di cui fanno parte e a cui torneranno appena ripresa consapevolezza. Era un immagine per me molto bella. In contrasto la visione tradizionale del cristianesimo (o delle altre religioni monoteistiche) suonava falsa. L’idea di un rapporto personale tra Dio e ogni uomo, con associata la promessa di un paradiso o di un inferno sembrava richiamare alla mente una qualche forma di Matrix, un universo finto, creato al solo scopo di mettere l’uomo su un banco di prova per vedere se superava il test. E questa impressione toglieva molta attrattiva alla spiegazione del mondo cristiana.

Il Dio che ti guarda e sorride

Con gli anni, però, mi sono progressivamente reso conto di provare una forte nostalgia per questo Dio che ti conosce, che ti guarda e sorride, che ti vuol bene, che non necessariamente interviene per renderti la vita più facile, ma che forse ha un piano che ti riguarda.

Trovo che questo aspetto, sia importante e si integri senza problemi con la visione buddista, come descritto, ad esempio, da Paul Knitter nel suo bellissimo Senza Buddha non potrei essere cristiano.

Sull’onda di questo pensiero ho poi anche rivalutato un concetto, quello della trinità, che viene in genere presentato dalla chiesa con ridicoli arzigogoli teologici (l’uomo è sempre ridicolo quando usa la ragione per parlare di Dio), che in genere si concludono con un Ghe pensi mi ! da addetti ai lavori: “Guarda, questa è roba che non puoi capire, ti dico io che è così, fidati, Dio è uno e trino, è un mistero ed è un dogma”.

Gesù non sapeva di essere la seconda persona della Trinità

La Santissima Trinità non c’era ai tempi di Gesù. Qualcuno ha cominciato a parlarne nel secondo secolo, ed è solo quattrocento e più anni dopo la morte di Gesù che la chiesa ha confezionato quest’idea con tutti gli orpelli teologici atti a sconfessare le varie eresie. In effetti la trinità è stata più che altro un modo di affermare un altro concetto, anch’esso non presente nei primi anni successivi alla morte di Gesù: quello che Gesù fosse Dio.

Raccontato meglio

Benché probabilmente non facesse parte del messaggio evangelico originario, e sia parto di riflessioni successive, il concetto di trinità ha perfettamente senso per l’uomo di oggi, e non c’è bisogno di ricorrere a nessun mistero per capirlo.

Hans Kung nel libro Ciò che credo lo spiega più o meno nel modo che segue.

Una volta deciso/accettato che un Dio esiste e vuole bene all’uomo (il Dio Padre di Gesù) va da sé che con l’uomo voglia comunicare. Ma questa comunicazione è ostacolata da un paio di problemi: un limite intrinseco nell’uomo (quanto l’uomo è in grado di capire è limitato, rispetto all’enormità dell’assoluto), e il fatto che l’uomo stesso non sia un target molto preciso. L’uomo racchiude almeno un paio di entità fuse insieme: un essere razionale che analizza le cose, le elabora, le cataloga e uno o più altri esseri che si manifestano sotto forma di sensazioni, emozioni, per lo più inconsce che popolano la scena del primo come le bolle o i fumi di un vulcano in attività. Questo Dio che vuole comunicare con l’uomo, lo fa con entrambi gli aspetti dell’uomo.

Comunica con la parte razionale per mezzo della scienza, della storia. Dio arriva a noi racchiuso nel ricordo degli eventi trascorsi, nelle memorie, negli scritti delle persone che hanno riflettuto su di lui prima di noi. Tra queste persone una è stata eletta a simbolo di tutte, questo Gesù di Nazareth vissuto un paio di migliaia di anni fa, ma il messaggio di Dio che ci arriva razionalmente contiene il pensiero di tutti quelli che ci hanno tramandato questa buona novella e anche di quelli vissuti prima, che l’hanno preparata.

Ma Dio parla soprattutto alla parte inconscia dell’uomo. Tutti i profeti di questo mondo non avrebbero saputo cosa dire se non avessero saputo ascoltare questo altro dialogo. Dio parla direttamente con la parte più preziosa, più potente dell’uomo: la parte inconscia, non razionale, istintiva, quella che una volta si chiamava spirito.

E’ questa alla fine la trinità:

  • Un Dio buono (Padre) ma a noi incomprensibile.
  • Un suo discorso che percepiamo con la nostra Razionalità e che proiettiamo in un “Dio Razionale”, chiamandolo Logos, Parola.
  • Un altro discorso che intuiamo col nostro spirito e proiettiamo in un “Dio Emotivo”, chiamandolo Spirito di Dio, Spirito Santo.

Tu chiamale se vuoi Emozioni

Un piccolo inciso sull’inconscio.

Viviamo in un’epoca dominata dalla razionalità, sembra che le grandi conquiste della scienza siano da considerare il trionfo di una mente analitica e di un metodo, quello scientifico, che unico può garantire il benessere e il progresso dell’umanità. In effetti si tratta dell’ennesimo mito che l’umanità si crea. La razionalità della scienza è il mito dei tempi moderni.

In nessun campo, scientifico o altro, nessun successo è mai raggiunto senza una forte partecipazione dell’intuizione, dell’istinto, insomma della parte dell’uomo che niente ha a che vedere con la razionalità.

Lo stesso metodo scientifico è una balla paurosa:

Fate caso ai punti sopra, in particolare ai punti 2 e soprattutto 3. Formulare ipotesi ? Detta in altre parole potremmo dire: “Aspetta che ti venga un intuizione”, nessun processo razionale produce ipotesi.

Qualsiasi attività di problem solving è un inno all’intuizione. Qualsiasi scoperta è frutto di curiosità, di meraviglia, tutti aspetti non razionali. Le cose che consideriamo più importanti, l’amore, l’amicizia,la musica, l’arte sono espressioni dell’inconscio. Anche la buona salute non è frutto della razionalità, influenzata com’è dalle emozioni.

La razionalità ha un ruolo, altrettanto importante, ed è quello di catalogare, correlare, comunicare (ma qui anche le emozioni hanno un ruolo cruciale), consolidare, ma è importante considerare l’uomo come l’insieme, non sempre armonioso, di queste diverse entità.

Ma tutto questo il prete non lo sa

Non mi è più capitato, da parecchi decenni ormai, di parlare di teologia, in particolare della trinità con un prete, per cui metto le mani avanti: magari le cose sono cambiate. Ma dal ricordo che ne ho dall’ultima volta che è successo la spiegazione che la chiesa dà della trinità è racchiusa in formule vuote (“Dio è uno e trino”, “Lo Spirito Santo discende dal Padre e dal Figlio”) seguite da parole come mistero e dogma.

L’idea che mi son fatto è che il motivo per cui i preti non sanno spiegare in modo sensato questo concetto, che, ripeto, sensato lo è, ed è anche molto bello, sia che non ci credono. La chiesa ha rifiutato il concetto di trinità quasi dai suoi albori. L’ha strumentalizzato per veicolare il concetto di divinità di Cristo, ma l’ha immediatamente svuotato di significato, perché l’ultima cosa che la chiesa, almeno quella cattolica, vuole è un Dio che parli direttamente all’uomo, né razionalmente né, anzi meno che mai, intuitivamente. La chiesa, dal Papa in giù, ha da sempre inteso il suo ruolo come interprete di Dio. Se c’è qualcuno con cui Dio deve parlare sarà bene che siamo noi, ragazzi non scherziamo che qua si perde il posto.

I mistici

Misticismo è il nome che, storicamente, è stato dato al dialogo emozionale, esperienziale, tra lo Spirito di Dio e quello dell’uomo. La pratica fondamentale di questo tipo di approccio spirituale è la meditazione. In questo ritroviamo un parallelismo con moltissime altre forme di spiritualità: Dio non parla solo ai cristiani. Il misticismo è stato presente nel cristianesimo fin dall’inizio, e costituiva, secondo me, il vero fascino dell’insegnamento di Gesù. Ci sono molti episodi dei vangeli che richiamano la pratica di meditazione di Gesù, dai giorni nel deserto fino alla meditazione prima della morte nel giardino del Getsemani, ma un episodio in particolare, quello della trasfigurazione, sembra raccontare una vera esperienza mistica.

I mistici cristiani hanno convissuto, o forse è meglio dire lottato, con i teologi, i razionalizzatori, per quasi tutta la storia della chiesa, fino a che i secondi hanno preso il sopravvento e hanno consegnato al rinascimento e quindi all’età moderna una chiesa in cui quello che lo Spirito di Dio aveva da dire all’uomo non era più così importante. E’ stata un po’ come la lotta tra chi si accontenta di leggere il menu e chi vuole assaggiare i piatti: hanno vinto i primi. Gli ultimi mistici cristiani risalgono al medioevo e avevano nomi come Meister Eckhart o Ildegarda da Bingen

La spiritualità del creato

Oggi c’è chi ripesca queste tradizioni.

Matthew Fox, è stato un domenicano statunitense che nel 1983 ha scritto un bellissimo libro “Original Blessing” (“In principio era la gioia”). In questo libro recupera il pensiero della tradizione mistica, tra l’altro fondendolo con numerosi altri fermenti culturali tra cui l’attenzione all’ambiente, il femminismo, il recupero della spiritualità dei nativi americani, e rifiutando la cupa visione del peccato originale (“original sin”). A seguito della pubblicazione di questo libro Fox è stato allontanato dall’ordine domenicano dalla congregazione per la dottrina della fede, allora guidata da Joseph Ratzinger. Un eretico diplomato, insomma, in anni più antichi sarebbe stato pronto per il rogo.

Nel suo libro propone una spiritualità in cui prevale l’aspetto emozionale, descrive un vero dialogo con Dio, secondo me. La sua proposta si dipana su quattro viae che raggruppano ed esplorano in qualche modo le nostre emozioni, facendole diventare canali di comunicazione con l’assoluto. Queste vie sono:

  1. La meraviglia, la gioia di fronte al creato. L’esplorazione, la scienza, ma anche il gustare tutto quello che di buono la vita ci offre continuamente.
  2. La profondità del dolore e del silenzio. L’accettazione o la contemplazione dei nostri limiti, delle nostre tensioni e contraddizioni.
  3. L’euforia della creatività, dello scoprirsi capaci di magia, di capacità non solo di assaporare la bellezza, ma di produrla.
  4. La passione per rinnovare, migliorare il mondo. Per l’aiuto ai più deboli o per l’impegno politico.

C’è in Italia un’associazione che si propone di diffondere questa idea mediante seminari esperienziali in cui si cerca di creare le condizioni per sentire più che capire la spiritualità.

Insomma

La Trinità è viva e lotta insieme a noi, ma forse va cercata dove non vi aspettereste.