Sembra che in Italia il 13% dei contribuenti paghi i due terzi degli introiti fiscali.
Non voglio discutere qui dell’equità di questa situazione, né di eventuali patrimoniali che facciano pagare una fetta più grossa a chi è più ricco, né di riduzione della spesa.
Voglio parlare di efficienza.
Quel 13% non rappresenta semplicemente la classe media, ma in gran parte una fetta della classe media (dipendenti e pensionati) con un reddito leggermente più elevato della media.
Ovviamente non puoi spremere soldi da chi non ne ha per sopravvivere, ma dovresti riuscire a far pagare il giusto a chi li ha. I metodi di lotta all’evasione si scontrano in parte contro
- la volontà politica (condoni …),
- l’oggettiva difficoltà di accertare quanto si guadagna in attività di tipo imprenditoriale (non è semplice stabilire quanto del ricavo di un’azienda vada considerato guadagno o investimento e spesso non è facile distinguere se le spese sono per l’azienda o per il benessere del proprietario)
- difficoltà nell’accertamento (poco personale, leggi sulla privacy)
- difficoltà nel reale recupero dell’accertato (ditte che falliscono, burocrazia, giustizia lenta).
Se il modo di spingere le persone a pagare le tasse è solo coercitivo è chiaro che chi può cercherà di evaderle e, viste le difficoltà elencate sopra, ci sarà sempre una fetta della popolazione che avrà più possibilità di riuscire in questo intento rispetto a un’altra, minando in questo modo il concetto di giustizia che abbiamo eletto a ideale.
Tentativi non coercitivi
Vorrei a questo punto parlare di questa giustizia, ma prima è bene accennare a tentativi che sono stati fatti per spingere qualcuno in più a pagare le tasse, diciamo, volontariamente, senza che ne sia costretto.
Un generico tentativo passa dall’educazione. Se riesco a convincere le generazioni più giovani che il pagare le tasse è alla base della costruzione di una società migliore per tutti. Se riesco a fare in modo che in un futuro non troppo distante il mio vicino mi tolga il saluto se sa che non pago il dovuto, anziché, come oggi, strizzarmi l’occhio e dirmi “tu sì che sei furbo”. Beh, magari in parte ho risolto il problema.
Alla stessa categoria appartengono appelli del ministro di turno che dice che “pagare le tasse è bello”.
Purtroppo questi tentativi, pur lodevoli, si scontrano con due aspetti: Gli sprechi e la privacy. Partiamo dal secondo: il mio vicino non sa quanto guadagno e quanto pago di tasse. Probabilmente si fa un’idea del mio tenore di vita, ma non conosce la provenienza del mio denaro, né sa quali eventuali spese devo sostenere per l’attività lavorativa, per assistere familiari etc. Insomma non è che si possa fare un’idea molto oggettiva. Spesso neanche lo stato ci riesce per motivi analoghi.
Gli sprechi poi danno il colpo di grazia a questi tentativi: se vedo che i soldi delle tasse sono spesi in modo non trasparente, clientelare, sbagliato, la mia lodevole intenzione di pagare più tasse crolla drasticamente.
Altri tentativi non coercitivi sono i bonus (super o no). Ti faccio uno sconto fiscale per certi comparti di spesa, ne ottengo che faccio emergere del lavoro sommerso perché per ottenere il bonus sei spinto a dichiarare tutti i lavori. Mi aspetto anche che aumenti il lavoro in quel certo settore e che quindi il gettito aggiuntivo compensi il mancato introito. L’idea può avere dei meriti, ma favorisce comunque i più ricchi e, se gestita male, come nel caso italiano, provoca impennate di inflazione.
Giustizia
Ma vediamo questo concetto di giustizia. In genere se ne parla come di un ideale, quasi una fede che deve illuminare il nostro agire. Di fatto è solo un patto sociale. L’equità fiscale in particolare. Frasi come “è ovvio che chi guadagna di più deve pagare più tasse” suonano ovvie solo a chi guadagna di meno.
Il patto è “io, ricco, pago a te, povero, alcuni servizi essenziali cosi non mi rompi le scatole”.
Ti pago un po’ di sanità di base, quel tanto per non avere lebbrosi o epidemie per le strade, ma io mi faccio curare da professionisti e cliniche a pagamento.
Ti pago una scuola che garantisca un minimo di manodopera qualificata per le mie industrie, ma i miei figli li educo in istituti privati, magari all’estero.
Ti pago la manutenzione delle strade e i treni regionali, ma io viaggio in autostrade, elicotteri, aerei e treni ad alta velocità che tu non puoi permetterti.
Pago la polizia e i giudici, così non ti viene voglia di derubarmi, ma se a rubare sono io pago i migliori avvocati e ne vengo fuori.
In generale, ti pago quel tanto che serve a tenerti buono così non ti ribelli.
Potrà non piacervi troppo, ma questa è la situazione corrente. E la classe media ? Quella parte che le tasse è costretta a pagarle accetta supinamente il suo spostarsi sempre più verso la povertà. Gli altri si affannano per tenersi nella parte che gode di qualche privilegio in più.
Gamification
La gamification è l’applicazione di elementi tipici dei giochi (come punti, sfide, classifiche, premi e livelli) in contesti non ludici, al fine di motivare e coinvolgere le persone nel raggiungimento di determinati obiettivi. Viene usata in diversi settori, come l’istruzione, il marketing, il fitness e il lavoro.
Ad esempio, le app di fitness che offrono ricompense virtuali per il completamento di determinati allenamenti o i programmi di fidelizzazione che premiano i clienti per gli acquisti ripetuti sono esempi comuni di gamification.
L’obiettivo principale è incentivare comportamenti desiderati attraverso il piacere di raggiungere un obiettivo o la possibilità di ottenere premi o riconoscimenti.
(dal web)
L’idea di applicare la gamification al pagamento delle tasse è già stata discussa e sperimentata in diversi contesti. In generare è stato utilizzato il meccanismo premiante per stimolare il pagamento puntuale e corretto. I premi consistevano in sconti futuri sulle tasse stesse e servizi gratuiti o la partecipazione a qualche lotteria. La lotteria degli scontrini è un esempio nostrano.
Punti
Io non vedrei male una gamification molto più spinta. Premiare, trasformare in punti tasse, direttamente la quantità di denaro che versiamo allo stato.
Dichiari 50000€, la pressione fiscale è del 50% (tra tasse dirette e indirette è probabilmente molto di più, ma semplifichiamo) ottieni 25000 punti.
Cosa ne puoi fare ?
- Puoi spenderli per scalare le liste d’attesa per le visite e gli interventi negli ospedali.
- Puoi spenderli per sceglierti il medico che vuoi nella tua zona, anche se la sua lista di pazienti è già completa.
- Puoi spenderli per pagare un treno, un parcheggio.
- Per scegliere una scuola per tuo figlio.
- Per velocizzare un pratica.
- Per fare lobbying (voglio che il mio comune usi dei soldi per fare piste ciclabili, voglio che nei programmi scolastici ci siano più ore dedicate all’insegnamento della musica, li uso per promuovere una proposta di legge …)
- … e chissà quante altre cose possono venire in mente su questa scia
Vi sembra immorale che uno ricco che ha pagato tante tasse vi possa scavalcare per una visita medica ? Lo è. È sicuramente immorale. Vi sembra meglio la situazione attuale in cui una massa di poveri fa code di mesi mentre lui fa la visita il giorno che gli serve a pagamento ?
Come ho detto sopra è solo una questione di efficienza. Se chi è ricco, o comunque chi è nelle condizioni di poter evadere, sa che pagando le tasse accederà a queste possibilità sarà stimolato a farlo (magari perché contemporaneamente disincentiviamo la sanità privata) e ne otterremo che lui farà la visita per primo e coi medici migliori, mentre gli altri faranno code di giorni e non di mesi.
Avremo scuole migliori, con insegnanti più pagati e meglio selezionati (se i punti tasse vengono usati per scegliere un insegnante diamo direttamente parte di quei soldi a lei/lui).
Urca, che argomentone!!!
Di quelli che accenderebbero un flame in ogni contesto, in un bar, in un talkshow, in ufficio, o -tipicamente- sui social.
Ma tu ne parli pacatamente, senza estremizzare (=politicizzare (=partitizzare)) le tesi.
Come tuo solito. Sai argomentare con molta lucidità anche un tema così divisivo e tanto dibattuto.
Forse solo sul finale fatico a starti dietro: è davvero utopistica la tua proposta. In Italia poi!! Dove dietro ogni idea si scatenano i “furbetti” delle controidee per volgere tutto a proprio favore…
Sono stato troppo pessimista o qualunquista?
Sì, ma apprezzo te che almeno ci provi a tirare fuori qualche idea! 🙂
Forse è un’utopia la realizzazione pratica di un’idea del genere. Trovare il giusto grado di armonizzazione dei dettagli. Ma non penso sia un’utopia l’idea di base: se vuoi far pagare le tasse a tutti devi dare qualcosa in cambio a chi le paga. Hai presente quei discorsi tipo: “se mi fai scalare tutta la spesa, allora sì che mi faccio fare la fattura dall’idraulico”, beh questa soluzione diventerebbe insostenibile per lo stato, ma dire all’idraulico che più fatture fa più ha la possibilità di usare i servizi pubblici con qualche corsia preferenziale secondo me è sostenibile per lo stato, invoglia davvero a pagare le tasse e, tutto sommato, risponde anche a un qualche concetto di equità (se paragonato alla reale situazione attuale).
Un idraulico italiano “seio” non rilascerà mai ina fattura: comporterebbe un evidente reato universale!
Grazie Enzo, hai come al solito fatto un’analisi pacata e profonda. quello che hai tralasciato forse perché pleonastico è che se non si elimina il contante tutto quello che si vuole fare risulta inattuabile. Ma ormai nessuno partito, coalizione, movimento politico ne parla più. Ricorfo che anni fa la Gabanelli fece una proposta a punti spingere nell’uso della moneta digitale ma non ebbe alcun seguito.