Quest’anno mi sono iscritto a ben tre corsi dell’UNI3, l’università della terza età, di Ivrea.
Il corso di fotografia è il secondo anno che mi vede iscritto, ora ho aggiunto la corale polifonica e scrittura creativa.
Difficile dire cosa si impara. Sono tre cose in cui le nozioni non contano poi tanto: conta molto di più quello che puoi tirare fuori dalla pratica. Gira un po’ tutto intorno a un raffinare la sensibilità. Decisamente un Imparare senza capire.
È anche un bel modo di conoscere persone che condividono i tuoi interessi, ed è piacevole e utile vedere gli altri all’opera: guardare le loro fotografie, leggere i testi che hanno scritto e sentirli cantare di fianco a te.
L’esercizio di scrittura creativa di questa settimana consisteva nel prendere un libro a caso, scegliere una pagina e una riga a caso, raccogliere le prime dieci parole, tra sostantivi, aggettivi e verbi e usarli in un tuo pezzo di massimo 2500 battute.
Questo è il mio svolgimento, ne è venuto fuori un bel ricordo di gioventù.
Dieci parole a caso.
Da “Dead Lions” di Mick Herron.
trova, stanza, porta, chiusa, ostacolo, nostro, topo, esploratore, pila, elenchi.
Una volta, sui tram c’era il bigliettaio. Credo anche sui bus, ma io ricordo i tram. Un tram, per la precisione: il diciannove. Lo prendevo in via Stradella e mi portava verso il centro, a fare cosa non so. Ho qualche flash di quando, con altri ragazzini della mia età, andavo al Salone della Tecnica. Si teneva a Torino Esposizioni, che si trova dalla parte opposta della città, rispetto a dove abitavo. Mi sentivo un grande esploratore ad aggirarmi per il centro.
Sul tram si saliva dalla porta posteriore e si scendeva davanti. Per arrivare all’uscita dovevi attraversare una strettoia, limitata da un lato da una struttura di tubi e dall’altra dal gabbiotto del bigliettaio. La struttura ritagliava una specie di stanza, nella parte posteriore del mezzo, in cui sostavano i passeggeri senza biglietto.
Il bigliettaio era, nel mio ricordo, un personaggio severo, col suo cappello da gendarme e la divisa.
Sul ripiano stretto che aveva di fronte teneva i biglietti e un porta monetine per dare il resto. Ogni tanto scriveva, illuminato da una pila se era sera, su dei libroni. Elenchi di chissà cosa.
In cambio di qualche monetina strappava dal suo blocchetto questi biglietti minuscoli, stampati su della carta finissima che si usava, allora, anche per le schedine del totocalcio. Una volta che avevi il biglietto ti guardava passare attraverso la strettoia.
Mentre aspettavamo il nostro turno per pagare, a volte sentivi urlare un “Devo scendere !”. Seguito da un onda di persone che si appiattivano per fare largo a qualcuno. Il ritardatario si infilava come un topo, incurante di ogni ostacolo, nel varco tra le persone, per scavalcare la fila, prendere il biglietto e piazzarsi davanti alla porta d’uscita ancora chiusa.
Oggi, a quell’età, i ragazzini non possono allontanarsi a più di venti metri dall’occhio attento della madre. Mi chiedo che ricordi avranno.
Non hai detto che età avevi!
Sai? …mi hai sbloccato un ricordo (come si usa dire ultimamente!).
Ho anch’io una simile esperienza di infanzia.
Me lo segno, e me lo tengo da parte, da utilizzare quando toccherà a me iscrivermi a quel corso di UNI3 🙂
PS: DICIANNOVE!?! …per un attimo ho trasalito: ti stavo scrivendo la risposta al precedente post, sostanzialmente stroncando ogni esperienza “trascendentale” e improvvisamente mi compare la notifica di questo tuo nuovo articolo appena pubblicato.
Bèh, il 19 è il MIO numero (per alcuni validi motivi). Inteso non come tram, ma letteralmente come n ∈ N (elemento appartenente all’insieme dei numeri Naturali).
Allora le cose sono due:
1. hai ragione tu, e le tue pratiche meditative ti permettono di leggermi nel pensiero;
2. è proprio vero che ormai siamo tutti controllati, e le mie password e le mie domande di controllo sono disponibili sul deepweb;
3. è solo una coincidenza, di quelle che ti colpiscono solo quando …coincidono 😉
Avrò avuto dieci dodici anni …
10 sono le parole della poesia haiku, 10 sono le parole da scegliere a caso e da utilizzare per scrivere una storia: un caso anche questo o, più probabilmente, siamo tutti inconsapevolmente spiati e controllati dai satelliti di Elon Musk? La seconda che ho scritto!