Chi sono ?

Photo by JR Korpa on Unsplash
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Alla fine aveva ragione lui. Il semaforo. La telecamera del semaforo in effetti. Anzi le due telecamere, ho poi scoperto: una ad infrarossi che legge la targa e una a colori che riprende la scena per le eventuali/inevitabili contestazioni.

Il signore alla Polizia Municipale è stato molto gentile, mi ha fatto entrare in ufficio e guardare le foto. Aveva l’aria molto comprensiva. Sicuramente abituato a quelli che arrivano dicendo “Figurati se io sono passato col rosso. C’è sicuramente stato un errore”. Aveva quell’aria muro di gomma di chi lavora agli uffici reclami.

E invece sono proprio passato col rosso: c’erano quattro o cinque foto che ritraevano tutta la sequenza da prima di impegnare l’incrocio, all’attraversamento, all’uscita dall’altra parte. E c’è poco da fare: erano segnati anche i secondi trascorsi da quando era scattato il rosso: 59 secondi che era rosso e io iniziavo l’attraversamento.

Mi sarei aspettato almeno una situazione tipo: inizio ad attraversare col giallo, trovo quello davanti che si ferma, resto bloccato in mezzo all’incrocio e la spietata tecnologia mi fredda. E invece niente: ero completamente da solo.

Mi ha fornito lui una possibile spiegazione (giusto un contentino per il mio amor proprio, ma non avrebbe avuto valore legale e non mi avrebbe salvato dall’esborso dei 131 euro e dai sei punti tolti alla patente): c’è un semaforo per l’attraversamento pedonale che segna verde quando per le macchine hanno il rosso, magari avevo guardato quello. Ma non ci credo neanch’io.

Insomma devo accettare il fatto di poter fare, a volte, cose che razionalmente eviterei (non passerei mai col rosso coscientemente, per una questione di principio). E, soprattutto, devo accettare il fatto che nemmeno me ne accorgo, nemmeno me ne ricordo.

È dura accettare di non potersi fidare di sé stessi. Mette dei dubbi su chi si è veramente. Voglio dire: chi sono io? Quello che non si può fidare dell’altro o quello di cui non ci si può fidare ? Credo che tendenzialmente ci si identifichi col primo, ma, a quanto pare, nell’equazione che definisce chi siamo dobbiamo almeno includere quell’altro, quello che fa cose, diciamo, per conto suo.

Immagino che c’entri anche l’età. Forse il secondo personaggio (o sono più di uno ? io sono legione) acquista forza con gli anni. Magari c’entra la mancanza di consapevolezza, di presenza (dura ammetterlo per uno che pratica meditazione/mindfulness).

Immagino che per tutti attività come guidare siano gestite da qualche sorta di pilota automatico. Immagino che a questo automatismo diamo istruzioni complesse, tipo portami lì, ma anche attento a non investire nessuno. Pensavo che l’attento a non passare col rosso fosse scontato. Evidentemente no, e non c’è modo di controllare la lista di queste istruzioni, le relative priorità.

Detto questo spero che arrivi presto il momento in cui del guidare una macchina si possa fare a meno: auto a guida automatica, chiusura al traffico delle città, chissà cosa ci aspetta.

Comunque una bella occasione per riflettere su di sé, e concludere, ancora una volta, che chi siamo veramente non ci è dato di saperlo.

Muscoli, Cervello e Cuore

I muscoli

Votare credo sia una versione raffinata della guerra.

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Anzichè scannarci di brutto ci contiamo, decidiamo che, più o meno, i più numerosi avrebbero vinto, ed evitiamo spargimenti di sangue ed energia fingendo che la guerra l’abbiano vinta gli uni o gli altri. Una bella conquista, dopo tutto.

Personalmente avrei preferito la soluzione Orazi e Curiazi. Spargimento di sangue vero, ma minimo. Qualità contro quantità. E poi lo spettacolo! Vuoi mettere col calcio? Ma tant’è, oggi il sangue ci fa orrore. I talk-show penso siano ispirati da quest’altra modalità. Purtroppo, in genere, si fermano alle invettive.

Comunque muscoli, sublimati o no. La politica di oggi è estremamente muscolare, e quando risolvi i problemi con la forza viene il dubbio, più che lecito, ovviamente, che l’oggetto del contendere siano interessi di parte e non idee, checchè poi se ne dica.

Il cervello

No, c’è di meglio.

Da grillino della prima ora (subito deluso, tengo a dire, dalla faccenda con Bersani, e ancora più deluso in seguito dalla pochezza e arroganza dei rappresentanti eletti) ho avuto modo di dare un’occhiata alla piattaforma Rousseau. Se ne son dette tante a riguardo, e penso che i sospetti di scarsa integrità e sicurezza fossero più che giustificati. Quello che ho notato, però, e che nessuno sottolinea, è il fatto che non si tratta semplicemente di un meccanismo digitale di supporto al voto. Gli stessi 5S ne stanno dando questa immagine, ricorrendo pubblicamente al verdetto dell’oracolo a fronte di ogni decisione che non hanno il coraggio di prendere. Ma Rousseau è, secondo me, principalmente un posto in cui le idee, le proposte, nascono, si mescolano, si raffinano, emergono. Su Rousseau ogni iscritto può presentare soluzioni che vengono lette, commentate e, infine sì, votate, ma l’importante è quello che è successo prima del voto.

Ho l’impressione che il PD stia pensando di replicare la parte muscolare e non cerebrale dell’idea. Le primarie in fondo sono questo: “scegli A o b” (notare la A maiuscola). Negli altri partiti encefalogramma piatto, direi, non credo che le varie sedi locali ospitino di meglio in termini di democrazia interna. Forse i Radicali sono un’eccezione, lì ci sono posti per dire la propria (ho l’impressione che in quei contesti si parli molto più di quanto si ascolti, ma è un’impressione dall’esterno).

Comunque questo è il cervello. La politica deve essere confronto di idee, dialogo, elaborazione, generazione di soluzioni possibili, soprattutto nel senso di abbastanza condivise. Il voto, alla fine, deve diventare quasi una formalità.

Il nostro ordinamento prevede, almeno sulla carta, questo bellissimo metodo di prendere le decisioni collettive. Eleggiamo dei rappresentanti che in parlamento, in teoria, sono chiamati a fare esattamente questo: fare proposte (a nome nostro), ascoltare le proposte degli altri, capire se ci sono punti di convergenza e creare leggi che rappresentino compromessi accettabili per gli elettori. Forse nelle commissioni parlamentari avviene davvero questo, non so. Ascoltando i lavori del parlamento su Radio Radicale l’impressione che ne ho ricavato è più disarmante: parlamentari che fanno i loro interventi più a beneficio dei media che dei loro colleghi, schieramenti preconfezionati su ogni tema, voto finale che ha inevitabilmente l’esito pre-deciso dalla maggioranza. Insomma, il dialogo non si vede, quel “Ah sì, in effetti, considerando questo, magari hai ragione tu”, quel “Oh, bella idea! Mette d’accordo tutti” non si vedono. Spero di sbagliarmi, almeno un po’.

Questo degrado è l’inevitabile conseguenza dell’esistenza dei partiti, diceva bene Simone Weil nel suo Appunti sulla soppressione dei partiti politici. L’opinione di bandiera è essenziale alla definizione stessa del partito. Noi siamo quelli che votano così. Spesso non è chiaro in anticipo cos’è quel “così”. L’unica cosa chiara è che le decisioni sono prese altrove, non in parlamento.

Potrebbe andare bene comunque, potremmo farcene una ragione. Siamo troppi: non è possibile un dialogo tra 50 milioni di persone, forse neanche tra 900 (600 adesso, ma il problema peggiora, direi, se questi rappresentano i pensieri dei 50 milioni). Quei 600 rappresentano idee troppo diverse per essere fuse, e soprattutto non hanno un collegamento serio all’indietro, verso la loro base, per avere un feedback sulla disponibilità dei 50 milioni ad accettare le nuove proposte. L’unico feedback esistente sono i media, e il risultato è un continuo buttare lì proposte e guardare le reazioni sui social, sui sondaggi. È la nostra nuova democrazia, facciamocene una ragione. E forse è meglio di niente.

Ma si potrebbe fare molto meglio. La tecnologia potrebbe aiutare di più. Non tanto per fornire piattaforme digitali di voto, quanto per fornire uno spazio di discussione che permetta a numeri sempre maggiori di persone di esprimersi, di manifestare i propri bisogni anzitutto (non servono particolari competenze per raccontare il proprio disagio) e anche le proprie proposte. Il contenitore, lo spazio per questo dialogo digitale potrebbero essere i partiti stessi, che dovrebbero dotarsi di forme di democrazia interna più al passo coi tempi (e, diciamocelo, con tutte le loro contraddizioni i 5S qualche passo in questo senso l’hanno fatto) o, io preferirei, un’arena globale in cui si discute di temi concreti e serve come base per conoscere/scegliere singoli rappresentanti non pre-coalizzati in partiti.

Se escludiamo la difesa di interessi di casta e di ideologie, entrambi fattori che considero deleteri e/o sorpassati, non c’è davvero più nessun motivo serio di esistenza di formazioni politiche. Sono solo il parto (e la premessa) di una politica muscolare e non intelligente.

Il cuore

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Se questo era il cervello, mi piace pensare che ci sia anche un cuore. Il cervello, la razionalità, servono per condividere le proposte, per esprimerci e dialogare, raffinare. Le idee, quello che ognuno di noi porta in questo dialogo bisogna pescarle altrove, altrimenti questa elaborazione si riduce a ribadire i concetti già espressi da altri, si riduce a una serie di mi piace. Il cuore è individuale, non collettivo, le idee, anche quelle politiche, arrivano da un profondo non esprimibile a cui ognuno di noi è in grado di accedere. Un profondo che etichettiamo di volta in volta con termini come spiritualità, filosofia, arte, amore per la conoscenza, per la natura.

In definitiva, credo debba partire tutto da qui, dal cuore. Senza di questo il resto è un vuoto blaterare. E al cuore devono arrivarci tutti. Oggi relativamente poche persone, gli esperti, i saggi, sono in grado di partorire pensieri originali, un gruppo più ampio discrimina, veicola queste idee e la massa non può che subirle. Purtroppo il cuore, soprattutto l’amore per il cuore, non si insegna granchè a scuola. Siamo impregnati di razionalità, di ricerca dell’efficienza e nascondiamo i tesori alle nuove generazioni. Formiamo greggi di schiavi/consumatori e, in politica, li illudiamo di poter “condividere la sovranità”. Quello che abbiamo di fatto realizzato è un’elite che manovra eserciti di consensi, e ci accorgiamo che non funziona, che le leggi non sono che traballanti stampelle se l’humus che ha partorito le idee alla base di quelle leggi non è condiviso da tutti. Se no non lamentiamoci ci dover poi votare Lapo.

Programma Elettorale

Ad uso di fondatori di partiti, ri-orientatori di partiti esistenti, elettori

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Un gioco istruttivo, ve lo consiglio. Provare a confezionare un set di linee guida per un ipotetico governo. Non so voi, ma io non ho mai trovato un’offerta politica in cui potessi, non dico pienamente, ma neanche al 40 percento, riconoscermi. Alla fine vai a votare puntando al meno peggio, o turandoti il naso. By the way, questo dovrebbe in qualche modo deporre a favore della democrazia diretta: almeno su singoli temi, immagino, ci si possa esprimere per un verso in cui ci si riconosce.

Mi ha un po’ stupito notare che mentre provavo a scriverlo e raffinavo le idee, cambiavo in qualche modo opinione. Ad esempio, in una prima stesura, nel capitolo sicurezza ammettevo, in casi eccezionali, quando la polizia si mostrasse impotente e quasi come pungolo alla stessa, l’utilità di permettere il possesso e l’uso di armi da parte del cittadino aggredito. Dopo i fatti relativi al tabaccaio di Ivrea ho escluso questa possibilità come troppo rischiosa.

Insomma, si cambia idea sulle cose. Questa è l’idea di oggi:

Immigrazione

Leggi sagge e umane, applicazione ferrea.

  • In Italia non si entra illegalmente. Impiego di ogni mezzo possibile per contrastare l’entrata incontrollata, via mare o terra, compreso l’uso della forza.
  • Il paese ha bisogno di immigrati e non è insensibile ai problemi delle altre popolazioni mondiali. Viene deciso annualmente un numero di persone che sappiamo di poter ospitare e integrare. All’interno di questo numero vengono istituiti canali ufficiali per l’ingresso.
  • Chi è stato accolto in Italia è cittadino Italiano, non sono ammesse discriminazioni. Beneficia degli aiuti e dei servizi come gli altri. Implicitamente sì allo ius soli.

Liberalizzazioni e etica

Siamo uno stato laico. I comportamenti individuali in tema di morale sessuale, inizio e fine vita, droghe, sono determinati dall’individuo e nessuno deve interferire.

Il proibizionismo non paga, non risolve i problemi, crea mercato nero e sovvenziona mafie.

  • Libera vendita, e conseguente tassazione, di sostanze contenenti THC. Non dà assuefazione ed ha, anzi, molte proprietà curative. Sei miliardi di euro all’anno regalati alle mafie (la metà del reddito di cittadinanza, per capirsi).
  • Piena liberalizzazione, e conseguente tassazione, dell’esercizio della prostituzione (giro d’affari annuo stimato in 4 miliardi di euro). Particolare attenzione e controllo dovrà essere posta al fine di contrastare l’esercizio sotto costrizione e fenomeni di sfruttamento.
  • Depenalizzazione di consumo e vendita di qualsiasi droga. Il fenomeno si contrasta attraverso sensibilizzazione e agendo sulle cause del disagio (come oggi avviene per l’alcool).
  • Libera adozione da parte di qualsiasi tipo di famiglia (ci sono un sacco di pessime famiglie etero, non può essere quello il discrimine).
  • Libera sperimentazione staminali.
  • Libera eutanasia.

Lotta all’inquinamento, salute pubblica

L’automobile individuale, con qualsiasi tipo di alimentazione è anacronistica. Le nostre città non hanno spazio a sufficienza. I trasporti pubblici, comprese le auto in sharing, soprattutto quando saranno disponibili a guida autonoma, e, soprattutto, le bici, in particolare a pedalata assistita, sono la via da percorrere.

  • Trasporti cittadini e treni extraurbani gratuiti.
  • Forte tassazione voli e autostrade ove è presente alternativa ferroviaria. Incremento rete ferroviaria con particolare attenzione alle esigenze dei pendolari.
  • Forte tassazione dell’uso del suolo urbano da parte delle automobili (ingresso in auto in città, ma anche parcheggi).
  • Limiti velocità, zone 30, autovelox …
  • Forte impulso alla creazione di piste ciclabili, ai parcheggi automatici per biciclette, ai parchi bici a noleggio, sistemi di contrasto al furto, incentivazione economica per chi si reca al lavoro in bici.
  • Incentivazione all’acquisto di bici elettriche.
  • Forti incentivi alla ristrutturazione antisismica e ecologica delle abitazioni.

Pensioni

  • Sì va in pensione a 70 anni.
  • Dai 55 in poi graduale riduzione dell’orario lavorativo (si anticipano progressivamente ore di pensione), incentivazione telelavoro.
  • Rimangono meccanismi come isopensione per le aziende che accettino di pagare per anticipare la cessazione di un rapporto lavorativo.

Politica estera

Molta più Europa

  • Forte spinta verso riduzione della sovranità nazionale a favore di un Europa sempre più nazione.
  • Esercito europeo.
  • Salute, istruzione sempre più unitari.
  • Azione diplomatica per eliminare il diritto di veto delle nazioni, l’Europa deve poter decidere a maggioranza.
  • Azione diplomatica per gestire i flussi migratori a livello europeo o mondiale.

Molto più Mondo

  • Il problema dei flussi migratori va affrontato a questo livello, l’Italia deve adoprarsi con energia, insieme agli altri paesi, per risolvere i conflitti che generano fughe di massa. Dove le migrazioni sono dovute a cause climatiche vanno concordate politiche di canalizzazione dei migranti e aiuti a livello internazionale.
  • Il problema del clima va affrontato a questo livello, l’Italia deve fare la sua parte nella riduzione delle emissioni.

Media

RAI servizio pubblico

  • Eliminazione pubblicità dai canali RAI.
  • Elezione diretta, via web, dei vertici RAI.
  • Forte riduzione della trasmissione di film doppiati: si trasmettono solo film in lingua originale e sottotitolati. Pressione in questo senso, via tassazione, sui canali privati e sui cinema: trasmettere o proiettare film doppiati deve costare molto. Il senso di questa proposta è che siamo un paese di provinciali, la conoscenza dell’inglese (e delle altre lingue europee) da parte di fasce sempre più ampie della popolazione è condizione essenziale per entrare davvero in Europa, e il guardare film in lingua originale è un buon passo in questa direzione.

Sicurezza

La sicurezza è un servizio che lo stato offre e verranno identificati parametri per valutarlo (tempi di intervento ad esempio).

  • Dove la polizia non risultasse in grado di offrire un servizio adeguato il cittadino può rivolgersi a privati e il costo è a carico dello stato (ad esempio scalandolo dalle tasse), come avviene oggi per i servizi sanitari.
  • Evitiamo la possibilità di dare armi ai cittadini: i rischi sono troppo grandi ed è un passo verso l’inciviltà.
  • Schediamo e prendiamo impronte digitali a tutti le persone presenti, per qualsiasi motivo, sul suolo italiano (soprattutto a tutti gli italiani 😉)

Giustizia

Sulla giustizia ci andrei cauto a proporre ricette, ma proverei a identificare i problemi e magari qualche linea guida.

Il problema grosso è la lunghezza dei processi (e conseguente numero patologico di prescrizioni, e conseguente non certezza della pena).

Immagino si possano identificare tre tipi di cause:

  • mancanza di adeguato finanziamento/infrastrutture.
  • poco impegno degli addetti ai lavori.
  • eccessivo garantismo.

I primi due punti sono comuni all’efficienza di qualsiasi altra branca della pubblica amministrazione, forse un sistema di incentivazione/deincentivazione economica applicato in modo rigoroso e gerarchico può aiutare. Per gerarchico intendo: il capo di un servizio avrà il suo servizio valutato, ad esempio dai suoi utenti o da valutatori esterni. Questo comporta un ammontare di soldi in più o in meno rispetto al salario ordinario. Il capo del servizio avrà tutto l’interesse a spalmare questo premio/pena in modo giusto tra i suoi sottoposti per migliorare il risultato al prossimo round. I sottoposti, a cascata, spalmeranno la loro quota verso le foglie dell’albero.

Sul terzo punto, il garantismo, se, data una determinata capacità di lavoro (fissa) non si riesce a smaltire il numero di cause da gestire (fisso, anche se la depenalizzazione delle droghe lo riduce), bisogna chiedersi, ad esempio, se è meglio dire di avere tre gradi di giudizio e mandare la metà dei processi in prescrizione o accettare di averne solo due. O, magari, aggiungere altri limiti che alleggeriscano il carico di lavoro in modo che i processi finiscano in tempo.

Anche perché oggi, la possibilità di far arrivare i processi in prescrizione è in genere appannaggio dei ricchi, che possono permettersi di spendere in avvocati. La situazione odierna, oltre che inefficiente è iniqua.

Istruzione

La scuola oggi fa troppe cose:

  • È un parcheggio per chi non sa dove tenere i figli.
  • È un valutatore del grado di apprendimento.
  • È un emettitore di attestati di frequenza/preparazione.
  • È un produttore di materiale di apprendimento (libri, corsi).
  • È un fornitore di coaching/mentoring.
  • È un finanziatore/organizzatore di ricerca, produzione di conoscenza.

Solo le ultime due funzioni dovrebbero essere proprie della scuola. Il problema del parcheggio va risolto creando, da una parte, luoghi di incontro ludico/sportivi, non necessariamente legati all’apprendimento, distinti dalla scuola vera e propria che ospiterà le attività di mentoring verso i ragazzi realmente interessati all’istruzione. Non c’è scuola dell’obbligo, non ci sono esami, corsi, titoli. C’è solo un aiuto a chi è interessato a imparare. Scopo del tutor è incuriosire il ragazzo, offrirgli una mappa su cui muoversi. Le lezioni sono in internet, gli insegnanti interessati a produrre materiale didattico competono sull’area globale e i ragazzi beneficiano dei prodotti migliori.

A sedici anni si ha diritto (vedi sotto) al reddito statale, e si è obbligati, per ottenerlo, a lavorare per lo stato. Il buon risultato scolastico (valutato da ente esterno alla scuola) dà diritto ad ottenere il reddito studiando.

La valutazione viene fatta da ditte private, pagate dal datore di lavoro durante la selezione, o da appositi enti statali durante i concorsi, o come detto, per ottenere il reddito. Per trovare lavoro non conta avere titoli, conta quello che sai fare in quel momento.

Denaro

Eliminazione del denaro contante: solo pagamenti elettronici e tracciati. Questa è una misura di forte contrasto a evasione, corruzione e criminalità.

Non tirate fuori la storia delle banche che ingrassano o dei negozianti che ci rimettono: servizi come satispay non sono offerti da banche e hanno commissioni bassissime.

Non tirate fuori la storia dei vecchietti che non usano le app: se sono così mal messi c’è già, probabilmente, qualcuno che conta i soldi per loro.

Quanto alla privacy eccovi serviti.

Privacy

Abolita. Costi esorbitanti, aumento di burocrazia a fronte di risultati ridicoli (mettiamoci il cuore in pace: oggigiorno non è possibile garantirla, ci stiamo prendendo in giro e stiamo sprecando energie inutilmente).

La privacy riesce solo a essere copertura per il malaffare.

Devono, anzi, esserci il più possibile dati pubblici, ben organizzati e processabili da tutti, su tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni, su tutti i dati di attinenza fiscale (guadagni e spese di tutti). L’unico modo di evitare la corruzione è vivere costantemente dietro un vetro.

Ci avete mai pensato ? L’assenza di privacy aumenta la riservatezza: in un campo di nudisti non vedrete nessuno che si mette a scrutare organi genitali in giro, se non altro perché gli altri, vedendolo, sanzionerebbero tale comportamento. Vale anche per la privacy informatica: se tutto è trasparente, chiunque può venire a guardare il mio conto corrente, ma io riesco a sapere chi è venuto a guardarlo, non è in qualche modo un deterrente ?

Lavoro e assistenza

Lo stato fornisce assistenza economica a tutti nei periodi di non impiego.

Questa misura riguarda le persone in grado di lavorare. Per chi non è in grado di lavorare va prevista un assistenza diversa: non aiuto economico all’interessato, ma servizi (mense, dormitori, assistenza infermieristica etc ..)

Chi è in grado di svolgere lavoro ed è in un periodo di disoccupazione viene assunto dallo stato. Con un salario modesto, per invogliarlo a ritornare il prima possibile nel mondo del lavoro. Nel periodo in cui riceve assistenza economica lavora per la comunità. A seconda delle sue capacità e competenze potrà prestare opera in attività legate alla manutenzione di immobili e arredi urbani, pulizia, sanità, forze dell’ordine, etc …

Lavoro autonomo

Forte snellimento della burocrazia legata ai lavoratori autonomi.

Aprire una partita IVA (o chiuderla) si deve poter fare in giornata, possibilmente via internet.

Il lavoratore che chiude un’attività ha accesso al reddito statale.

Tasse

Flat Tax al 20% e maggiore tassazione dei redditi finanziari rispetto agli investimenti in attività. Chi ha soldi deve essere invogliato a usarli per creare lavoro, dopo di che, se ce l’ha fatta, mi va benissimo che se li goda senza pagarli in tasse, ma avrà creato occupazione e tenuto in vita l’economia.

Non c’è denuncia dei redditi. Essendo tutti i trasferimenti di denaro, e il possesso di qualsiasi bene trasparenti il fisco conosce perfettamente i dati relativi ad ogni contribuente, calcola l’importo delle tasse in base alle regole vigenti e riscuote automaticamente, nei periodi previsti o alla fonte, il dovuto, direttamente dai conti correnti o dalle transazioni.

Le tasse le pagano tutti, pene severe per gli evasori, compreso il carcere, per chi tentasse in qualsiasi modo di ostacolare il funzionamento della procedura (ad esempio occultando beni o operando transazioni in modo non trasparente).

Egoismi

L’egoismo è una linea che separa i trogloditi dai santi.

Una linea che si sposta verso l’alto man mano che l’umanità progredisce. Io non ho dubbi che quello che oggi identifichiamo come eroismo, santità, dovrà essere, in un domani non troppo remoto, il punto di arrivo di tutti. Non ho dubbi che ognuno finirà per spostare l’attenzione, il fulcro del suo interesse dal proprio io alla propria specie, o forse a insiemi ancora più ampi. Nel mentre possiamo misurare questo progresso, il progresso dei singoli su questa strada, con un concetto che chiamiamo egoismo, e ci teniamo informati l’un l’altro sul nostro e altrui punteggio attraverso il pettegolezzo.

L’uomo primitivo, volendo vale anche per gli animali, si muove regolato da diversi meccanismi che determinano il range di base del suo egoismo. Da una parte meccanismi come l’istinto di sopravvivenza o l’istinto di generare e difendere la prole sono una forza che spinge verso il basso (riferendomi al disegno), cioè verso l’aumento dell’egoismo. Dall’altra meccanismi come la compassione per i simili, il bisogno di relazioni con il branco spingono a comportamenti più altruistici. Sono indispensabili per un animale a riproduzione sessuata, ma anche per protezione reciproca, assicurazione in caso di difficoltà, trasferimento di know how etc. L’individuo è giudicato dal branco, il suo comportamento si situerà da qualche parte tra il massimo dell’egoismo accettato dal branco e il minimo che assicura la sua sopravvivenza come individuo. Al di sotto della linea di accettazione del branco vivono i trogloditi, al di sopra della linea di non comprimibilità (il massimo di altruismo che mi posso permettere senza mettere in pericolo la mia sopravvivenza o quella dei miei figli) vivono i santi.

E queste linee, come dicevo, si spostano. Si spostano nel tempo e anche geograficamente. Comportamenti giudicati in passato egoismo come rubare i pesci messi a seccare dal vicino, sono diventati comportamenti da trogloditi (in genere anche puniti dalle leggi). Comportamenti oggi border-line, come evadere le tasse, diventeranno, spero, comportamenti da troglodita.

I santi si muovono oltre la linea della sopravvivenza. Possono mettere la propria sopravvivenza a rischio in nome di un ideale, in nome di un miglioramento del gruppo. Sono loro che spingono le linee in alto. Non prendete santi in senso religioso: Falcone e Borsellino penso stiano di diritto in questa categoria, come pure chi fa uno sciopero della fame per salvare una radio o cose del genere.

C’è un interessante concetto nel buddismo, che illumina bene quest’idea del santo che spinge l’umanità a migliorarsi: è quello del bodhisattva.

Il bodhisattva è un super santo, che ha perfezionato la sua vita al punto di essere ad un passo dal paradiso. Nel paradiso buddista, il Nirvana, ci si entra da vivi. Il premio è di non reincarnarsi una volta morti (magari suona strano agli occidentali, ma il non reincarnarsi non vuol dire morire definitivamente ma in qualche modo diventare parte di Dio). Beh, insomma, questo bodhisattva è lì che gli manca un passo per raggiungere il risultato a cui ha lavorato per diverse vite, ma giusto prima di coronare questo successo gli viene un dubbio. “Ma non è che andarmene io in paradiso e lasciare tutti gli altri a soffrire alla fine è di per sé un atto di egoismo ?” Questo dubbio non gli permette di farlo l’ultimo passo, non gli permette di slegarsi completamente dall’umanità. Sceglierà di rimanere in questo mondo finché l’ultimo degli esseri senzienti non avrà raggiunto anche lui le soglie del Nirvana, solo allora il bodhisattva attraverserà l’ultimo confine.

Tutto questo discorso mi è venuto in mente pensando al problema dell’accoglienza dei migranti di questi tempi.

Quello che mi colpisce è che vedo una discussione tra trogloditi e santi (magari santi con le aureole degli altri, per parafrasare un altro detto, a volte). Da una parte si vede questa cosa incomprensibile di gente che gioisce a maltrattare chi è decisamente più sfortunato, dall’altra chi vuole imporre comportamenti ben al di sopra della linea di sopravvivenza (o che, almeno, rischiano di essere percepiti tali).

In un epoca di instabilità economica, di forte disoccupazione, di stato sempre meno capace di erogare servizi essenziali è assolutamente comprensibile che molte persone si sentano minacciate al pensiero di un arrivo, magari in numeri consistenti, di nuovi poveri che rischiano di assorbire quel poco ossigeno che può venir distribuito a chi sta peggio. Ci saranno sicuramente anche tra loro persone disposte a dividere il mantello in due, anche a costo di patire un po’ più freddo di quanto possono sopportare, ma queste cose non si possono imporre. Si generano solo reazioni contrarie, che infatti, non si fanno mancare, né in gabina elettorale né per le strade.

Mi sembra manchi una proposta politica che stia saldamente all’interno di quelle due righe, che spinga verso l’alto, certo, ma senza ribaltare il tavolo.

Two Days After

Ho ricevuto questo commento al post precedente dal mio amico Pino Gangemi, che ringrazio. Siccome è un commento piuttosto articolato, e credo meriti di essere letto, ne ho fatto un post.


Dissento e proverò a motivarne le ragioni con pacatezza, sulla falsariga di quanto hai scritto tu.

Il grande saggio

Mi sento anch’io in lutto, nel dopo voto, perché non mi piace affatto questa Italia che vota Lega perfino a Lampedusa e Riace o, più in generale, in tutto il Sud. Fino a qualche anno addietro, il “capitano” cantava canzoncine sui napoletani che “puzzano come cani” e invocava un intervento risolutivo del Vesuvio. Se è lecito cambiare idea, a me risulta insopportabile la troppo corta memoria dei miei conterranei che farebbero bene a rileggere lo statuto del partito ex padano che, però, non ha affatto ripudiato la secessione. Chi pagherà un prezzo molto alto se saranno approvate le nuove regole per l’autonomia regionale saranno proprio i meridionali, masochisti per scelta o per ignoranza.

Perché intristirsi delle reazioni di molti a causa del risultato delle elezioni, sia pure ampiamente prevedibile? Limitarsi alla sola curiosità e non evidenziare il proprio disagio mi sembrerebbe davvero bizzarro, come se potessimo asetticamente partecipare al contributo di nuova conoscenza che ne deriva, mettendo da parte ogni altro sentimento: un cicinin disumano, a mio parere. Il voto, semplificando, è davvero una gara, nel senso che determina vincitori e sconfitti nonostante i voli pindarici di molti politicanti che trionfano persino quando perdono. Esattamente come prevede la democrazia che assegna l’esercizio del potere ai primi e la facoltà di controllo ai secondi. Come non preoccuparsi ancor di più se il partito vittorioso persegue obiettivi e traduce in leggi dello Stato argomenti quali la “legittima difesa preventiva”, la “flat tax” che, se fosse davvero piatta, risulterebbe anticostituzionale, l’utilizzo della ruspa per eliminare i campi rom senza minimamente preoccuparsi di una qualche soluzione alternativa, l’interdizione a priori dei porti a qualunque nave che salva esseri umani? La netta vittoria di un partito il cui leader, capo del governo “de facto”, mira all’ulteriore aumento del nostro colossale debito pubblico e risponde “Chi se ne frega?” quando qualcuno gli fa notare il conseguente incremento dello spread dei nostri titoli di Stato?

Mi domando: chi stabilisce, a partire da una presunta saggezza collettiva, quali siano le idee migliori o le soluzioni più adatte? Un algoritmo che non è asettico poiché qualcuno l’ha implementato o lo implementerà seguendo criteri difficilmente verificabili e condivisibili?

L’ondata nera e la sicurezza

La paura di un ritorno del fascismo, in una forma storicamente diversa, non è solo legittima ma, addirittura, doverosa. Lo dobbiamo a quelli che il fascismo, o qualunque altro tipo di dittatura, ha ucciso, incarcerato, torturato, esiliato. La paura, se motivata e non indotta o fomentata da un ministro degli interni, è lo strumento indispensabile per intravedere un pericolo e, possibilmente, prevenirlo. Purché non degeneri in immotivata ossessione, naturalmente.

Restando nell’ambito della semplificazione economica “destra-sinistra”, non è affatto vero, purtroppo, che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in modo automatico, anzi: la forbice della disuguaglianza si allarga sempre di più. Basta leggere il “Rapporto Oxfam” discusso a gennaio di quest’anno durante l’Economic Forum di Davos. Nel 2018, la ricchezza dei 3,8 miliardi di persone più povere della terra è diminuita dell’11% contro un incremento del 12% dei più ricchi. Una situazione analoga si registra in Italia, particolare trascurato anche dalla sinistra – o meglio, dal centro-sinistra – al governo nel nostro Paese negli ultimi anni. Ma quest’argomento, certo, riguarda più il capitalismo che il fascismo.

Ridurre a folklore le manifestazioni degli attuali gruppi neofascisti e, di contro, le “reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra” significa dimenticare cosa è accaduto in Italia non solo durante il ventennio ma anche a partire dalla strage di Piazza Fontana in poi, gli anni del terrorismo nero che è stato una concausa della nascita del terrorismo rosso. Personalmente non ritengo efficace partecipare alle proteste contro Casa Pound o Forza Nuova ma non mi sento affatto di giudicare coloro che lo fanno come persone animate da preconcetti e prive di un reale oggetto del contendere.

I migranti

Xenofobia, egoismo e paura immotivata non sono sufficienti per etichettare come fascista chi li prova ma costituiscono una buona base per avviarsi su quella strada. Il fenomeno della migrazione rappresenta un problema davvero enorme che l’Europa dovrà affrontare più seriamente di quanto non abbia fatto e non faccia. Davvero la soluzione è quella di Salvini e dei suoi amici di Visegrad che vogliono, semplicemente, impedire gli arrivi a tutti i costi? Le azioni messe in pratica dal ministro della paura, colpevolmente supportato dai 5S, non si sono limitate alla fantomatica chiusura dei porti ma hanno sistematicamente smantellato ogni simulacro di accoglienza. Negli ultimi anni in Germania sono arrivate milioni di persone mentre l’Italia non ha neppure firmato il “Global Migration Compact” dell’Onu, una semplice dichiarazione dei principi che dovrebbero regolare il flusso mondiale dei migranti. E, ancora: immaginiamo, per un momento, che nel nostro Paese scompaiano tutti gli extra comunitari irregolari ad oggi presenti e non ne arrivi più nemmeno uno. Si risolverebbero, per incanto, tutti i veri problemi degli italiani quali la disoccupazione, la criminalità organizzata, la corruzione, la decrescita economica, il debito pubblico, la burocrazia, le lungaggini della giustizia e … chi più ne ha più ne metta?

La difesa delle forze di polizia, sempre e comunque, come lavoratori che fanno il loro mestiere è molto “pasoliniana” e sarebbe anche del tutto legittima se non fossero mai accaduti, ad esempio, i fatti di Genova, della scuola Diaz e di Bolzaneto. In quei luoghi la violenza è venuta da una parte sola, pianificata e costruita ad arte come costruite ad arte e del tutto false erano le prove per giustificarla. Ammiro i non violenti ma non sono, e non aspiro ad essere, il Mahatma Gandhi.

Antifascisti

Il prefisso “anti”, nelle sue diverse accezioni, significa “contro”. Rispetto al fascismo, che sia solo propaganda ideologica o regime totalitario, non si può essere “non” ma decisamente “anti”. Sarebbe bastato un cicinin di “anti”, a partire dal primo dopoguerra fino alla marcia su Roma, per evitarci vent’anni di dittatura ed una seconda guerra mondiale. L’illuminata classe dirigente liberale dell’epoca ha considerato il fascismo, nonostante tutte le sue innumerevoli manifestazioni violente, poco più che un fenomeno temporaneo e, soprattutto, controllabile. Conosciamo bene le conseguenze e, se la Storia davvero insegna qualcosa, dovremmo aver imparato l’importanza, in certe occasioni, di essere “anti”. Questo non significa impedire ad una casa editrice di partecipare al Salone del Libro ma, se fossi stato costretto a scegliere – come è accaduto – tra Casa Pound e la partecipazione di Halina Birenbaum, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, non avrei avuto dubbi. Non cerco affatto nemici “a priori” ma questo non significa che i “nemici” da cui stare in guardia non ci siano e che, nel caso, vadano combattuti.

Le alternative

La sinistra paga, ancora oggi, un suo difetto atavico e devastante: come in una religione, ogni partito, gruppo, persona che ne fa parte ritiene di possedere la sua propria verità. Quando, ovviamente, tali verità tutt’altro che oggettive, contrastano fra di loro, ci si massacra allegramente all’interno della sinistra stessa, dimenticando del tutto quali siano i veri avversari. Al momento lo stanno facendo i simpatizzanti del PD e quelli che, all’interno del M5S, si ritengono di sinistra. Trovare una sintesi è difficile, così come difficile è proporre soluzioni di problemi complessi che siano semplici e immediatamente comprensibili.

La riduzione dell’utilizzo del contante, ad esempio, è stata proposta in più occasioni, a partire da Bersani, e, pur essendo semplice e comprensibile, è stata accolta con scarso riscontro e scarsissimo entusiasmo. Considererei un passo avanti significativo se la sinistra riuscisse, finalmente, a formulare e mettere in pratica qualche concreta proposta per migliorare, almeno un poco, la vita dei meno abbienti. Istruzione e asili nido davvero gratuiti per tutti, ad esempio.

Insomma

All’interno del Movimento 5 stelle, per quanto mi sforzi, non riesco a vedere neppure un indizio di dialogo interno: al primo accenno di dissenso le espulsioni sono immediate come dimostrano i casi, ad esempio, di Pizzarotti e di De Falco. Mi è insopportabile che l’ultima parola sia stata sempre e comunque riservata a quel sovrano senza trono che è Beppe Grillo, il garante unico, indiscusso e indiscutibile. Possiamo considerare davvero come terreno di confronto l’incontrollabile piattaforma Rousseau sulla quale perfino la formulazione del quesito riguardo a Salvini e la nave Diciotti risultava quanto meno equivoca? È sintomo di reale dibattito interno affidare agli iscritti, con un voto on line, la conferma o meno di Di Maio come capo politico o, invece, è solo un rifuggire la propria responsabilità individuale di fronte ad una catastrofe elettorale? Il PD ha molti difetti ma ritengo le primarie e lo svolgimento di un regolare congresso un “minimo sindacale” che va comunque difeso e preservato.

Ad una seria riflessione autocritica dovrà seguire la ricostruzione di un’alternativa credibile. Un’impresa non da poco e che, nei fatti, non potrà che passare da nuove elezioni e da un periodo in cui le carte le avrà probabilmente in mano il centro-destra o, addirittura, la destra-destra. Sempre che non ci si scatafasci prima, a causa della situazione economica e dell’aria che tira. Speruma bin …

Day After

Qualche considerazione sui risultati delle europee.

Il grande saggio

La maggior parte delle persone che conosco è in lutto, scrive disperata sui social che vuole emigrare, che la gente è scema o ignorante, qualcuno sparge colpe verso questo o quell’altro che doveva fare o non fare qualcosa che lui aveva detto da sempre. Qualcuno, della lega, gongola.

A me intristisce più questo tipo di reazione che il risultato in sé (peraltro ampiamente prevedibile). Finché non riusciremo ad aspettare il risultato elettorale con curiosità piuttosto che trepidazione, finché non riusciremo a guardare l’esito del voto come indicazione delle aree da migliorare, come giudizio di un saggio sulle nostre idee, piuttosto che come benedizione o maledizione, non saremo pronti per la democrazia.

Perché di un saggio, un grande saggio, si tratta. Il voto non è una gara. È un affidare ad un’intelligenza superiore una scelta che nessuno di noi ha gli strumenti per compiere con cognizione di causa. La visibilità sugli eventi, la conoscenza dei dettagli, la capacità di elaborazione di ognuno di noi è estremamente limitata. La saggezza collettiva, il merge dei mille punti di vista, non è solo un modo per mettersi d’accordo, è uno strumento potente per fare emergere le idee migliori, le soluzioni più adatte. Lo sperimentiamo ormai tutti i giorni: le pagine che le ricerche su internet portano alla nostra attenzione sono frutto di miliardi di micro votazioni. Quello che chiamiamo intelligenza artificiale non è altro che la cristallizzazione di miliardi di decisioni prese da esseri umani su vari problemi.

Funziona !

Sarà da migliorare, certo. Tutto è migliorabile, ma fidiamoci dello strumento che abbiamo ora: è il migliore possibile.

L’ondata nera

Nelle reazioni noto in particolare la paura di un ritorno al fascismo. Non la condivido. Anzitutto distinguerei bene gli spostamenti a destra dal fascismo. I primi sono assolutamente leciti e, in alcuni casi, auspicabili. Sono convinto che l’alternanza destra/sinistra sia semplicemente un motore con cui riusciamo a procedere. Nei periodi di stagnazione economica c’è bisogno di destra, di dare corda a chi ha l’entusiasmo di fare (certo, per guadagno personale, ma è la spinta a fare più potente che conosciamo), la destra accumula risorse, in mano a pochi, ma le accumula. Raggiunto un certo livello di ricchezza di pochi e di accresciuta tensione sociale, c’è bisogno di sinistra, c’è bisogno di ridistribuzione, ci si può permettere una maggiore attenzione ai più deboli.

Il fascismo mi sembra un’altra cosa. Non conosco l’ideologia che sta dietro ai gruppi neofascisti, se c’è. Mi son fatto l’idea che sia grosso modo folklore. Di cattivo gusto, certo, ma, visti anche i numeri, non mi sembrano fenomeni preoccupanti. Mi sembra, anzi, che si nutrano dello scandalo che danno, delle reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra. Molte di queste, a loro volta (non me ne vogliano), mi sembrano esibire semplicemente un folklore di natura opposta. Sono abbastanza convinto che entrambi i gruppi, spogliati dei preconcetti e degli opposti simboli, faticherebbero a trovare il reale oggetto del contendere.

I migranti

No, non penso che ci sia voglia di fascismo in chi ha votato lega. Certo c’è xenofobia, egoismo, paura. Certo abilmente amplificati e pilotati. Ma anche sottovalutati e, passatemelo, disprezzati dalla sinistra. Disprezzare il sentimento di paura verso l’immigrato è un modo sicuro per buttare chi questo sentimento ce l’ha nelle braccia di chi invece lo coccola. Credo sia stato un grosso sbaglio della sinistra, e dovrebbe essere ora un grosso tema di riflessione. Prendersela con Minniti che provava a risolvere un problema comunque reale (anche se abilmente amplificato) ha dato più forza agli untori.

La sicurezza

Continuo a pensare al video di quella signora che inveiva, in una manifestazione contro Casa Pound, verso i poliziotti urlando “Voi da che parte state?”. La faccia del poliziotto in prima fila lo diceva molto chiaramente da che parte stava: dalla parte di quello che ha bisogno di portare a casa uno stipendio a fine mese, e in quel momento si chiede perché non ha fatto il bidello.

“Sì, ma quelli inneggiavano alla violenza, stavano facendo apologia di reato e la polizia non faceva niente”, direte voi. Ma l’unico modo sensato di reagire alle idee violente è con idee non violente, e queste ultime non le puoi imporre con la violenza. L’unico modo sensato di reagire è manifestare pacificamente, dialogare con gli indifferenti, questo sposta i voti nella direzione giusta.

Quel video, diffuso e ridiffuso da militanti si sinistra per dimostrare la cattiveria della polizia, ha di fatto spostato molti voti verso chi invece la polizia la difendeva dicendo che i delinquenti erano gli antifascisti.

Antifascisti

Perché anti ? Perché non si dice non fascisti ? Anche accettando che il fascismo non sia un periodo storico finito quasi ottant’anni fa, ma un veleno ancora circolante e pronto a contaminarci, ha davvero un opposto ? Un solo opposto ? Non so cosa viene in mente a voi, ma se esiste un distillato di fascismo che, al di là del richiamo folkloristico o della nostalgia/rievocazione storica, può ancora albergare nel cuore delle persone, e contro cui ha assolutamente senso lottare, è semplicemente questo: Fascismo è imporre le proprie idee con la violenza e non col dialogo. Ma non è esattamente quello che fanno gli antifascisti ? Cosa voleva fare quella signora in quella manifestazione se non imporre la sua idea con la forza? Si illudeva di convincere qualcuno che già non la pensava come lei? Cos’è stato impedire ad una casa editrice di esporre al salone del libro ? (una casa editrice, non un’armeria !). Perchè anti ? Non è che è già segno di fascismo questa ansia di trovare nemici ?

Le alternative

E che alternative c’erano ? Una sinistra che non riesce ad aggregarsi su niente ? Preda di personalismi e lotte interne ? Che non ha democrazia interna ? Immagino che molti non siano d’accordo su questo, mi piacerebbe parlarne, ma mi sembra che quel poco di dialogo interno limitato e zoppicante che sono riusciti a mettere su i cinque stelle sia più di quello che offre il PD ai propri iscritti (non ditemi che la democrazia interna sono le primarie, please).

Le proposte economiche della sinistra, quando ci sono, sono blande e poco attraenti. Non credo ci vorrebbe molto. Ad esempio non abbiamo un partito che propone l’eliminazione del denaro contante per eliminare evasione, corruzione e malaffare, sarebbe una proposta assolutamente di sinistra e spopolerebbe: perché diavolo non la fanno ?

Insomma

Questa per la sinistra deve essere una sfida, non una maledizione. Una splendida occasione per una riflessione autocritica.

E per i leghisti c’è poco da gongolare: l’Europa non è come la sognavano loro e per l’Italia isolarsi rischia di essere un boomerang. Si stanno mettendo al timone di una barchetta nella tempesta, spero ne siano consapevoli.

blogalacazz numero tre

il due l’ho scritto ma era triste e lo tengo lì forse tutti sono tristi i blogalacazz non so ma quello di più e poi se sono a la cazz mica devono essere in ordine questo è un blogalacazz silenziosoelettorale ieri ho visto salvini da mentana e mi è sembrato molto plasticoso probabilmente ha gente molto brava che lo aiuta a confezionare il prodotto e lui è decisamente bravo nella parte quando gli ha chiesto del giornalista di repubblica picchiato dalla polizia ha iniziato a biascicare di codici identificativi per i poliziotti e ha subito abilmente deviato sul fatto che la polizia stava contrastando gente con casco bastoni e pietre e dagli torto è buffo ma sembra che quelli che partecipano a questo tipo di manifestazioni portino acqua al mulino di salvini e la polizia quando cede a comportamenti selvaggi giochi contro di lui strano poi vederlo baciare rosari a me il rosario piace è un’altra delle manifestazioni tradizionali della religione che ho rivalutato mi ricorda i mantra questo ripetere ossessivamente le stesse frasi ha qualcosa di magico il suono ti ipnotizza ti trasforma non credo sia questo il motivo per cui salvini bacia le corone comunque forse fa semplicemente parte del plasticoso o c’entra la supersizione se è così non lo biasimo abbiamo bisogno anche di superstizione se invece è un accattivarsi i credenti mi chiedo perchè ne senta il bisogno qualcuno dice che è una crociata contro il cattolicesimo progressista di francesco mi sembra un pensiero troppo sottile per salvini se mai sente il bisogno di discolparsi agli occhi dei credenti per certi aspetti del suo agire politico a volte mi sembra che non stiamo tutti ben dividendo il ruolo del buon samaritano da quello del politico credo servano entrambi ma traguardano il bene in momenti diversi il buon samaritano ti cura le ferite subito il politico è il chirurgo che magari le ferite te le fa nell’immediato per farti star meglio dopo in quest’ottica ci sta che salvini o renzi o la meloni o la merkel si preoccupino di bloccare l’immigrazione di regolarla di pagare qualcuno perchè blocchi le persone lontano dall’europa forse si può anche capire che si provi a fermarle in mare che si lotti contro le organizzazioni che hanno navi e vanno a cercare di salvare naufraghi perchè in qualche modo invogliano disperati a provarci quello che non capisco se sei un politico serio è perchè non ti dai da fare per creare percorsi legali per entrare in italia perchè non abolisci la bossi fini che ha creato questa massa di persone che stanno illegalmente in italia e non possono essere reimpatriate non capisco perchè fermi gli sprar che erano i luoghi in cui il buon samaritano poteva svolgere il suo lavoro bene e con buoni risultati aiutando esseri umani a integrarsi non capisco perchè a livello internazionale ti associ con chi non vuole farsi carico di un’europa unita che affronta insieme questi problemi hai voglia a baciare rosari se è questo che vuoi farti perdonare

Democrazia Assistita

Photo by Bonnie Kittle on Unsplash

Un mio amico che in gioventù frequentava ambasciatori e nobiltà varie, mi raccontava di non so quale contessa che sosteneva che le tre cose di cui non bisogna mai parlare in società sono: sesso, religione e politica. Delle prime due un po’ ho già accennato. Per allontanare definitivamente questo blog dai conviti sociali mi mancava la terza, e l’occasione possono essere le imminenti elezioni europee.

Software che ti consiglia il partito

L’idea per questa chiacchierata arriva dal fatto di aver trovato, via FaceBook, un link ad un sito (euandi2019) che ti suggerisce quale partito votare in base alle risposte che dai ad una serie di domande proposte. Un software divinatorio simile è presente sul sito de LaStampa, ne ha uno anche Repubblica e c’è anche questo (isidewith), che non è male. Perlomeno offre link di approfondimento sui temi che ti propone.

Dopo aver giocato un po’ con tutti ed aver visto i risultati e i commenti di qualche amico che ha fatto lo stesso, la sensazione generale è che questi test proiettino una visione appiattita della politica: i partiti sembrano tutti uguali. Sensazione anche più acuta nel caso i test emettano percentuali di aderenza ad un partito o all’altro: ti viene detto, in genere, di essere allineato a partiti da cui ti senti molto distante.

Il test de LaStampa produce meno questo effetto, ma c’è il trucco. Credo che per ogni argomento abbiano chiesto ai vari partiti la domandina/filtro da mettere. Il risultato è che a seconda della formulazione della domanda scelta, si seleziona molto nettamente un partito o l’altro, ma spesso è solo uno scherzo retorico: le risposte non sono poi così diverse. Guardate, ad esempio, le domande sul problema migranti:

  • Le leggi sull’immigrazione le fa l’Italia, non l’Ue. Protezione frontiere e respingimenti dei migranti
  • Redistribuire migranti, strategia comune per bloccare irregolari e rimpatriare chi non ha diritto. Piano Marshall per l’Africa
  • Ricollocazione obbligatoria dei migranti, rimpatri volontari e più fondi all’Africa
  • Ingresso per ricerca lavoro, canali per richiedenti asilo, soldi per inclusione sociale, chiusura Cie, abolizione norme contro soccorso in mare
  • Ripartire migranti tra Stati, sanzioni per chi non li accetta, gestione comune delle frontiere, vie legali per profughi e più fondi per l’Africa
  • Difendere propri confini aumenta conflitto tra Stati. Serve piano europeo per ingressi, espulsioni, garanzie, integrazione

Si delineano bene i due schieramenti opposti di chi vuole il totale respingimento da una parte o la incondizionata accoglienza dall’altra, e in mezzo varie proposte moderate che di fatto non si escludono a vicenda. Francamente non saprei attribuirle ad un partito o all’altro, ma sembrano destinate a riconoscere un’appartenenza di pancia più che una posizione su cui ha senso esprimere un parere.

Insomma, mi piace l’idea di questi orientatori al voto, ma la si potrebbe realizzare meglio. Ho apprezzato il fatto che il test euandi 2019 si prenda la briga di dirti da chi è fatto, e con quale metodologia.1.

Forse il problema è che le differenze tra i partiti non sono davvero così evidenti, o, più probabilmente, fanno tutti attenzione a non dire con troppa precisione come la pensano davvero. Ma allora su che base votiamo? Riusciremo mai ad uscire davvero dal tifo calcistico e decidere su cose concrete? Paradossalmente la ventata populista sembra produrre un effetto positivo in questo: almeno riesci a trovare delle posizioni da cui nettamente ti senti respinto. Insomma, si ha un po’ la sensazione di stare scegliendo qualcosa, ma è una magra consolazione.

Come lo si potrebbe fare

Credo che Il software applicato al voto, alla democrazia in generale, potrebbe fare molto di più. Proviamo a ragionarci un po’, e magari a stendere delle specifiche preliminari.

Di cosa abbiamo bisogno? Il problema di fondo è come permettere ad un gruppo numeroso (50 milioni se consideriamo l’Italia o 400 milioni per l’Europa) di persone di prendere decisioni per il bene collettivo.

Queste decisioni possono riguardare:

  • direttamente i vari temi
  • le persone a cui delegare queste scelte
  • i gruppi (partiti) a cui deleghiamo la scelta delle persone a cui verranno delegate le scelte
  • varie sfumature tra le tre.

Tutti i test elencati sopra sembrano indirizzare la scelta sui temi, il che, per inciso, è strano. Se alla fine quello che voto sono nomi di persone, quello che veramente mi servirebbe per decidere seriamente è l’Anagrafe degli Eletti proposta dai Radicali e la voglia/il tempo per analizzarli. E magari giornali/blog/social networks che predigeriscano per me le informazioni che contiene.

Sicurezza, trasparenza … ca va sans dire.

Ma torniamo al software: un requisito fondamentale dovrà ovviamente essere l’identificazione univoca del votante, e la sicurezza che non voti sotto coercizione. L’anonimità del voto potrebbe non essere un requisito fondamentale: se voto persone o partiti è importante, per evitare voti di scambio o rappresaglie, ma se voto idee, diventa fondamentale non solo l’appoggio ad un’idea altrui, ma la discussione, la partecipazione a crearla, modificarla. Tutte cose che sembrano quasi in contrasto con l’anonimato. Il voto palese (o meglio la discussione palese) sembra, tra l’altro, di per sé una soluzione all’identificazione del chiamante: se quello che esprimo non è solo un sì o un no, ma un pensiero un minimo più elaborato, è difficile che qualcuno lo possa fare al mio posto, per lo meno in massa.

Altri requisiti di carattere generale dovrebbero essere l’assoluta trasparenza: il codice deve essere open source, le basi dati devono essere ispezionabili da chiunque. Deve essere robusto, a prova di hacker, ospitato su server pubblici (altro inciso: non è strano che i 5S, anche una volta al potere, non abbiano reso statale ed estesa a tutti la piattaforma Rousseau ?).

Niente partiti precostituiti

Supponiamo di eliminare i partiti. Lo scopo del partito in fondo è proprio quello che assumerebbe questo software: identificare i contorni di insiemi di idee che possano essere votati da una maggioranza di votanti e realizzati da un gruppo di eletti.

Fermiamoci a questo “identificare un insieme di idee”. E’ questo che dovremmo fare: dato un pool di idee, possibili soluzioni a problemi, sceglierne un sottoinsieme che sia appoggiato da una maggioranza. O forse, meglio: scegliere più sottoinsiemi appoggiati da gruppi significativi.

La differenza tra queste due formulazioni è la differenza tra democrazia diretta e rappresentativa (vedi sotto).

Le idee

Immaginiamo di essere riusciti, in qualche modo, ad inserire in una base dati una serie di proposte politiche. Non so, cose del tipo: “Liberalizziamo le droghe leggere”, “Fermiamo la TAV”, “Spariamo ai migranti quando li vediamo in mare”, “Diamo 10000 euro al mese a quelli che si chiamano Vincenzo” etc.. Il tutto magari affiancato da un insieme di link a documenti, discussioni (ad es. su Kialo) che ne permettano l’approfondimento.

La base dati e il software permettono ad ognuno di esprimere la sua preferenza o avversione verso un insieme molto ampio di queste idee. E’ già una sfida di per sé, soprattutto la formulazione, l’inserimento, la discussione, l’evitare doppioni lasciando però respiro alle diverse sfumature. Supponiamo, però, di esserci riusciti: le idee sono lì e sono solo più da votare.

I votanti

Supponiamo a questo punto di aver trovato il modo per far votare tutto a tutti (in realtà è il votare stesso a definire l’insieme utile delle idee: quelle che nessuno vota è come non esistessero).

Supponiamo anche di essere stati capaci di dare pesi diversi ai diversi votanti in modo sensato (potreste non essere d’accordo, ma a me sembra che, come per l’anonimato, passare dal votare persone al votare idee comporti il superamento di qualche tabù: se voto idee sarebbe davvero triste se non tenessi in qualche modo conto di quanto un votante ha davvero capito l’argomento, ad esempio).

Ma supponiamo di aver superato anche questo ostacolo e di avere in questa base dati l’elenco delle idee e, associato ad ogni idea, la valutazione di ogni singolo votante, assieme all’importanza che il votante dà alla questione, e alla competenza del votante stesso.

Democrazia diretta o partiti dinamici

A questo punto può partire un’elaborazione con due obbiettivi abbastanza diversi:

  • posso cercare di individuare un’insieme di idee appoggiato dalla maggioranza più ampia e qualificata possibile.
  • posso cercare di identificare gruppi di votanti coesi e più ampi possibile.

In pratica è la scelta tra democrazia diretta e rappresentativa.

Diretta

Nel primo caso ho tirato fuori dai votanti le decisioni finali: quello che mi serve sono dei tecnici che le attuino. Ho sicuramente scontentato più gente: il set di scelte che emerge sarà quello che scontenta un po’ di meno. Non genererà grandi passioni, ma sarà immediatamente chiaro cosa fare.

Rappresentativa

Nel secondo caso ho creato dei partiti. Ho selezionato gruppi di persone che la pensano in modo simile su molti temi. Ho identificato idee ben rappresentate. Gli appartenenti a questi gruppi saranno appassionati, vitali. Ma nessun singolo gruppo potrà prevalere in assoluto sugli altri. Per attuare le idee di un gruppo ho bisogno di rappresentanti che sappiano mediare con gli altri gruppi/insiemi-di-idee. I rappresentanti, in questa seconda ipotesi saranno politici, non tecnici.

Variabile

La cosa interessante è che questa distinzione, tra democrazia diretta e rappresentativa, può non essere netta, (posso dosare quanto il sistema deve cercare ampio consenso a scapito di coesione, in pratica posso scegliere a priori il numero di partiti da 1 a N) e soprattutto questa scelta può essere essa stessa oggetto di voto.

Le persone

Ovviamente bisognerà votare anche gli eletti, tecnici o politici che siano. Se uno vuole candidarsi semplicemente lo dice: io sono a disposizione. Siccome i potenziali eletti sono anche votanti il sistema potrebbe proporre ad ogni votante i candidati che hanno votato in modo simile a lui e, in puro stile social network, tirare fuori la squadra di governo o il partito in base alle reputazioni dei vari profili. La partecipazione alle discussioni, l’aver proposto le idee più votate, la competenza, diventano punti che portano ad essere eletti.

Vincoli

Nessun’idea è un’isola. Le idee si condizionano a vicenda, specialmente sul piano economico. Potrebbe non avere senso votare per il reddito di cittadinanza e contemporaneamente votare per un abbassamento delle tasse. O comunque, se auspico che determinate scelte, che comportano nell’immediato introiti minori, abbiano un effetto economico positivo nel tempo devo tenere conto della variabile temporale. Se voto per una scommessa devo tenere conto del suo piano B. Ci sono scelte che sono ambientali (non nel senso di Greta, ma nel senso che condizionano molte altre scelte). Il software che permette di votare dovrebbe tenere conto di questi vincoli, e non permettere voti incoerenti. Votare dovrebbe essere, in qualche modo, simile a giocare a Sim City.

Vincoli a lungo termine

Un ultimo aspetto che questo software dovrebbe tenere in conto è quello del tempo. Le scelte di governo hanno uno span temporale. Anche quelle che sembrano di portata immediata acquistano o perdono valore a seconda di scelte che vengono fatte prima o dopo. Le scelte economiche soffrono del debito prodotto dalle generazioni precedenti e migliorano o peggiorano il futuro delle prossime. Alcune scelte, come i piani di ricostruzione a fronte di guerre o crisi, hanno span più lunghi di quelli di un singolo governo.

Per evitare che un periodo di cattivo governo possa avere conseguenze nefaste a lungo termine, ai singoli governi vengono posti pesanti limiti, ad esempio sulla possibilità di indebitarsi. Un’altra fonte di limitazioni sono gli accordi economici tra gli stati.

Il software di voto deve tenere conto di tutto questo e permettere le scelte che ipotecano maggiormente il futuro solo sulla base di maggioranze estremamente ampie, o in casi estremi, vietarle del tutto. Potrebbe esserci un rispetto per le prossime generazioni cablato nel codice.

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Ma si può fare ?

Direi di si, e sono pronto a scommettere che un social network con caratteristiche simili a queste verrà fuori in tempi brevi. Credo che a quel punto non sia nemmeno necessario che qualcuno lo incoroni e lo metta al potere. Milioni di persone che convergono su un insieme di idee governano. Punto. Il resto sono chiacchiere e distintivo.

  1. Dicono anche che il programma deriva da un SW su GitHub, chiamato Societly. Sono andato a vedere ed è presentato come “Web application to help university clubs and societies manage their members”. Bah …

Bleib mit deiner Gnade bei uns

(resta con la tua grazia con noi)

Forse c’entra con la magia delle colline della Borgogna, ci sono posti magici, dove ti senti immerso nella bellezza e non sai dov’è. In fondo da quelle parti era già nata l’abbazia di Cluny, tanti anni prima. La storia della comunità di Taizé secondo me è una storia di bellezza. Bellezza sempre a metà tra il terreno e il soprannaturale, ma forse non esistono bellezze d’altro tipo.

Se provate a leggere qualcosa sulla vita di Roger Shutz troverete il racconto di quello che ha fatto durante la guerra per accogliere chi scappava dai nazisti, i passi che hanno portato alla costruzione della comunità, e troverete qualcosa sul suo impegno per l’ecumenismo, per riconciliare le varie confessioni in cui si è oscenamente diviso il cristianesimo (frere Roger era protestante). Ma secondo me per cogliere chi era veramente e capire perché la sua comunità abbia attirato così tante persone bisogna provare a leggere qualcosa che ha scritto, o, ancora meglio, sentirlo parlare.

Roger Shutz non era un grande teologo o un grande scrittore, non era un trascinatore di folle, non era neanche un grande organizzatore, o uno che costruisce cattedrali con l’eredità lasciatagli dalle vecchie contesse. Era chiaramente un uomo innamorato di qualcosa di profondo che sentiva dentro di sé, e riusciva, parlando con gli altri, ad aprire un canale che permettesse anche a loro di condividere quest’esperienza interiore.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».

(Vangelo di Luca, capitolo 24)

Non è la stessa bellezza ? Questo brano del vangelo parla di una persona che faceva ardere il cuore in petto agli altri quando parlava. I discepoli di Emmaus hanno riconosciuto Gesù perché ricordavano questa sensazione. Non è questo che chiamereste grazia ?

La musica

La bellezza attira altra bellezza, o la crea se non ce n’è. Se fate un salto Taizé, e girate per il posto, vedrete la semplicità, la povertà, l’essenzialità delle cose che magicamente si adorna della cura disinteressata di tanti, soprattutto ragazzi, che passano di là. Entrate nella chiesa, spartana e con queste meravigliose vetrate, e l’esplosione di colori e luci dell’altare, la gente che se ne sta lì in silenzio a tutte le ore del giorno e della notte. Guardate le poterie e gli oggetti artistici fatti da alcuni monaci come lavoro.

E tutto questo non è nulla rispetto alla musica.

Una comunità religiosa formata da persone di confessioni diverse deve ridurre all’essenziale le parole usate durante le preghiere. Deve prediligere una preghiera silenziosa. E quando centinaia e poi migliaia di persone ogni anno da così tanti paesi iniziano a radunarsi intorno alla collina e a voler partecipare alla preghiera dei monaci, la differenza delle lingue parlate rende l’uso delle parole ancora più difficoltoso. Persino l’escamotage di alternare le diverse lingue nelle varie letture ha l’effetto di spogliare la lingua della sua razionalità e ridurla a musica: ci sono parole a Taizé, ma per la maggior parte non le capisci. E allora resta il silenzio, e soprattutto la musica.

I canti di Taizè sono molto belli. Si tratta in genere di corali a quattro voci, o canoni in cui la stessa melodia si accavalla sfasata. Il testo è, in genere, una breve frase che viene ripetuta in modo ossessivo per tante volte, un mantra. Ogni ripetizione ornata in modo differente dagli strumenti e dalle diverse voci.

L’effetto è straordinario: se sei in chiesa durante uno di questi canti, dopo poche ripetizioni cominci a cantare la melodia principale, anche se non conoscevi la musica, anche se non capisci le parole perché sono in una lingua che magari neanche identifichi.

Tante persone restano affascinate da questi canti: spesso, alla fine della preghiera, specialmente di quelle serali, tanti si fermano in chiesa e continuano a cantare, fino a notte fonda, un canto dietro l’altro. Qualcuno si addormenta lì, un’esperienza mistica improvvisata, un perdere il confine ben definito tra esperienza religiosa e amicizia e star bene lì, in quel momento, a fare una cosa bella che non ti aspettavi.

Le preghiere nelle città

Credo siano sensazioni come queste che hanno fatto in modo che molti, tornati a casa volessero ricreare questo tipo di esperienza nelle proprie città. Sono nate così quasi ovunque delle “Preghiere di Taizé” tenute, in genere, una volta al mese, in cui viene riproposto questo modo di pregare senza tanti discorsi, fatto di canti in tante lingue e di molto silenzio.

A Torino la preghiera di Taizé si tiene il primo venerdì di ogni mese, alle 21 nella chiesa di San Domenico, almeno nella stagione bella. A Genova anni fa era al Porto Antico, forse c’è ancora, ma non ricordo il giorno. L’estate scorsa ho provato ad andare a quella di Barcellona, casualmente ero lì nel giorno giusto del mese, ma una gentile parrocchiana mi ha detto che “a l’agost no hi és”. In quella di Torino a metà inseriscono uno spazio dedicato a qualche realtà locale, qualcuno che racconta una sua esperienza, in genere è un po’ noioso ed è un po’ una nota stonata nel contesto della preghiera, ma si sopporta e, per il resto, vale la pena di partecipare.

E ora fatevi un piacere

Trovatevi dieci minuti e un posto tranquillo, e magari qualcuno con cui condividere l’esperimento. Ascoltate qualcuno dei brani qui sotto, ho cercato di scegliere i più belli, leggete il testo e provate a cantare. Provateci anche se siete stonati e anche se non credete in niente1, giusto un breve viaggio in un posto bello.

A me piace in particolare De Noche, è l’ultima. Se siete di quelli, credo sia genetico: magari un giorno provo a parlarne, che ogni tanto si chiedono che ci facciamo qui, apprezzerete quest’idea che se immagini che l’acqua ci sia, basti la tua sete a indicarti dove cercarla.


Bleib mit deiner Gnade

Bleib mit deiner Gnade bei uns, Herr Jesu Christ.

Ach, bleib mit deiner Gnade bei uns, du treuer Gott!

(Resta con la tua grazia con noi, Gesù Cristo. Resta con la tua grazia con noi, Dio degno di fiducia)

In manus tuas Pater

In manus tuas Pater, commendo spiritum meum,

in manus tuas Pater, commendo spiritum meum.

(Nelle tue mani Padre consegno il mio spirito)

Bleibet hier und wachet mit mir

Bleibet hier und wachet mit mir.

Wachet und betet,

wachet und betet.

(Restate qui e vegliate con me. Vegliate e pregate, vegliate e pregate)

Laudate dominum

Laudate dominum laudate dominum omnes gentes alleluja

(Lodate il Signore genti tutte alleluia)

Laudate omnes gentes

Laudate omnes gentes,

Laudate Dominum.

(Lodate genti tutte, lodate il Signore)

The kingdom of God

The kingdom of God is justice and peace

And joy in the Holy Spirit

Come, Lord and open in us the gates of your kingdom

(Il regno di Dio è giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo. Vieni Signore e apri in noi le porte del tuo regno)

Bless the Lord

Bless the Lord, my soul

And bless God’s holy name

Bless the Lord, my soul

Who leads me into life

(Benedici il Signore, anima mia e benedici il suo santo nome. Benedici il Signore anima mia, lui che mi guida dentro la vita)

Nada te turbe

Nada te turbe, nada te espante;

quien a Dios tiene, nada le falta.

Nada te turbe, nada te espante:

sólo Dios basta.

(Niente ti turbi, niente ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla. Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio è abbastanza)

L’ajuda em vindrà del Senyor

L’ajuda em vindrà del Senyor,

Del Senyor, el nostre Déu,

Que ha fet el cel i la terra,

El cel i la terra.

(L’aiuto verrà dal Signore, il Signore nostro Dio, che ha fatto il cielo e la terra, il cielo e la terra)

Bonum est confidere

Bonum est confidere in Domino,

bonum sperare in Domino.

(È bene confidare nel Signore, è bene sperare nel Signore)

Cantarei ao Senhor

Cantarei ao Senhor, enquanto viver,

louvarei o meu Deus enquanto existir,

Nele encontro a minha alegria.

Nele encontro a minha alegria.

(Canterò al Signore finché vivrò, Loderò il mio Dio finché esisterò, In lui trovo la mia gioia, In lui trovo la mia gioia)

Behüte mich, Gott

Behüte mich, Gott

Ich vertraue, dir

Du zeigst mir den Weg zum Leben

Bei dir ist freude, freude in Fülle

(Salvami, Dio. Mi fido di te, Mi mostri la strada della vita. Con te c’è gioia, gioia in abbondanza)

Sit nomen Domini

Sit nomen Domini.

Sit benedictum.

Nunc et in saecula benedictum.

(Sia il nome del Signore, sia benedetto, ora e nei secoli benedetto)

I am sure I shall see

I am sure I shall see

the goodness of the Lord

in the land of the living.

Yes, I shall see

the goodness of our God,

hold firm, trust in the Lord.

Viešpatie, tu viską žinai

Viešpatie, tu viską žinai.

Tu žinai, kad tave myliu

(Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo)

Ubi caritas

Ubi caritas

Et amor

Ubi caritas

Deus ibi est

(Dove c’è carità e amore c’è Dio)

Dona la pace

Dona la pace, Signore,

a chi confida in te.

Dona la pace, Signore,

dona la pace.

Vieni Spirito creatore

È più bella in tedesco, ma non ho trovato lo spartitello.

El Senyor

El Senyor és la meva força,

el Senyos el meu cant.
Ell m’ ha estat la salvació,
en Ell confio i no tinc por

(Il Signore è la mia forza, il Signore è il mio canto. Lui è stato salvezza, in lui confido e non ho paura)

El alma que anda en amor

El alma que anda en amor ni cansa ni se cansa

(L’anima che cammina nell’amore non si stanca né si stanca)

Bendigo al Señor

Bendigo al Señor

porque escucha mi voz,

el Señor es mi fuerza,

confia mi corazón.

(Benedico il Signore perché ascolta la mia voce, el Signore è la mia forza, il mio cuore ha fiducia)

Wysławiajcie Pana

Wysławiajcie Pana, O

Wysławiajcie Pana, O

Spiewaj Panu cała ziemo,

Alleluja, Alleluja!

(Loda il Signore, canta il Signore terra tutta, alleluia alleluia)

Mon âme se repose

Mon âme se repose en paix sur Dieu seul:

de lui vient mon salut.

Oui, sur Dieu seul mon âme se repose,

se repose en paix.

(La mia anima riposa in pace solo su Dio: da lui viene la mia salvezza. Sì, solo su Dio la mia anima riposa, riposa in pace)

Toi, tu nous aimes

Toi, tu nous aimes

source de vie

(Tu ci ami, sorgente di vita)

De noche

De noche iremos, de noche,

que para encontrar la fuente

sólo la sed nos alumbra,

sólo la sed nos alumbra.

(Di notte andremo, di notte, per trovare la fonte, solo la sete ci illumina, solo la sete ci illumina)

  1. Dopo tutto fa bene.

The joy of programming

In questo secondo articolo (questo è il primo) dedicato ai linguaggi di programmazione parleremo di concetti come gioia, divertimento, serenità, estetica, pace mentale …

L’idea è di fare una carrellata delle features introdotte dai linguaggi moderni, e vorrei iniziare da quelle che mi sembrano più importanti: quelle che aiutano a creare e mantenere uno stato mentale adatto e a permettere quindi all’inconscio di fare le sue magie.

Photo by Dids ddd on Unsplash

« … a casa ho un libretto di istruzioni che apre grandi prospettive al miglioramento della prosa tecnica. Comincia così: “Il montaggio della bicicletta giapponese richiede una grande pace mentale”».

«Provate a osservare un apprendista o un operaio scadente e paragonate la sua espressione a quella di un artigiano di prim’ordine e vedrete la differenza. L’artigiano non si attiene mai alle istruzioni. Decide man mano quel che deve fare; sarà concentrato e attento senza il minimo sforzo. I suoi movimenti e la macchina sono come in sintonia. È la natura della materia su cui lavora a determinare i suoi pensieri e i suoi movimenti, e questi, a loro volta, cambiano la natura della materia. La materia e i pensieri dell’artigiano si trasformano insieme, cambiando gradualmente, fino al momento in cui la mente è in quiete e la materia ha trovato la sua forma».

Pirsig, Robert M.. Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta

Espressività, pulizia sintattica

Provo a raggruppare qui le features che hanno a che fare con l’espressività: quelle che permettono di esprimere concetti con meno rumore possibile.

Il legame con la pace mentale di cui sopra è che meno dettagli dobbiamo tenere in mente più il nostro cervello lavora bene. Quanto maggiore è la sintesi che il linguaggio permette, e minore è il boilerplate 1, tanto maggior è la possibilità di concentrarsi sul problema da risolvere.

String interpolation

Costruire una stringa inserendo il risultato di un espressione. Ad esempio questo codice “C”

int quanti = 3 * 7 * 2 ; 
char buff[200]; 
sprintf(buff, "Essi sono %d", quanti);

diventa in Ruby

"Essi sono  #{ 3 * 7 * 2 }."

Ruby è stato il primo ad introdurre questa feature, ora è presente ad esempio in CoffeeScript, JavaScript, Elixir, Groovy, Kotlin, Nim, Swift, Crystal.

No semicolon, No return statement

Può non sembrare una gran cosa, ma non avere la necessità di chiudere ogni linea di codice con un terminatore (in genere il punto e virgola), o di usare esplicitamente lo statement return ,rende i programmi più leggibili. Molti dei nuovi linguaggi vogliono il semicolon solo per separare due espressioni sulla stessa linea, e il valore ritornato da una funzione è generalmente l’ultima espressione calcolata.

Tuple

Un tipo di dato ormai presente in tutti i linguaggi nati in questo secolo e qualcuno di quello precedente: sono liste di lunghezza finita i cui elementi possono essere di tipi diversi. Permettono, tra le altre cose, di avere funzioni che ritornano valori multipli (cosa che in linguaggi più datati richiede un discreto lavoro e porta a programmi meno leggibili).

Un esempio in Rust:

fn main() {
    let x = (2, 3);
    let y = swap(&x);
    println!("Hello, world! {} {}", y.0, y.1);
}

fn swap(x:&(i32, i32)) -> (i32, i32) {
    (x.1, x.0)
}

// produce: Hello, world! 3 2

Rust quanto a leggibilità non eccelle, ma ha altre virtù.

Pattern Matching / Destruction

Questa è una delle più significative, permettere di smontare strutture dati dichiarando un set di variabili locali che assume i valori dei corrispondenti campi della struttura originale. Si può usare nelle assegnazioni, nei parametri di una funzione o in alcune strutture di controllo (if, case/switch).

Nell’esempio sotto un tuple literal in Elixir viene creato e poi scomposto o nei suoi valori.

{:ok, result} = {:ok, "good"}
# la variabile result a questo punto vale "good"

pippo = case {:ok, "bene"} do
              	{:ok, result} -> "Molto " <> result 
           	{:error, why} -> "Bad " <> why
                _ -> "Nothing matched"
         end
# pippo vale "Molto Bene", l'operatore <> concatena due stringhe, vedete che il case ha riconosciuto lo schema della tupla e ha estratto nella variabile result il secondo elemento.
# La variabile _ significa don't care.

Per quelli-che-sanno: lo so che Elixir non ha variabili 2

Questa feature è presente in parecchi linguaggi con sintassi diverse, ma Elixir qui eccelle. La sintesi che questo tipo di notazione raggiunge, è notevole. Il codice sopra, riscritto in “C” potrebbe, ad esempio, diventare:

enum flag {OK, ERROR};
typedef struct _T {
	flag res;
	char * result;
} Pair;
Pair stuff = {OK, "good"};
char * result;

if (stuff.flag == OK) {
	result = stuff.result;
} else {
	exit(1);
}

char pippo[300];
Pair stuff2 = {OK, "bene"}
if (stuff2.flag == OK) 
	sprintf(pippo, "%s %s", "Molto", stuff2.result);
else if (stuff2.flag == ERROR)
	strcpy(pippo, "Bad"
else
	strcpy(pippo, Nothing matched)

Enum con valori

Il miglioramento qui è permettere di dichiarare enumerativi che contengono dati. Anche questa è stata introdotta in parecchi linguaggi.

Al posto di

enum DayFitness {SVEGLIA, COLAZIONE, CORSA, WORKOUT}

posso dire

enum DayFitness {Sveglia(ora: DateTime), Colazione(calorie: i32), Corsa(km: f32), Workout(minuti: i32}

Di fatto funziona un po’ come le union del C: con l’aggiunta che l’enum dice anche qual’è l’assetto corrente della union.

I linguaggi che hanno questo tipo di enum le combinano col pattern-matching, per cui, sempre in Rust posso scrivere:

let oggi:DayFitness = Corsa(20.0);
match oggi {
        Corsa(km) if km > 0.5 => 
		println!("Naaa, {} km di corsa oggi te li fai te !", km),
        Corsa(km) => 
		println!("Dai che un po' di attività fisica fa sempre bene"),
	_ => println!("non dovevamo andare a correre ?")
    }

e ottenere un secco rifiuto.

Closures

Una volta qualcuno ha detto che le closures erano le classi dei poveri, e gli hanno risposto che erano le classi a essere le closures dei poveri.

Sono uno strumento espressivo straordinario. Nascono col Lisp, sono tipiche di un approccio funzionale, si tratta infatti di assegnare una funzione a una variabile, ci hanno messo un po’ ad affermarsi, ma ora le hanno praticamente tutti i linguaggi moderni.

Un piccolo esempio in JavaScript, tanto per cambiare:

<!DOCTYPE html>
<html>
<body>

<button id="Click" type="button">Click Me!</button>
<button id="Increment" type="button">Click Inc!</button>

<p id="demo"></p>

<script>
function buildClosures() {
  var a = 4;
  
  myF = () => {
    document.getElementById("demo").innerHTML = a * a;
  } 
  incF = () => {
    a = a + 1;
  } 
return [myF, incF]
}
data = buildClosures()
myFunction = data[0]
incFunction = data[1]
document.getElementById("Click").onclick = myFunction
document.getElementById("Increment").onclick = incFunction
</script>

</body>

La pagina che viene fuori da questo HTML (potete caricarlo in un browser per provare) crea due bottoni. Premendo il primo viene visualizzato il quadrato della variabile a (inizialmente 16). Ogni volta che si preme il secondo bottone la variabile a viene incrementata di 1. Alternando quindi il click sui due bottoni vedrò la sequenza 16, 25, 36, 49, 64 …

La funzione buildClojures, che viene chiamata al caricamento della pagina ritorna due closures (myF e incF) che vengono assegnate ai due bottoni, verranno eseguite ad ogni click.

Guardate dentro a buildClosures. La variabile a, inizializzata a 4, è una variabile locale, esiste solo finché la funzione buildClosures è in esecuzione, eppure viene usata/modificata dalle due funzioni. Le due funzioni sopravvivono alla fine della buildClosures (essendo depositate nei bottoni), e quindi continuano a usare la variabile a anche quando questa è uscita di scena.

Questo ritornare un puntatore a una variabile locale sarebbe stato un peccato mortale in “C”, per chi c’è passato, diventa invece qui un valore. Una closure cattura le variabile a cui accede, assieme al loro valore e le conserva in un posto sicuro.

E’ notevole, tra l’altro, che siano state implementate anche in linguaggi statici e compilati, come Rust, Go e Crystal.

Easy thread creation syntax / Green threads

E quale uso migliore di una closure si può trovare che farne il corpo di un thread ?

La sintassi con cui questi nuovi linguaggi permettono la creazione di thread è sempre molto limpida. In genere è della forma

thread_id = spawn(closure)

esegui questa closure in un thread separato.

Ma parlando di thread non possiamo tralasciare un accenno ai green thread o light thread. Il problema è quello di voler usare molti thread per esigenze espressive del programma, ma non voler usare troppi thread veri (quelli offerti dal sistema operativo) che sono risorsa preziosa. I green thread sono la risposta a questo: il runtime (o la virtual machine) del linguaggio alloca un pool di thread veri e permette al programma di crearne molti di più di tipo green, gestendo lui (il runtime/VM) la concorrenza interna e allocando con uno scheduling l’esecuzione dei thread green su quelli veri.

What’s next

Nella prossima puntata parleremo delle features più caratteristiche dell’approccio funzionale (ma che ormai in buona parte sono presenti in molti linguaggi non rigorosamente functional). Sono features che considero a metà tra espressività e robustezza/preformance del programma.

In quella dopo pensavo di parlare delle features che hanno più a che vedere con l’organizzazione del codice, gestione della macro-complessità anziché della micro (l’espressività appartiene a quest’ultima categoria).

E, infine, vorrei fare una piccola passerella dei linguaggi che a me sembrano più significativi: quelli che bisogna assolutamente imparare quest’anno 😜.

  1. Viene chiamato così l’insieme di istruzioni che devo inserire nel programma per far contento il linguaggio, non finalizzate al mio lavoro.
  1. Per i curiosi, a questo punto. In Elixir non ci sono assegnazioni: i dati sono assolutamente immutabili, ne parleremo la prossima volta. Quell’uguale è ancora un pattern-matching, sta dicendo: “Se il primo parametro della tupla è :ok associa al simbolo ‘result’ il valore del secondo parametro, altrimenti fai crashare il programma. Che sembra drastico, ma Elixir ha una filosofia di eutanasia rapida che prescrive di far morire un task alla prima anomalia (in genere si tratta di green thread il cui lifecycle è sotto il controllo del programma). Per errori previsti il pattern-matching si fa in un case come mostrato nell’esempio.