Omeopatia della mente

Photo by Clay Banks on Unsplash
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L’omeopatia è oggi vista con un certo sospetto da chi ha un minimo di cultura scientifica. Anzi, diciamoci pure che viene bollata come pratica oscurantista, o strumento per turlupinare anime semplici disposte a pagare soldoni per rimedi che dal punto di vista scientifico contengono solo acqua o zucchero.

guarire con poco

Personalmente non condivido l’astio con cui spesso se ne parla. Sono convinto che, fossero i suoi successi anche solo dovuti a effetto placebo, meriterebbe comunque attenzione e studio. Successi, ovviamente, tutti da dimostrare, ma, anche qui, i metodi statistici usati per i farmaci allopatici potrebbero semplicemente non essere adatti.

Comunque ne parlo oggi non per difendere l’omeopatia in sé quanto perché mi incuriosisce il suo mito, la sua poesia. Nell’immaginario collettivo omeopatico è sinonimo di quantità minuscola che fa effetto. E basterebbe già per dire che è un concetto potente. I concetti come questo, che finiscono per dotare il nostro linguaggio di un modo per dire una cosa complessa in meno parole sono degni di nota.

Ma guardiamo meglio in questo mito, c’è di più.

Intanto c’è una scala: non è solo è poco ma funziona, piuttosto il concetto è quanto minore è la quantità tanto meglio funziona. Ma la cosa ancora più importante è perché funziona.

Sempre stando al mito, che possiamo accettare o no, l’omeopatia funziona perché tira in campo una capacità di autoguarigione del nostro corpo. Non è il farmaco che ci cura, è il nostro corpo che usa un suggerimento del farmaco per mettere in atto strategie in qualche modo dimenticate per provocare un cambiamento, per farci guarire.

Simenon

Sto ascoltando un audiolibro di un romanzo di George Simenon, credo sia uno dei primi Maigret, molto dark. Ne leggeva uno Patrizia al corso di Feldenkrais e mi ha incuriosito. Abbiamo parlato un po’ di Simenon.

Lei ne conosceva la biografia e lo descriveva come un uomo non solo immorale, ma decisamente cattivo verso le donne, mogli e figlia, che hanno accompagnato la sua esistenza. Secondo Patrizia il successo letterario di questo autore è dovuto alla capacità di trasferire questo suo demone interiore nei personaggi che popolano i suoi romanzi. I cattivi, in queste vicende, incarnano le nefandezze di cui l’autore stesso è capace e Maigret semplicemente guarda questo mondo distorto accettandolo senza giudicare.

Ho appena finito di ascoltare Pista nera di Manzini. Il confronto Rocco Schiavone Maigret è d’obbligo. Anche Schiavone è decisamente immorale, e tratta le sue donne di merda, come dice il suo amico Sebastiano. C’è un’unica donna che Schiavone rispetta, la moglie morta che lui rivede come fantasma nei momenti di solitudine, e con cui dialoga. Schiavone è anche un ladro, un ufficiale di polizia che non esita a infrangere qualsiasi legge pur di conseguire risultati dettati non dai doveri del suo ruolo, ma da un suo personale concetto di giustizia.

Capisco che con normali e ligi rappresentanti delle forze dell’ordine non ci faresti un granché di romanzi, ma trovo interessante che i nostri eroi abbiano spesso caratteristiche così trasgressive. È come se la maggior parte di noi non si fidasse della possibilità che col progredire normale degli strumenti che governano il nostro ordine sociale, cose come le leggi o l’educazione, si possa mai arrivare a risolvere qualcosa. Solo chi le leggi non le osserva, chi non è soggetto ai condizionamenti morali, può effettivamente migliorare la società.

epoche

Una differenza molto evidente tra Schiavone e Maigret è l’epoca in cui vieni trasportato. Nel mondo di Maigret per inviare un messaggio urgente a una persona bisogna recarsi all’ufficio postale e inviare un telegramma. Si fanno fotografie con il lampo al magnesio invece del flash. Ci si muove lungo strade di paese prive di illuminazione. I responsabili dei porti sanno dove sono le navi perché hanno ricevuto telefonate dal porto vicino e hanno segnato i dati su una lavagnetta.

Potreste pensare che Schiavone proietti, invece, l’epoca contemporanea, ma vi ricredereste subito appena fatto caso al fatto che usa un Black Berry. Il mondo corre in fretta.

libri e omeopatia

Sia dei romanzi su Schiavone che su Maigret avevo ovviamente visto le riduzioni televisive, ma come al solito il libro è un’altra cosa. C’è una ricchezza nel libro che nessun film riesce a trasmettere. E, a pensarci, è strano.

Un film ha molti più strumenti per raccontare. Più canali. L’immagine trasmette molti più particolari di quanto il libro potrebbe fare. Mille volte di più dice il proverbio. E qui parliamo non di una immagine, ma di milioni di immagini che scorrono. E aggiungici i suoni ambientali, i toni delle voci, e la colonna sonora che suggerisce stati d’animo. Una mole di dati che arrivano al nostro cervello in un tempo molto corto. L’intera vicenda è raccontata nello sceneggiato televisivo nell’arco di un paio d’ore. Per contro l’audio libro, che immagino rifletta la velocità di lettura di un lettore medio, dura quattro o cinque ore.

Perché quindi una mole di stimoli inferiore che raggiunge la nostra mente nel caso della lettura provoca un effetto molto più intenso ?

Secondo me c’entra l’omeopatia.

O comunque un meccanismo analogo. Come l’omeopatia suggerisce al nostro organismo le linee guida su cui muoversi per curarsi, il libro, con i pochi dati, ben selezionati, ben energizzati, che contiene suggerisce alla nostra fantasia come ricreare un mondo molto più vivo di quello creato dal film allopatico. Anche qui poco è meglio. La magia dipende dalla qualità di quel poco.

fantasia

Ho usato il termine fantasia, ma vediamo cos’è. In altri momenti di questo blog ho usato il termine motore di simulazione per indicare lo stesso concetto. Mi piace di più questo termine di origine informatica. Sottolinea il fatto che si tratta di uno strumento, uno dei più potenti tra quelli che ci ha fornito l’evoluzione della nostra specie.

Sento spesso dire che quello che rende gli esseri umani superiori rispetto agli animali sia il fatto che, a differenza di questi, noi abbiamo coscienza di noi stessi. Mi sembra una fesseria. Intanto dimostrare che gli animali, o le piante, o i sassi non abbiano coscienza di sé è probabilmente più difficile che stabilire se l’omeopatia funzioni o meno. Ma quand’anche fosse vero che solo gli esseri umani hanno questa capacità non credo ci sia tanto da vantarsene.

La capacità di immaginare se stessi è semplicemente un sottoprodotto del motore di simulazione. E neanche il migliore, se pensiamo che tutte le religioni e le correnti di pensiero filosofiche o spirituali non fanno altro che indicare l’eccessiva attenzione all’io come l’ostacolo più grosso verso la saggezza, verso una vita più matura.

Penso che la capacità più preziosa della nostra mente sia proprio quella di sapersi trasportare all’istante in mondi e situazioni nuove, regalandoci le stesse sensazioni che proveremmo se in quei mondi e situazioni ci fossimo finiti veramente.

È alla base di tutto il nostro vivere quotidiano, non solo del sognare ad occhi aperti. Se stai guidando e prendi una curva troppo velocemente una parte della tua mente anticipa la scena del possibile incidente e la tristezza di quella situazione ti spinge a rallentare. Se al mattino non hai voglia di alzarti per andare al lavoro inizi a immaginare il momento in cui dovrai inventare qualche scusa per giustificare il ritardo e, il più delle volte, finisce che ti alzi.

Funziona anche da pilota automatico. Immaginare il buon esito di una situazione è un buon modo per far sì che questo buon esito si realizzi concretamente. È come se la fantasia prendesse il controllo, disegnasse per terra linee luminose che ti portano alla meta.

Ti permette di plasmare il mondo intorno a te come lo desideri. Ricordate la frase di Proust “Lasciamo le belle donne agli uomini senza fantasia” ? Io la trovo meravigliosa. A quegli uomini potremmo lasciare tranquillamente anche la ricchezza, o le comodità. Questo strumento ci permette di creare il paradiso o l’inferno intorno a noi a nostro piacere.

storie

Ed è alla base della capacità di raccontarci storie, e farci rivivere le fantasie degli altri.

Una storia raccontata è un canale di comunicazione tra due fantasie.

Il linguaggio, le parole, hanno un ingresso privilegiato in questo motore. Plasmato da milioni di anni di evoluzione. Il video, i suoni arrivano alla nostra mente ma non entrano facilmente in profondità. Provocano reazioni superficiali. Le parole raggiungono meccanismi più potenti. Anche la velocità è importante, il motore non accetta più di tanti stimoli in un dato periodo di tempo.

La storia che si crea nella mente dell’ascoltatore/lettore non è mai quella che è stata pronunciata/scritta. La storia che ci colpisce, che ci emoziona è autoprodotta, come la guarigione omeopatica.

La storia narrata è solo un suggerimento.

9 pensieri su “Omeopatia della mente”

  1. Molto interessante quello che scrivi e fonte di qualche … dissenso.

    Omeopatia
    Non la vedo con sospetto perché, semplicemente, non credo che si tratti di una pratica seria. L’effetto placebo non ha bisogno di assunzioni omeopatiche perché funziona comunque con sostanze del tutto prive di qualsivoglia principio attivo, sia pure infinitamente diluito. Ritengo che sulla validità del metodo scientifico non si possano accettare compromessi: semplificando, quello che, in un certo momento, più si avvicina al vero pur senza diventare una verità oggettiva, deve risultare confutabile, dimostrato e ripetibile. Non è così, finora, per le pratiche omeopatiche che rischiano davvero, molto spesso, di diventare uno “strumento per turlupinare anime semplici disposte a pagare soldoni per rimedi che dal punto di vista scientifico contengono solo acqua o zucchero”.

    L’affermazione “è poco ma funziona”, dunque, non è applicabile all’omeopatia – finora nessuno, a mia conoscenza, ha dimostrato che funzioni! – ma ha un suo valore (come “less is more”, del resto) in molti campi che, però, non comprendono la medicina, dove preferisco l’espressione “quanto basta perché funzioni”, proprio come si usa nelle ricette di cucina. Farmaci testati che diventino sempre più personalizzabili e di cui sia provata l’efficacia in dosi minime, in modo da limitare i potenziali effetti collaterali.

    La frase “… Non è il farmaco che ci cura, è il nostro corpo che usa un suggerimento del farmaco per mettere in atto strategie in qualche modo dimenticate per provocare un cambiamento, per farci guarire …”, perciò, mi sembra del tutto inadatta alle somministrazioni omeopatiche mentre è la descrizione perfetta di qualcosa che abbiamo imparato a conoscere, volenti o nolenti, in quest’ultimo periodo: i vaccini!

    Simenon
    Ho letto molti libri di Simenon, tanti anni fa, stimolato ed incuriosito dal Maigret interpretato da Gino Cervi negli sceneggiati televisivi. Da quanto ne so, Patrizia non sbaglia riguardo alla personalità dello scrittore: “non solo immorale, ma decisamente cattivo verso le donne, mogli e figlia …” ed alla sua “… capacità di trasferire questo suo demone interiore nei personaggi che popolano i suoi romanzi …”. Non condivido per nulla, invece, il fatto che “Maigret semplicemente guarda questo mondo distorto accettandolo senza giudicare”: giudica, eccome, il commissario, da quanto mi ricordo, ma prova a comprendere senza per questo giustificare o minimizzare.

    Il confronto Rocco Schiavone – Maigret è, forse, d’obbligo, ma risulta disomogeneo: sappiamo tutto del primo – del suo carattere, della sua asocialità, di ciò che pensa … – e quasi nulla del secondo, a meno delle passioni per la pipa e la birra, di brevi e nostalgici flashback sulla propria infanzia contadina e di una moglie, presente solo sullo sfondo. Schiavone è decisamente immorale mentre Maigret non lo è per nulla, completamente avvolto dalle sue abitudini piccolo-borghesi. Il primo deve molto a Montalbano che, a sua volta, deve tanto a Maigret, come affermato da Camilleri in innumerevoli occasioni. Anche il commissario siciliano non rifugge da metodi poco ortodossi ma, così come Maigret e al contrario di Rocco, non li ha mai utilizzati per ottenere vantaggi personali. Quello che secondo me caratterizza i tre autori è il rilievo dato al contesto – Parigi e la provincia francese, la Sicilia e la sicilianità, il netto contrasto Roma/Aosta –, i personaggi minori che fanno da contorno e la serialità dei racconti. Basta leggere due romanzi di Maigret, Montalbano e Schiavone per conoscere a menadito i contesti in cui vivono ed agiscono e le loro peculiarità, ripetuti e immutabili praticamente all’infinito.

    Rocco Schiavone, infine, non è affatto misogino come sostieni: lui, a meno di pochissimi amici e della defunta moglie Marina, odia l’umanità intera, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, nel pieno rispetto dell’articolo 3 della Costituzione italiana!

    Condivido pienamente, invece, le tue considerazioni su letteratura e cinema ma sono convinto che la differenza fondamentale che mi fa preferire la prima al secondo non è direttamente l’effetto omeopatico per cui “il libro, con i pochi dati, ben selezionati, ben energizzati, che contiene suggerisce alla nostra fantasia come ricreare un mondo molto più vivo di quello creato dal film allopatico”. Un racconto, un romanzo o una poesia lasciano al lettore l’enorme libertà di immaginare qualunque cosa, dai personaggi ai panorami, senza il filtro di un regista o di un attore che, comunque, interpreta a suo modo l’audio libro. L’immaginazione, a mio parere, più che la fantasia, viene sollecitata in modo molto potente da uno scrittore bravo nel raccontare, così come un enzima induce e velocizza i processi biologici. Dico immaginazione più che fantasia perché la mia personale definizione di quest’ultima si limita a ciò che non esiste, mentre la prima comprende anche innumerevoli realtà potenziali e mi pare molto più vicina al “motore di simulazione” di cui scrivi tu.

    Riguardo a quello che renderebbe gli esseri umani superiori rispetto agli animali, l’evoluzione (?!?) della nostra specie e non solo per questo, ti consiglio di leggere, se non l’hai già fatto, “Sapiens. Da animali a dei. Breve storia dell’umanità” di Yuval Noah Harari.

    Infine, se vuoi insistere con delle letture di “gialli” piacevoli e non impegnativi, prova con i primi romanzi sul “BarLume” di Marco Malvaldi (scrittore dalla biografia molto interessante): leggi, se ne hai voglia a leggere, piuttosto che ascoltare, e poi, magari, facci sapere …

    1. Grazie delle proposte di lettura. Cercherò Malvaldi.
      Il libro di Harari l’ho letto, assieme agli altri due della trilogia, e non mi sembra vanti superiorità della nostra specie rispetto alle altre, anzi, ci definisce una specie di mostri senza cervello troppo cresciuti in capacità che non sanno gestire e minacciano di fare grossi danni.
      Sul discorso Omeopatia e Scienza, come ho anticipato a Vic, voglio rispondere con un post dedicato.

      1. Ho citato il saggio di Harari proprio perché concordo sul fatto che la presunta superiorità della nostra specie non è affatto scontata. Ho scritto, infatti: “Riguardo a quello che renderebbe gli esseri umani superiori rispetto agli animali, l’evoluzione (?!?) della nostra specie e non solo per questo, ti consiglio …!. Sull’argomento, dunque, non abbiamo opinioni troppo distanti (forse!).

        Riguardo al resto, invece …
        Chiunque proponga o convinca un proprio interlocutore della possibilità di ottenere un risultato che nessuno, fino a qual momento, ha dimostrato oggettivamente raggiungibile – che sia un medico, un avvocato, un ingegnere, un religioso, un omeopata, un astrologo, un lettore di tarocchi, un parapsicologo, un televenditore di materassi, ecc. … –, a mio parere perpetra un inganno. Spesso, addirittura, si tratta di una vera e propria truffa ai danni dei più ingenui o dei più fragili – quando, ad esempio, è coinvolta una persona cara affetta da una grave malattia – a meno che non sia chiara la premessa: “Proviamo anche con Dio, non si sa mai!”. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la fallacia, gli errori e i monumenti eretti alla Scienza che basa le proprie “momentanee” verità solo sulla rigorosa applicazione di un metodo chiaro, noto, trasparente e condivisibile. Se e quando ne verrà proposto uno migliore, cosa che non escludo affatto a priori, ne potremo riparlare. Aspetto il tuo prossimo post in proposito ….

  2. Ciao Vins!
    Vedo che il Camino, oltre a scioglierti le gambe, ti ha sciolto anche la lingua.
    Bentornato a comunicarci i tuoi pensieri, le tue esperienze e i tuoi spunti di riflessione.
    Spunti che …meritano un contraddittorio, ovviamente.
    Non dolerti se anche io sono sulle posizioni del sig. PG, ma forse ricorderai che in particolare sulla questione io ho idee abbastanza nette, a differenza tua.

    Penso in effetti che dire “se funziona, anche poco, allora merita attenzione” è molto grave! Tu stesso ammetti che in fondo è solo effetto placebo. Perché allora farsi pagare soldoni approfittando della credulità delle “menti semplici”? Questa si chiama TRUFFA, e NON merita attenzione. Ansi sì, quella delle FF.OO.

    Parlando di autoguarigione, posso anche seguirti; potenziare il potere della mente, l’autostima, chi è contento vive meglio,… tutto ok. Citerei il vecchio adagio “Aiutati che Dio t’aiuta”.
    Ma il vero punto è l’inganno dei (cd.) farmaci omeopatici, fatti passare appunto per quello che non sono e fatti pagare a peso ben maggiore dell’oro!
    Che ne pensi, ad es., dell’Agricoltura Biodinamica? …magari funziona, un poco, anche quella, no? (per chi ci crede).

    Analogamente a stabilire se l’omeopatia funzioni o meno, definisci “fesseria” il cercare di dimostrare che gli animali, o le piante, o i sassi non abbiano coscienza di sé.
    Beh, qui la “fesseria” è scappata a te, caro blogger. La base del metodo scientifico (se ancora un po’ ci crediamo), nonché della dialettica è che l’onere della prova spetta a chi fa l’ipotesi.
    Tu invece qui sembra che parti dall’assunzione “i sassi sono intelligenti” e pretendi che gli altri provino il contrario!

    Attendiamo rettifica.

    Con immutato affetto,
    Vic 😀

    1. Non ti è mai capitato di andare da un dottore, o da un avvocato, con un problema, spendere soldoni e venirne fuori col problema ancora da risolvere se non peggiorato ? A me un sacco di volte, probabilmente la maggior parte delle volte.
      Perché non chiamiamo truffa questa e quella degli omeopatie o santoni in generale sì ? Perché abbiamo eretto un monumento alla Scienza che concede ai primi la patente per sbagliare e ai secondi no. Non nego la necessità di avere un’istituzione del genere, e neanche le sue tante conquiste. Ma vorrei sottolineare che, come tutte le cose umane, può avere le sue falle (credo ne abbia parecchie). Ma voglio parlarne meglio in un prossimo post.
      Sulla coscienza dei sassi credo siamo su un altro terreno. La coscienza umana nessuno la sa definire, meno che mai dire dove risieda, per cui troppe certezze credo siano fuori luogo. Sicuramente un tribunale, con prove e controprove non è l’approccio adatto. Ma riparleremo anche di questo.

  3. Hai ragione. Chiederò al mio amico sasso di rispondere al tuo prossimo articolo, dimostrando a tutti la sua autocoscienza. 🙂

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