Giusto un paio di giorni fa parlavo con Cristina e Connie del libero arbitrio. Io sono abbastanza convinto che i nostri spazi di manovra nelle decisioni che prendiamo siano molto molto piccoli, ammesso che ci siano. E che noi siamo semplicemente spettatori delle nostre vite, non piloti. Tutto questo per dire che non so chi ha preso la decisione ieri di cambiare ritmo.
All’improvviso mi sono sentito un po’ stanco dei soliti tran tran, cammina cammina, cerca un posto per dormire, prepara il letto, lava qualcosa, stendi, cazzeggia un po’, vai a dormire sperando che nessuno ti svegli perché russi, ti svegli perché gli altri russano, ti svegli quando si alzano quelli delle cinque e ti risvegli ogni mezz’ora per quelli dopo, ti alzi, cammina cammina.
Così ho deciso di saltare un po’ di tappe. Ho preso un treno fino a Ponferrada, che, non so poi perché, volevo vedere, e domani vado in qualche modo a Sarria (si pronuncia con l’accento sulla prima “a”) e riparto di lì.
Connie ha continuato a piedi. Un po’ mi manca, è stata un’esperienza piacevole fin qui, ma avevo bisogno, e credo anche lei, di fare un po’ di strada da solo, come mi ero immaginato il Camino all’inizio.
Ponferrada è caruccia. Non solo la parte vecchia, col castello templare, anche la città vera, coi negozi, i mercati, la gente che se vede un tipo slandronato con zaino e bacchette da tracking non gli dice “Buen Camino”, ma lo guarda con un misto di diffidenza e compatimento.
Il castello è chiuso, apre tra un’ora. Giusto il tempo di scrivere qualcosa.
Volevo comprare a Edo un boccale di ferro da vero templare, ma mi sembra un peso eccessivo da portarsi dietro per altri 100 km.
Nella chiesa c’è una copia della Sindone con scritto che l’originale è a Torino. Non so se l’originale sia autentico, tendo a pensare di no, ma mi ha fatto sentire un po’ a casa.
sera
Il castello poi non era granché dentro. Tutto vuoto, con delle scale stile moderno per accedere alle varie aree. Però la visita è gratis per i pellegrini e ora ho un timbro anche di Ponferrada sulla credenziale.
Ho chiesto informazioni per andare a Sarria da qui. Non è facile. Ci sarebbe un treno, ma causa lavori è sospeso. Il taxi costa 130 euro, ho detto alla tassista che era caro e lei mi ha detto prendi un pullman. Il pullman c’è solo alla sera, diretto. Quella della biglietteria dell’ALSA mi ha consigliato di andare a Lugo e di lì a Sarria con un bus della Monbus. Tutti quelli a cui ho chiesto pronunciavano Sarria con l’accento sull’ultima “a”, quando lo pronunciavo io potevo mettere l’accento dove volevo che non capivano una mazza. Qui nessuno parla una parola di inglese da nessuna parte, sto facendo un largo uso di Google Translator per imparare un po’ di spagnolo di emergenza.
Non prenoto niente a Sarria, se arrivo un po’ presto voglio fare qualche km. Da lì i paesi sono uno attaccati all’altro.
Non vedo l’ora di rimettermi a camminare.
foto
Tralascio di commentare sulla Sindone. Dico solo che apprezzo e condivido la tua apertura dubbiosa…
Mi soffermerei piuttosto sul tuo accenno al libero arbitrio.
Mi pare di aver già “incrociato il fioretto” con te su questo argomento in passato. E sarebbe bello in futuro fare una tapa insieme discutendo di questo. Ma camminando però. Non in taxi!
PS: grazie sempre per le bellissime fotografie (e relative didascalie 🙂 )!!
Wraparound, non tapa. Le tapas, che qui comunque si chiamano pinchos sono i bocconcini che ti danno assieme alla birra o al vino per aperitivizzare 😁.
Volentieri per la chiacchierata, non è un argomento che appassiona molta gente, anche se credo sia forse la cosa più importante della vita 🙂 (dopo le tapas, ovviamente)
Non so chi ha scritto quel wraparound, il libero arbitrio del telefono, credo. Io avevo scritto etapa.
Sei incredibile!!
Pur di riaffermare le tue idee, sei disposto a dichiarare l’auto-hackeraggio 😀