Due serie TV e una canzone

 

There must be some kind of way outta here

Said the joker to the thief

There’s too much confusion

I can’t get no relief

( Ci deve essere un modo per uscire di qui

Disse il giullare al ladro

C’è troppa confusione

Non riesco a trovare sollievo )

Lucifer dura sei stagioni. E ogni stagione ha un sacco di episodi. Ore e ore di duro lavoro steso sul divano, ma alla fine ce l’ho fatta, sono arrivato all’ultima puntata.

Mi piacciono le serie. Le serie di libri, le serie TV. Mi piace questo modellare i personaggi lungo ore e ore di lettura o visione. E non solo modellarli, ma trasformarli nel tempo, farli maturare. Dopo un po’ diventano figure reali, a cui ti affezioni, modelli da ammirare o di cui riesci a capire le debolezze. Persone vive, insomma.

Guardando Lucifer mi ha colpito, ad un certo punto una musica (Lucifer ne è pieno) che mi ha ricordato un’altra serie che ho amato molto. Due serie diversissime, anche se accomunate dal tema religioso. Vederle unite anche da questo brano le ha improvvisamente fuse in un unico discorso. Eccolo qui.

Lucifer

Business men, they drink my wine

Plowmen dig my earth

None of them along the line

Know what any of it is worth

( Uomini d’affari bevono il mio vino

Contadini arano la mia terra

Nessuno in quella coda di gente

Capisce il valore di tutto questo )

L’idea (quanto ai personaggi, almeno) è tratta da un fumetto. E si vede. Netflix la classifica come dramma, ma, almeno per quanto riguarda le prime tre stagioni, è decisamente una commedia.

La storia, in estrema sintesi, è quella del Diavolo che si prende una vacanza a Los Angeles (la città degli angeli), qui si fa chiamare Lucifer Morningstar e gestisce un night club (il Lux), si innamora di una donna (Chloe, la detective) e diventa progressivamente, non so se dire più buono o più maturo, o meno infantile. Insomma cambia.

Il tutto prende le mosse dal mito religioso cristiano. Con tanto di Diavolo, Inferno, uno stuolo di demoni, Dio e gli angeli. Ma estende questo mito rendendolo un po’ più Olimpo. Ci sono angeli e diavoli che fanno figli con umani, un Dio con una compagna (impersonata dalla bellissima Tricia Helfer), angeli e diavoli che continuamente volano dall’Inferno, alla terra, al paradiso. Ali tagliate, spade infuocate che uccidono gli esseri celesti, Dio che si stufa e va in pensione e serve un successore. Insomma, un gioco senza briglie, decisamente scanzonato, intorno al tema religioso tradizionale.

Hey, hey

No reason to get excited

The thief, he kindly spoke

There are many here among us

Who feel that life is but a joke

( Ehi Ehi

Non c’è bisogno di prendersela tanto

Disse gentilmente il ladro

Ci sono molti tra noi

Che pensano che la vita non vada presa così seriamente )

Ogni episodio è abbastanza autoconclusivo, incentrato su un caso poliziesco (Lucifer lavora come consulente della detective). La storia crime è mantenuta a livello di pretesto ed è sempre ai limiti del banale. Sotto alla storia si muove, tra battute e drammi esistenziali la vicenda dei personaggi principali, intessuta di amori, rivalità (umane e celesti) e profonde riflessioni a cui un occhio distratto non fa caso, secondo me non casuali.

Il tema principale di queste riflessioni è il libero arbitrio. Lucifer e Chloe capiscono ad un certo punto di essere predestinati a incontrarsi, di essere parte di un piano divino e rifiutano, per questo, la situazione. L’inferno è semplicemente un insieme di stanze in cui i dannati rivivono infinite volte le decisioni di cui provano un senso di colpa. E le ripetono sempre quelle decisioni. Il castigo è autoinflitto dall’incapacità di prendere decisioni diverse.

Come già detto la serie è piena di musica. Il Diavolo (Tom Ellis, l’attore che interpreta Lucifer ed è anche produttore esecutivo della serie) dimostra un notevole talento come musicista. Ama esibirsi cantando con una voce malinconica e accompagnandosi al pianoforte. Canta sia in pubblico, nel suo locale, sia nell’intimo dei suoi momenti di riflessione. I brani scelti per queste performance sono sempre associati alla situazione. Nel primo episodio della seconda stagione Lucifer viene a conoscenza di un evento che rischia di sconvolgere completamente la sua esistenza. La sua reazione è di sedersi al pianoforte e suonare “All Along The Watchtower”.

The Young Pope

But, uh, but you and I, we’ve been through that

And this is not our fate

So let us stop talkin’ falsely now

The hour’s getting late, hey

( E poi, dai, noi ci siamo già passati

E questo non è il nostro destino

Quindi non prendiamoci in giro

Si sta facendo tardi )

Sorrentino dice di aver scelto Jude Law per la parte di Pio XIII dopo averlo visto camminare. Dal modo di camminare, sostiene, si capiva che era un attore intelligente.

L’elezione di questo Papa giovane e tormentato offre al regista lo spunto per raccontare un Vaticano visto dall’interno. Il Papa rappresentato da Law non ricalca la figura di nessun pontefice reale, anche se, volendo fare un paragone, il primo che viene in mente è Giovanni Paolo II. Pio XIII è una figura tormentata da un’infanzia segnata dall’abbandono e da una religiosità di facciata . Il suo rapporto con Dio è problematico, e, quasi per reazione a questo, tende a trasformare la Chiesa in un trionfo di tradizionalismo, fatto di rituali misteriosi e severi.

Lotta per una Chiesa meno scandalosa. Si oppone alla pedofilia, la corruzione, al culto della personalità, ma in nome di un feticcio vuoto, insensato. La Chiesa Dio di se stessa.

Il racconto è molto bello ed esalta la cornice (Roma e il Vaticano, coi suoi tesori artistici) che la racchiude.

Il cast è eccezionale. Diane Keaton interpreta Suor Mary, che ha allevato Lenny Belardo (il futuro Pio XIII), ne conosce i difetti, lo ama come farebbe una madre, ma è preoccupata dell’eccesso di radicalità delle sue scelte. Javier Camara nel ruolo cupo di confessore del Papa. Silvio Orlando nelle vesti di un Segretario di Stato che unisce la gestione di un potere fatto di intrighi con la cura di un ragazzo disabile.

Un affresco in cui bene e male non sono mai facilmente separabili.

All along the watchtower

Princes kept the view

While all the women came and went

Barefoot servants, too

( Lungo tutta la torre di guardia

I Principi tengono d’occhio la situazione

Mentre le donne vanno e vengono

E I servitori scalzi anche )

Ma la cosa assolutamente fantastica è la sigla finale in cui Jude Law, con la sua camminata intelligente, percorre una galleria di quadri famosi che rappresentano momenti chiave dell’idea religiosa. Una stella cometa attraversa tutti i quadri, interagendo in vari modi con la vicenda rappresentata. Al fondo della galleria c’è una statua di Giovanni Paolo II, rappresentato nel finale della sua vita, quando, malato e anziano, si reggeva al bastone pastorale. La cometa, uscita dall’ultimo quadro, colpisce la statua e la abbatte. La musica che accompagna il tutto è una versione strumentale di “All Along The Watchtower”.

Il brano

Well, uh, outside in the cold distance

A wildcat did growl

Two riders were approaching

And the wind began to howl, hey

All along the watchtower

Ma guarda là fuori, nella fredda lontananza

Un puma ringhia

Due cavalieri si avvicinano

E il vento comincia a ululare

Tutto intorno alla torre di guardia )

“All Along The Watchtower” è una canzone scritta da Bob Dylan. È apparsa per la prima volta in un album del 1967. Se volete ascoltarla è qui.

Il ritmo è quello di una marcia. L’armonia è affidata a due soli accordi: Do minore e Si bemolle maggiore. Il tutto dà una sensazione di urgenza ossessiva. La strumentazione è essenziale, affidata, nello stile tipico del Dylan di quegli anni, a chitarra e armonica. Una batteria rinforza leggermente i tempi forti della chitarra e lega le strofe con i suoi rullati. La musica qui non è protagonista: fa da sfondo alla voce che, più che cantare, narra la storia.

Parla di un giullare e un ladro che discutono in cima a una torre di guardia. Il giullare si lamenta di una situazione cambiata, di una perdita di privilegi. Persone nuove, uomini d’affari e contadini in coda, che non capiscono il valore di quello che stanno maneggiando. Il ladro risponde di non prendersela, ci sono già passati, e loro non sono in quella coda, tra quelli che pensano che la vita sia una cosa seria. Guarda, continua il ladro, guarda i principi, con le loro ricchezze, le donne, i servitori. Stanno sempre sul chi vive e non si accorgono che là fuori i puma ringhiano, il vento ulula e due cavalieri si stanno avvicinando. Qualcosa sta per succedere. Qualcosa di brutto per loro.

Alcuni critici sostengono che il brano parli della Torre di Babele. Dylan è uso trarre ispirazione da brani della Bibbia, ma non ha mai confermato che questa sia l’interpretazione giusta. Credo parli in generale di qualsiasi organizzazione umana. Destinata inevitabilmente a crollare.

La versione che ha portato il brano al successo è quella di Jimi Hendrix. Qui la musica diventa protagonista al pari delle parole. La voce dialoga con una chitarra elettrica e le percussioni. Batteria e basso creano una struttura che diventa la firma di tutto il brano. Dylan stesso ammette che avrebbe voluto averla scritta così.

L’interpretazione del diavolo Tom Ellis al pianoforte, con l’immancabile bicchiere di whisky e la sigaretta accesa, è molto intima, sofferta. Non racconta la storia: lui è là sopra, sulla torre. Preoccupato per quei due cavalieri che arrivano. Quella firma di batteria e basso è ancora presente: tra le note basse del piano, la batteria la senti tra le pause, anche se nessun suono è passato attraverso l’orecchio.

La sigla finale di “The Young Pope” non è cantata. La voce è sostituita da una chitarra elettrica solista. La firma di batteria e basso qui è sottolineata anche da una chitarra ritmica. L’arrangiamento è scherzoso, buffo, ironico. Perfetto per accompagnare Jude Law che si gira a guardare la camera e strizza l’occhio allo spettatore, per poi proseguire la camminata col suo sorriso sardonico.

Come farebbe un giullare che ha finito di narrare la sua storia.

4 pensieri su “Due serie TV e una canzone”

  1. Ogni tanto mi fai scoprire qualcosa di nuovo, soprattutto perché non guardo Netflix. La versione del brano che più mi è piaciuta è quella accompagnata al piano ma ho apprezzato anche la sigla finale, molto adatta alle immagini con la camminata e la galleria di quadri.

  2. Sempre interessanti ed intriganti i tuoi suggerimenti.
    In particolare la prima serie TV.

    Ma al contrario di te, io non amo, anzi non reggo, non sopporto, le serie troppo lunghe…
    Per me un buon film dice tutto. Ed una serie (a volte le seguo) non deve durare più di una stagione, con 6 o 8 episodi al massimo.
    E’ un mio limite, certo, …come ti dicevo per il cane 🙂

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