Altri 92 km e sono a Santiago.
Portomarin sembra caruccia appena arrivati. Una bella scalinata per salire al borgo vecchio, una bella piazza con una chiesa (chiusa anche se il cartello dice il contrario), una via coi portici da entrambi i lati e un sacco di negozi, bar e ristoranti lungo questi. Di fatto, se ti allontani un po’ dalla zona spenna-turisti non c’è molto. Una bella chiesetta verso l’esterno del paese (chiusa anche lei) e tante case vacanze inframmezzate dai soliti hotel, pensioni e albergue. Il castello della chiesa dice Igrexa, non iglesia, devono parlare qualche dialetto strano.
Non so perché si chiami Portomarin. C’è dell’acqua in effetti, ma è solo un fiume che viene da Lugo, come me, e va verso l’Atlantico, dalle parti di Vigo. Il fiume qui si slarga un po’ è fa una specie di lago, ma non vedo porti.
Credo sia una di quelle cittadine in cui i locali vengono a prendere un po’ di fresco, tipo Vico per quelli di Ivrea, per intendersi (per intendersi con quelli di Ivrea). Per il resto è una macchina per tritare pellegrini. Quelli della pensione e quelli del ristorante in cui ho mangiato sono pure antipatici. Dove sono finiti i tempi in cui per fare questo mestiere ci voleva anche un po’ di vocazione.
A proposito, sto bevendo una coca in un bar e di fianco ho tre tipi che ridacchiano di uno che ha come curriculum il gestire un “apartamento de puta“.
il viaggio
Avevo pensato di non prenotare. La lista di alberghi a Portomarin sull’app Camino Ninja è lunga due pagine, non pensavo di poter avere problemi.
È successo invece che mi sono infilato in un negozio di souvenir a Barbadelo.
Corre voce, non so se sia vero, che per avere la Compostela a Santiago sia necessario mettere due o tre timbro al giorno negli ultimi 100 km. I timbri (o sellos) li mettono alberghi, bar, negozi, chiese e bancarelle varie, e testimoniano che quel giorno eri lì. Così, per mettere un sello in più sono entrato.
Ovviamente ho dovuto comprare una spilla (la prossima volta vado in un bar) e il tipo mi ha chiesto se avevo prenotato a Portomarin. Al mio no mi ha detto che era assolutamente consigliabile farlo e mi ha proposto di telefonare lui al suo amico Pepe. Così sono uscito con sello, spilla e reserva.
22 km. Alla fine ero un po’ stanco. Mi sto portando lo zaino e non sono più tanto allenato. Ho lasciato a Sarria il tappetino, usato solo un paio di volte e la bomboletta che emette roba fredda per i dolori, che non ho mai usato. Non è un granché di alleggerimento, ma senza tappetino è più comodo.
Camminata piacevole, sotto un cielo coperto per la prima parte della giornata e, grosso modo, all’ombra di un sacco di alberi quando è spuntato il sole.
pensione
Poi Pepe non c’era. C’era sua moglie, che mi ha dato le camera e messo il sello. Le ho chiesto se c’era un posto per lavare e stendere (mi ero preparato una bellissima frase col traduttore) e lei è partita con uno sproloquio in cui ripeteva la parola “cremagliera”. Alla mia faccia perplessa si è tirata un po’ su la maglietta e ha fatto il gesto di slacciarsi i pantaloni, al che ho pensato “oddio !”, ma dovreste conoscere la signora Pepe per capire la preoccupazione. Poi era solo un modo poco fine, diciamo, per farmi capire che cremallera in spagnolo significa cerniera lampo. Il succo del discorso era che potevo lavare la roba in camera, ma dovevo stare attento a non rigarle il lavandino con le cerniere, poi potevo stendere fuori.