Omelia del 5 aprile 2020

Una palma dal balcone di Ester e Gianni.
Una palma dal balcone di Ester e Gianni.

Domenica delle Palme. Ma è anche San Vincenzo Ferreri, predicatore apocalittico, ed è il mio onomastico (poca gente li festeggia, ormai, gli onomastici, a me ricordano l’infanzia, mia madre, un’occasione in più per festeggiare). Comunque auguri a tutti i Vincenzi Ferreri.

Domenica delle Palme. Che da noi non ci sono, e si usano i ramoscelli di olivo. Oggi non si può uscire a comprare neanche quelli: doveva pensarci Amazon …

Isaia e il servo perseguitato (Elì, Elì, lemà sabactàni?)

La prima lettura di oggi è molto bella. La traduzione letta nelle chiese è quella della CEI. Un po’ ostica, secondo me. Il pezzetto qui sotto è tratta dalla Bibbia Tilc (Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente) e mi piace di più.

Dio, il Signore mi ha insegnato

le parole adatte

per sostenere i deboli.

Ogni mattina mi prepara

ad ascoltarlo,

come discepolo diligente.

Dio, il Signore, mi insegna

ad ascoltarlo,

e io non gli resisto

né mi tiro indietro.

Ho offerto la schiena

a chi mi batteva,

la faccia a chi mi strappava la barba.

Non ho sottratto il mio volto

agli sputi e agli insulti.

Ma essi non riusciranno a piegarmi,

perché Dio, il Signore, mi viene in aiuto,

rendo il mio viso duro come la pietra.

So che non resterò deluso.

Il Signore mi è vicino,

egli mi difenderà.

Chi potrà accusarmi?

Chi potrà trascinarmi in tribunale?

Chi vuole essere mio avversario?

Si presenti!

Dio, il Signore, mi viene in aiuto,

chi mi dichiarerà colpevole?

Tutti i miei avversari scompariranno.

Diventeranno come un abito logoro,

divorato dai tarli.

La chiesa tende a sottolineare il carattere profetico di questo brano. Non ha torto, ma dobbiamo intenderci su cosa si intende per profeta. Dire che Isaia con questo brano preannunciasse avvenimenti successi 800 anni dopo presuppone una visione da Mago Otelma del profeta. Uno con la sfera di cristallo che guarda il futuro.

Il profeta non guarda il futuro, guarda dentro sé stesso, guarda il mondo intorno con occhi profondi, cerca un perché nelle cose, le mette in relazione ad un assoluto. Il profeta non vede il futuro, vede il presente con occhi diversi dagli altri.

Rapportate alla vicenda terrena di Gesù di Nazareth, le parole di Isaia ci dicono che la saggezza di Gesù, il sua mitezza, la sua fiducia in un Dio visto come padre, hanno profonde radici nella saggezza del popolo ebraico di cui faceva parte.

Il messaggio di Gesù è esattamente lo stesso di Isaia. È un “lo so che le cose andranno male”, “lo so che non siamo pronti, come popolo”, “lo so che c’è gente che non capirà, che si sentirà minacciata dalle mie parole e me la faranno pagare, ma io continuerò a dire quello che ritengo giusto”.

Gesù e Isaia dicono che non cercheranno di imporre le loro idee con la forza. Vivono in un rapporto profondo con Dio, accettano di non capire il disegno completo e portano avanti, con umiltà quella che hanno capito essere la loro parte in questo disegno.

Non importa se mi picchierete, se mi ucciderete. Continuerò a dire quello che sento che Dio mi sta dicendo. Ed è con questa mitezza, con questa accettazione del caos del mondo, della sua apparente cattiveria, che proverò a dimostrarvi che Dio mi parla davvero.

Perché come dice De Andrè

Inumano è pur sempre l’amore

Di chi rantola senza rancore

Perdonando con l’ultima voce

Chi lo uccide fra le braccia di una croce

Il racconto della passione

È probabilmente stato l’avvenimento più narrato nella storia della letteratura. Ha ispirato capolavori come “Il Maestro e Margherita” di Bugakov, o la Matthäus-Passion di Bach (una delle opere più belle che ci offre la musica classica).

Io sono particolarmente affezionato alla trasposizione che ne fa De Andrè nella Buona Novella. Il racconto molto umano dei personaggi intorno alla croce.

Maria che dice “Non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio”.

Le madri dei due ladroni che “san morir sulla croce anche loro”, arrabbiate con Maria perché lasci loro piangere “un po’ più forte” “chi non risorgerà più dalla morte”.

I padri dei bambini uccisi da Erode per uccidere da piccolo Gesù, i danni collaterali di questa guerra santa.

Gli apostoli impauriti:

Confusi alla folla ti seguono muti,

sgomenti al pensiero che tu li saluti:

“A redimere il mondo” gli serve pensare,

il tuo sangue può certo bastare.

La semineranno per mare e per terra

tra boschi e città la tua buona novella,

ma questo domani, con fede migliore,

stasera è più forte il terrore.

Nessuno di loro ti grida un addio

per esser scoperto cugino di Dio:

gli apostoli han chiuso le gole alla voce,

fratello che sanguini in croce.

Le donne, che hanno visto nella predicazione di Gesù un riscatto della loro condizione di inferiorità sociale:

fedeli umiliate da un credo inumano

che le volle schiave già prima di Abramo,

con riconoscenza ora soffron la pena

di chi perdonò a Maddalena,

di chi con un gesto soltanto fraterno

una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,

e guardano in alto, trafitti dal sole,

gli spasimi d’un redentore.

E, ovviamente, i due ladri:

Non hanno negli occhi scintille di pena.

Non sono stupiti a vederti la schiena

piegata dal legno che a stento trascini,

eppure ti stanno vicini.

Perdonali se non ti lasciano solo,

se sanno morir sulla croce anche loro,

a piangerli sotto non han che le madri,

in fondo, son solo due ladri.

Il latitante

Rileggendo oggi il brano dal vangelo di San Matteo mi ha colpito un pezzetto, piuttosto, all’inizio, che sembra una nota di colore.

I discepoli chiedono a Gesù dove andranno a fare la cena di Pasqua. È festa, c’è questa tradizione di festeggiare con gli amici, o con la famiglia, e bisogna trovare un buon ristorante. E bisogna prenotare in tempo, se no sono tutti pieni. Non c’erano ancora The Fork o Trip Advisor, e Gesù dice “andate da quel tale a Gerusalemme”.

Si è perso, nel tramandarsi del racconto lungo i duemila anni che ci separano da questi eventi, il nome del ristorante. Pensate che pubblicità poter mettere un “Si mangia da Dio” sull’insegna.

Mi piace l’idea che Gesù conoscesse un buon ristorante comunque.

La frase è messa nel vangelo in modo sibillino, come il resto, e si presta alla lettura magica di un Gesù che manda gli apostoli in un posto in cui non era mai stato per fargli trovare uno che già sapeva per miracolo di dover preparare il Cenacolo per l’Ultima Cena.

Ma è più bello pensare a un “mi ha detto un mio amico che lì si mangia bene”, “ho visto su un altro gruppo WhatsApp di cui faccio parte che lì vale la pena, si spende poco e fanno dell’ottimo pesce”.

Mi ha fatto riflettere anche il fatto che, a questo punto della sua vita, Gesù cominciava sicuramente a essere braccato da tutte le parti. Aveva già fatto incazzare un bel po’ di sacerdoti con la sua predicazione, e questi erano immanicati col potere politico (“Quick, Caiaphas, go call the Roman guard”, dice a Caifa uno dei sacerdoti nel bellissimo “This Jesus Must Die” in Jesus Christ Superstar).

Insomma Gesù all’epoca era un latitante. Doveva muoversi con prudenza, si spostava rapidamente lungo la Palestina. Nell’episodio di Lazzaro i discepoli sono sorpresi che voglia tornare da quelle parti perché avevano appena provato ad arrestarlo.

E lui decide di fare la cena con gli amici.

Molto Zen.

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