Fiamme

Parte della mia routine mattutina, almeno nei mesi freddi, è accendere la stufa a legna. Il riscaldamento a metano sa svegliarsi decisamente prima di me, per cui per le abluzioni e la colazione usiamo quello. La stufa l’accendo con calma a mattinata iniziata.

Tolgo la cenere del giorno precedente, accumulata nel cassetto, pulisco il vetro della porta con una spugna a secco, e, se non ce n’è abbastanza nel baule porta-legna in casa, vado a prenderne una borsata di sotto. Le borse telate del supermercato sono ideali per questo.

Metto dentro un po’ di ciocchi, l’esca accendi-fuoco, l’accendo e mentre ascolto un podcast (in genere Morning, con la rassegna stampa del giorno), le fiamme cominciano a prendere vita e piano piano la casa si riempie di un calore diverso, più accogliente, mentre il riscaldamento a metano si abbassa.

Nascita

La fiamma è una reazione chimica che produce luce e calore. Le molecole di un gas infiammabile portato ad una certa temperatura si smontano e si ricombinano con l’ossigeno, formando nuovi composti e liberando energia.

Il legno comincia a rilasciare gas in grado di bruciare a temperature tra i 150°C e i 300°C, dipende dal tipo di legno. Serve riuscire a scaldarne almeno una parte fino a quelle temperature perché il processo abbia inizio. Bisogna portare questi gas a una temperatura tra i 300°C e i 500°C perché si accendano. L’esca accendi-fuoco serve a questo scopo. È fatta di un materiale molto infiammabile che innesca la reazione velocemente, ma dura poco. Durante il breve periodo in cui questa fiammella iniziale è accesa bisogna riuscire a estrarre dal legno una quantità sufficiente di gas combustibili tale da permettere a questa reazione di autoalimentarsi: le fiamme prodotte dai gas estratti dal legno devono a loro volta scaldare altro legno, che bruciando estrae altro gas e così via.

Il processo non è privo di difficoltà. Il legno deve essere secco perché altrimenti tra i gas rilasciati sarebbe presente troppo vapore acqueo che impedirebbe la combustione. La superficie di legno esposta alla fiamma iniziale deve essere sufficientemente ampia, in modo da permettere alla reazione di autoalimentarsi. Una fiammella a contatto di un pezzo di legno troppo grande ne aggredisce una piccola porzione, quel poco gas che viene estratto dalla superficie non basta a estrarre nuovo gas dalla parte di legno lontana dalla fiamma, la sezione aggredita dalla fiamma in breve si copre di sostanze non più combustibili, serve più calore per estrarre il gas dalle parti interne, e questo sarà possibile solo quando il fuoco sarà a regime.

Perché l’accensione avvenga servono pezzi di legno tagliati abbastanza piccoli, in modo da esporre alla fiamma iniziale il più superficie possibile. Alternativamente bisogna disporre il legno in modo da massimizzare l’esposizione di superficie alle fiamme.

Bisogna poi fare in modo di fornire alla reazione abbastanza ossigeno, il tiraggio della stufa deve essere aperto e non bisogna sigillare completamente lo sportello della stufa in modo che entri aria anche da lì. Inoltre serve assicurarsi che i gas incombusti prodotti dalla prima accensione non soffochino le fiamme, ma circolino verso la canna fumaria.

Non basta avvicinare un ovulo e uno spermatozoo per iniziare una vita umana che prometta di non spegnersi troppo presto. Servono due persone che si stimino, che riescano ad abbassare le proprie barriere difensive e a creare l’intimità necessaria ai gameti per incontrarsi, ma che riescano anche a darsi un progetto di vita comune. Serve una situazione lavorativa, finanziaria e sociale adatta. Serve che abbiano fiducia nel futuro, e anche un pizzico di fortuna. E di pazzia.

Infanzia

La fiamma prodotta dall’esca è ormai spenta. Il legno deve fare da solo. Se abbiamo sistemato le cose per bene le fiamme prodotte dai ceppi in basso cominciano a lambire gli strati più alti, le superfici di legno affiancate si alimentano a vicenda: il calore prodotto dalla combustione di una superficie estrae gas da quella di fronte, si formano tante piccole camere di combustione. Gli idrocarburi estratti, principalmente metano, prendono a loro volta fuoco e le fiamme si sviluppano sempre di più.

C’è ancora bisogno di molta attenzione. Lo sportello della stufa va gradatamente chiuso e il tiraggio regolato. Un eccesso di aria farebbe sviluppare un fuoco violento che tenderebbe a spegnersi velocemente, inoltre raffredderebbe l’interno. Serve invece che la camera di combustione diventi sempre più calda. A volte è necessaria qualche correzione alla disposizione dei ceppi per far circolare meglio aria e fumi.

Un bambino piccolo ha bisogno di molte cure, diventa sempre più autonomo, ma è indispensabile la nostra presenza intorno. Disponiamo le cose nell’ambiente che lo circonda in modo che non si faccia male, ma dobbiamo lasciargli un po’ di libertà perché inizi a interagire col mondo. Gli forniamo il cibo che riteniamo adatto a lui ma cominciamo ad ascoltare i suoi gusti personali. Gli diamo affetto, ma anche rigore.

Giovinezza

Ormai c’è una fiamma molto vivace. Possiamo sigillare lo sportello e abbassare il tiraggio. Il fuoco è ancora più simile a quello di un falò che a quello di una stufa: brucia perché ci sono fiamme alte e superfici ancora intatte. Il legno crepita, segno che stiamo cominciando a estrarre gas da stati più interni dei ceppi, gli scoppiettii sono dovuti al gas interno che aumenta di volume e si fa strada verso l’esterno rompendo gli strati non combustibili creati dalla combustione della superficie, un chimico userebbe il termine pirolisi.

Potrebbe essere ancora un fuoco di paglia, bruciate tutte le superfici il fuoco si spegnerebbe. Perché la stufa resti accesa è necessario che il materiale refrattario di cui è rivestito l’interno accumuli calore. Dobbiamo rallentare la combustione in modo da facilitare questo sviluppo, richiede tempo. Regoliamo il tiraggio in modo che le fiamme non siano troppo alte, ma non possiamo chiuderlo troppo: deve restare un fuoco un po’ vivace perché resti acceso.

Cominciamo a percepire un po’ di calore dovuto all’irradiazione attraverso il vetro ceramico dello sportello, ma il rivestimento di maiolica della stufa è ancora freddo. Il termometro magnetico sulla canna fumaria segnala 200°C.

Quando sei giovane non puoi capirlo, ma è necessario che la tua esuberanza venga un po’ repressa dall’esterno. Ti sembra di avere energie per fare qualsiasi cosa, ti sembra di capire il mondo meglio di tutti, ma il mondo che percepisci non è quello vero. Non sai che quell’eccesso di energia non potrà durare per sempre e che nelle fasi successive della vita sopravviverai solo se avrai usato almeno parte di quelle energie per costruire qualcosa di più duraturo.

Maturità

C’è voluto ben più di un’ora, ma finalmente le pareti refrattarie hanno accumulato sufficiente calore e cominciano a restituirlo. I ceppi iniziali si sono trasformati in uno spesso tappeto di brace.

Se tutto è andato bene non si è prodotta eccessiva fuliggine e il vetro dello sportello è ancora trasparente. La fuliggine è prodotta della combustione incompleta, è una polvere nera fatta di particelle microscopiche di carbonio e piccole quantità di altri materiali non bruciati o parzialmente ossidati.

Nella stufa ben accesa a questo punto rimane qualche frammento di ceppi quasi completamente consumati. Ci sono fiamme poco pronunciate, quasi aloni o bagliori tra i ceppi semi carbonizzati. Rispetto alla fase precedente la camera di combustione sembra vuota.

È ora di aggiungere altra legna. Adesso anche un singolo ceppo, anche di quelli più grandi, prende fuoco facilmente. L’effetto combinato della brace sotto e del calore irradiato dal rivestimento interno della stufa e in grado di estrarre il gas combustibile dalle parti più interne del legno, che si infiamma vivacemente appena introdotto.

Gradualmente il calore si trasferisce dal materiale refrattario alla struttura metallica e da questa al rivestimento in maiolica che accumula il calore e lo diffonde lentamente nell’ambiente.

La temperatura sulla canna fumaria segna oltre 400°C. La ventola sopra alla stufa comincia a girare, grazie a un modulo termoelettrico che trasforma in elettricità la differenza di temperatura tra il top della stufa e l’ambiente circostante, non serve a granché ma è bella da vedere.

Ogni volta è diverso. I fuochi non sono mai uguali l’uno all’altro. La disposizione delle braci, le aree più o meno intense di luce e calore, l’intensità del vorticare delle fiamme. Ogni fuoco ha una sua identità dovuta a migliaia di cause concorrenti, il tipo di legno, il grado di umidità, la disposizione iniziale dei ceppi, la cura che si è posta durante l’accensione e sicuramente qualche farfalla che sbatte le ali a New York.

Anche nella nostra vita adulta siamo tutti diversi, forse per motivi analoghi.

Forse non percepiamo un nostro scopo preciso, ma la sensazione di funzionare credo sia comune a tutti in questa fase. Forse sentiamo ancora traguardi da raggiungere, ma ci rendiamo presto conto che non farebbero una grande differenza, faccende interne alla stufa.

A volte percepiamo qualcuno che ci guarda da dietro il vetro per vedere che vada tutto bene e gioire del calore che stiamo producendo.

Vecchiaia e morte

Ci si prepara alla fine della giornata. Smettiamo di immettere nuovo legno. Piano piano il colore delle braci tende al rosso scuro, e mano a mano che il materiale incombusto le ricopre, verso il bianco. Il rivestimento interno è ancora caldissimo e riuscirà ad estrarre completamente il combustibile racchiuso nel legno rimasto all’interno. Se non abbiamo chiuso eccessivamente il tiraggio c’è ancora ossigeno sufficiente per bruciare tutto, anche se più lentamente. Se non c’è abbastanza ossigeno si formerà fuliggine che annerirà il vetro. Poco importa, sarà facile da pulire al mattino.

Anche nel modo di spegnersi non tutti i fuochi sono uguali.

La maiolica esterna è ancora caldissima. Fornirà calore per parecchie ore. Piano piano la ventola riduce la sua velocità e si ferma.

Anche gli uomini si spengono in maniere diverse. Alcuni lo fanno più velocemente, altri ci mettono più tempo. Alcuni con chiasso, altri più pacatamente. Alcuni soffrendo, altri più sereni. Tutti chiedendosi se è servito a qualcosa.

Il tipo dietro al vetro chissà dove va. Domani riaccenderà un altro fuoco.

4 pensieri su “Fiamme”

  1. Questo è il tuo capolavoro, Vins.
    Almeno secondo me, beninteso.
    È stato un vero piacere leggere questo tuo post!

    Mi ha attirato l’immagine: una stufa a legna, un camino, un fuoco scoppiettante, le fiamme svolazzanti,… è ciò che mi commuove ogni volta che ho l’occasione di godermelo.

    Quindi ho iniziato a divorare la tua descrizione tecnica, chimico-fisica eppure semplice e lineare, della dinamica del fuoco. Nozioni che bene o male già erano di mia conoscenza, ma dette da te assumono un piacere diverso.
    Le cose non bisogna saperle, bisogna saperle raccontare!

    E poi… poi in ogni tua chiosa di paragrafo ti sei inventato il parallelismo con le fasi della vita. Applausi!
    Oltre al fuoco io adoro le metafore. Ma anche quelle, devono essere esposte bene, devono rendere il senso di ciò che vuoi rappresentare, altrimenti sono solo appiccicaticce.
    Bene, tu lo sai fare.
    …si è capito che mi sei piaciuto? L’ho già detto? 🙂

    E la prossima volta che accenderò il camino, seguirò alla lettera la tua “procedura”, e sarà un falò grandioso.
    Ciao bloggher! Continua così!

    PS: visto come andiamo d’accordo, se non usi la parola “dogma”? 🙂

Rispondi