Perchè ? Boh, un po’ per me. Molto per me. Per tenere traccia del tempo che scorre, delle cose fatte e da fare, di quelle che dimenticherei, delle cose che si accavallano, i libri accumulati sul comodino. Forse per altri, se vogliono curiosare.
Ieri ho iniziato a ridipingere una porta in bagno. Inizio sempre a fare queste queste cose con manie perfezionistiche, fare le cose con calma e bene. In genere non è da me, forse è una fortuna. Comunque ho scocciato tutta la parete intorno per poi accorgermi che da un lato lo stipite ha un centimetro di distanza dal muro. Il legno che si è deformato. Riempito di stucco, oggi carteggio e dipingo, ora c’è Grazia che pulisce sotto, sembrava dispiaciuta che avrei risporcato subito dopo. Perfezionista anche lei.
Così mi son messo al PC, sto ascoltando una playlist di spotify (ora c’è Pride di John Legend, molto bello). Ho questa vaga idea di scrivere un programma per la modellazione 3d: una cosa per disegnare le cose da stampare con la stampante 3d. Ma la sto prendendo da lontano. Sono partito a mettere a punto il mio desktop ideale, ne ho provati diversi e ho deciso di usare Xfce, una cosa da smanettoni. In effetti sto aspettando che arrivino i pezzi del mio supercomputer, se PcTecStore si sbriga
hanno l’ordine dal 27 e sembra tutto fermo, al telefono mi hanno detto che è perché erano chiusi nelle vacanze, ma allora non potevano chiudere il sito ?, spero non sia una fregatura. Mai più, Amazon forever.
Quando arrivano e monto il PC riinstallo tutto lì, con Xubuntu che ha Xfce di serie.
Come linguaggio vorrei usare clojurescript. Mi sembra unisca due cose molto belle: Clojure, che è un Lisp rimodernato e davvero piacevole da usare (programmare deve anzitutto essere divertente, il cervello funziona mille volte meglio quando fai qualcosa che ti piace) e javascript che è ormai il linguaggio per antonomasia, quello in più rapida evoluzione, quello per cui trovi librerie per fare qualsiasi cosa. In particolare la libreria tree.js mi sembra interessante per quello che voglio fare.
Ma, come ho detto, la sto prendendo con calma, parto dall’editor da usare: ne ho provati diversi e ho, quasi deciso di usare Emacs. Il motivo è che una delle potenzialità più importanti di Clojurescript è il REPL, un ambiente che ti permette di interagire col programma in esecuzione, poter modificare un programma mentre sta girando velocizza in modo spaventoso lo sviluppo. È la stessa cosa che succede nella la scrittura di un testo, o nel dipingere: chi scrive non sa mai bene cosa deve venire fuori, è un processo interattivo, cominci a scrivere delle cose, hai solo un’idea di massima, e mentre scrivi e rileggi le cose prendono una loro forma, il testo si scrive da solo e tu gli vai dietro, cerchi di restare sul sellino. Magari provi a dire al testo “ma io volevo andare là” e lui a volte ti ci porta, altre ti fa scoprire paesaggi più belli. Il tempo di feedback è fondamentale perché si inneschi questo processo: se ad ogni modifica, ad ogni pennellata, vedi immediatamente il risultato, anche i programmi cominciano a scriversi da soli.
Dicevo di Emacs, interagire con un REPL è una cosa complessa e richiede molta flessibilità da parte dell’editor. Emacs sembra quello con maggior flessibilità, almeno giudicando dai commenti che vedo in rete. Il guaio è che non lo conosco granché, per cui la prima cosa che farò sarà seguire un bel tutorial sull’argomento 😄.
Data una prima mano di vernice alla porta del bagno, il risultato è che il cellulare non riconosce più la mia impronta. Pranzato col baccalà alla molisana che ho preparato ieri.
Ricetta di zia Enza per il baccalà alla molisana:
Una confezione di baccalà salato (nella mia c’erano due mezzi pesci), uva passa, 7 noci, una bustina di pinoli, mollica di pane (non ne avevo e ho usato pangrattato), fichi secchi (non ne avevo e non li ho messi), olio evo.
Mettere a bagno in baccalà per un giorno e mezzo cambiando l’acqua ogni tanto per togliere il sale, uvette a mollo per mezz’ora e poi strizzate. Si pulisce e taglia il baccalà e lo si fa a pezzetti. Teglia unta con l’olio, strato coi pezzi di baccalà, un goccio di olio sopra, a parte si fa l’intruglio con pane, pinoli, uvetta e se ci sono, i fichi tritati, un po’ di olio per inumidire il tutto, amalgamato tutto nel bimby, e versato sullo strato di baccalà (l’intruglio deve coprire il pesce), velo di stagnola sopra perché se no l’uvetta brucia. In forno a 180 per mezz’ora.
Buono, ma è venuto più secco del suo (mia zia) e meno dolce perché non c’erano i fichi, ma per qualcuno non guasta.
Iniziato il tutorial di Emacs, veramente bello. Il concetto di base è che che l’interfaccia uomo macchina realizzata col mouse, benché salutata negli anni ’80 come una grande innovazione, si è rivelata un grosso collo di bottiglia. Le mani, le dita, hanno agilità sorprendenti, sono connesse al cervello con una banda passante imponente dal punto di vista neuronale. La nostra capacità di esprimere il pensiero attraverso i movimenti delle dita è stata plasmata da milioni di anni di evoluzione, da migliaia di anni di lavoro dei nostri antenati, il sottosistema cervello dita è in grado di imparare rapidamente nuovi gesti per tradurre concetti in lavoro. Non così si può dire per il polso. Coordinare il movimento del polso per usare il mouse richiede molta fatica all’inizio e ci si assesta ad un livello piuttosto povero anche dopo anni di utilizzo. La tastiera è tutta un’altra storia: non si finisce mai di migliorare, e la capacità espressiva è senza paragoni. Emacs ti permette di fare tutto senza staccare le dita dalla tastiera. Non è solo un fatto di velocità, anche, ma soprattutto di concentrazione: togliere le mani dalla tastiera per afferrare il mouse e muoverlo col feedback visivo crea una distrazione inutile. Pensate alla differenza ergonomica tra battere contro-s e afferrare il mouse, muoverlo verso la entry “File” sul menù, aspettare che si apra, individuale il “Save”, e finalmente cliccarlo.
Date due mani alla porta, ma non basta. Il boss dice che il colore è troppo chiaro.
Antonio ha messo un link al Sistema Periodico tra i commenti al post precedente. Ho iniziato a sentirlo dall’inizio: davvero molto bello. Elio de Capitani è molto bravo a leggerlo. Mi piace come legge, anzi, interpreta, il piemontese. Ho ascoltato i primi due capitoli. Mi ha colpito la storia dell’ebraico piemontesizzato, pensavo a quello che avevo scritto sui linguaggi, come nascono e si trasformano in base ai gruppi di persone, come servano ad unire e insieme dividere. Mi è piaciuto anche dove descrive il perchè, le radici, del suo amore per la chimica. Mutatis mutandis ci vedevo cose simili nel mio amore per l’informatica: tra l’altro una qualche promessa di redenzione universale. Chissà, forse tutte le innovazioni tecnologiche sono state viste da qualcuno in questo modo.
Ora si guarda Messiah su Neflix.