La prima volta che ho provato a guardare la puntata di Report sul Russiagate mi sono addormentato a metà. Ci ho riprovato qualche giorno dopo, stavolta prendendo appunti, per capirci qualcosa. Il risultato è questo schemino fatto con Xmind. Già solo il colpo d’occhio dà l’idea della quantità di informazioni: ha più personaggi di un romanzo di Garcia Marquez.
L’idea di scrivere questo post nasce da una riflessione sul mezzo televisivo, sul modo di raccontare un’inchiesta di questo tipo, e, più nel merito, sulle aspettative, reazioni, che ha generato.
Il modo
Partiamo dalle modalità della narrazione.
Ranucci è molto bravo. Il racconto scorre liscio e insieme cattura. Mentre i vari fatti vengono sciorinati riesce a creare un senso di suspense che ti tiene incollato al televisore, aspettando la rivelazione epocale, quella del “tutti in galera”, quella che fa scoppiare l’indignazione. Il fatto è che poi non arriva, o, almeno, non è del tipo che ti aspetti. Ma su questo ci torniamo.
Ranucci è bravo anche perché si rende conto che il racconto è complesso. Fa frequenti ricapitolazioni, piccoli riassunti di quanto si è detto fino a quel momento. “Cosa abbiamo capito finora”. E’ bravo perché riesce a dosare bene la narrazione, ad alternare lo scatenare emozioni, con la presentazione di fatti, di relazioni.
Detto questo, personalmente, preferirei un media diverso dal video per digerire questo tipo di informazioni. Soprattuto in casi di questa complessità. Avrei gradito, ad esempio, che lo schema del racconto che ho faticosamente provato a ricostruire, mi fosse stato dato all’inizio, dal giornalista stesso. Che i tempi del racconto non fossero quelli del narratore, che incalza e ti guida lungo un suo percorso, ma fossero i miei, quelli della mia curiosità. La possibilità di scantonare, seguire i rivoli che di volta in volta mi sembrassero più interessanti. Insomma, penso che un sito web, con i link ai vari materiali di approfondimento, una rappresentazione schematica della struttura dell’argomentazione, sarebbe stato più adatto.
Dopodiché, se esistesse, e magari esiste pure sul sito di Report, non sono andato a guardare, non avrei avuto né il tempo né la voglia di dedicarmi a quell’approfondimento.
E allora? Allora, secondo me, siamo semplicemente di fronte a un’altra forma di delega. Come deleghiamo ai politici professionisti la responsabilità di prendere decisioni per nostro conto, deleghiamo ai giornalisti quella di approfondire gli argomenti, di presentarci il risultato della loro elaborazione. La loro opinione. Si ha un bel parlare di fatti, ma il semplice presentare certi dati e non altri, di inanellarli in un certo modo e non in un altro costituisce un’interpretazione. E noi scegliamo certe fonti, certe interpretazioni, e non altre, sulla base di una decisione a priori, necessariamente dettata dalla nostra emotività.
Forse, in tutto questo, l’unica euristica possibile sarebbe di non alzare i toni. Di non essere convinti, qualsiasi idea abbiamo, che sia necessariamente quella giusta. Di avere il massimo rispetto per le conclusioni a cui sono arrivati altri e, comunque, di smascherare con forza i manipolatori, gli urlatori, quelli che, subdolamente, orchestrano ad arte i flussi di informazione per convincere i più deboli delle loro idee.
I reati
E qui cominciamo ad entrare nel merito del servizio di Report, che anche di questo parla.
Ci sono due filoni importanti nel racconto. Due potenziali reati che vengono in qualche modo smascherati: la violazione delle regole di finanziamento dei partiti, e un vero e proprio tradimento della nostra nazione (alla faccia del sovranismo): viene permesso ad esponenti di altri paesi di influenzare la nostra vita politica mediante finanziamenti e know how di manipolazione delle masse.
La tesi del racconto di Report è che ci sia una enorme massa di denaro che finanzia partiti di estrema destra, principalmente in Europa. Tra questi partiti la Lega e, più marginalmente, FdI hanno un ruolo di spicco. Questo denaro parte da Malofeev, un oligarca russo amico di Putin. Inizialmente gli aiuti vengono devoluti direttamente, poi, a causa di sanzioni dell’Unione Europea che ha individuato la cosa, attraverso fondazioni di stampo tradizionalista religioso.
Queste fondazioni sono particolarmente adatte ad evitare la tracciabilità di questi aiuti. Infatti, pur tenendo i bilanci in chiaro, se A, B, e C finanziano la fondazione e X, Y, Z ne ricevono aiuti, non si può affermare che l’oligarca B finanzi il partito Z, se A e C sono finanziatori in buona fede e X e Y sono persone bisognose di aiuto.
Perché abbiamo questo tipo di leggi
Perché il legislatore si è preso la briga di regolamentare il finanziamento dei partiti? Semplicemente per evitare che chi ha più denaro possa influenzare la cosa pubblica maggiormente rispetto a chi ne ha di meno, vanificando, in questo modo, il concetto di voto democratico. Il politico iper finanziato avrebbe un debito verso il donatore, sarebbe ricattabile, e questo di fatto metterebbe il potere nelle mani del finanziatore. Ovviamente la legge non può fare molto per evitare questo, ma il limite alla quantità di donazioni, e, soprattutto, la trasparenza, possono mitigare questa inevitabile degenerazione del meccanismo.
Quando poi il finanziatore è uno stato estero il problema si complica. Putin che, anche se indirettamente, finanzia un politico europeo può influenzare scelte strategiche di politica internazionale, ad esempio le sanzioni contro la Russia, e, soprattutto, può orchestrare la perdita di coesione dell’unione stessa.
E quindi, dopo la puntata di Report, era logico che la Lega perdesse consensi ?
Sfogliando i vari social all’indomani di questa puntata di Report era estremamente frequente imbattersi in persone stupite che “non succedesse niente”. La frase più ricorrente era “in un paese normale la Lega passerebbe al due per cento”. Molto sottolineata era l’affermazione di Murelli di aver scelto la Lega per questa infiltrazione perché è un ambiente culturalmente debole.
Io conosco a stento cinque o sei persone che dichiaratamente votano Lega. Almeno tre di loro sono professionisti di successo, laureati. Gente che si informa e legge anche molto. Se devo dare un significato a quel culturamente debole, se devo identificare qualche tratto comune in queste persone, direi che sono animate da un certo egoismo. Non un tratto negativo in sé, piuttosto una diffidenza verso quelli che egoisti non paiono. Potremmo definirla una tendenza a voler smascherare l’ipocrisia. Comunque persone che guardano vicino, nel tempo e nello spazio, che privilegiano i problemi pratici rispetto ai sogni. Persone che guardando ai grandi ideali vedono più facilmente il tornaconto di qualche protagonista, rispetto al potenziale di miglioramento della società. Insomma, penso sia solo una questione di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Mi chiedo quanto queste persone possano interiorizzare le leggi che riguardano il finanziamento pubblico o il rischio che la politica venga eterodiretta.
La reazione che immagino a queste regole è il “Franza o Spagna purché se magna”. Se sei diffidente sul fatto che qualcuno possa davvero fare politica per gli interessi collettivi. Se sei diffidente sul fatto che lo stato di cui fai parte, o le alleanze di cui il tuo stato fa parte, siano davvero una proiezione dei tuoi interessi, se non percepisci la spinta ideale che sta dietro a queste cose, perché ti dovresti preoccupare della violazione di quelle leggi ?
Il bello è che chi la pensa in questo modo ha ottimi motivi per farlo.
C’è un’innegabile distanza tra la classe politica, di qualsiasi appartenenza politica, e la gente comune. C’è un’innegabile mancanza di trasparenza. Giustificate o no, ci sono innegabili manovre di palazzo dietro a qualsiasi decisione, soprattutto quelle riguardanti la politica internazionale. La sensazione, rispetto alla politica, del cittadino comune è, quando va davvero bene, uno “speriamo sappiano quello che fanno”, “speriamo agiscano davvero per il nostro interesse”. Quanto ognuno di noi si sente partecipe, o anche solo informato, delle alleanze tra l’Italia e gli altri paesi ? Quanti di noi non hanno il minimo dubbio che in qualche misura qualsiasi governo venga manovrato da interessi economici o geopolitici ?
Comunque si scelga di percepirlo è innegabile che quel bicchiere pieno non è. Se è questa la definizione che si può dare ad ambiente culturalmente debole non credo sia esclusivo appannaggio degli elettori della Lega.
La cura per questi problemi, il riavvicinare i cittadini alla politica, non può che passare per una maggior partecipazione, per una maggior democrazia interna e dialogo all’interno delle forze politiche. Un partito o movimento sano dovrebbe poter attirare consensi perché “lì mi ascoltano”, “lì posso dire la mia, e discuterla”, “lì mi fanno capire le cose”.
Ad oggi non vedo germi di questo rinnovamento, ma non dispero (io i bicchieri li vedo sempre mezzo pieni).
Qualche considerazione in proposito.
I giornalisti, certo, fanno esattamente quello che sostieni, approfondiscono gli argomenti: cos’altro dovrebbero fare, in alternativa? Ciò significa che, per quanto si sforzino, seguono la loro opinione politica o, se preferisci, il loro background culturale. Potremmo, noi tutti, evitare questa delega ai professionisti dell’informazione? Avremmo i mezzi per portare avanti un’inchiesta come quella di Report? Non credo proprio e, dunque, è inevitabile che ognuno faccia il suo mestiere ma questo non esclude affatto che si possa evitare l’utilizzo di un’unica fonte e si cerchi, per quanto possibile, di approfondire ascoltando o leggendo i media che la pensano in modo diverso.
Chiunque, in Italia, raggiunga un consenso oltre il 30% è “culturalmente debole” perché rappresenta staticamente un Paese che è “culturalmente debole” e lo diventa ogni giorno di più! Basta ascoltare, del resto, un qualunque comizio di Salvini – e non solo – per giudicare i contenuti che esprime privi di qualunque profondità analitica. Quando Berlusconi ha “inventato” la televisione privata, ha rivolto ai suoi collaboratori un monito importantissimo: “Ricordatevi che parliamo ad un pubblico paragonabile ad una terza elementare!”.
Sì, certo. Non è che considerassi la delega verso i giornalisti un male di per sé. Volevo solo sottolineare il fatto che quando si parla di informazione “oggettiva”, di fatti slegati dall’interpretazione, si dice una baggianata. Selezionare quali fatti meritano di essere conosciuti, è già un’interpretazione. Di fatto scegliamo i giornalisti, magari più di uno, come giustamente dici tu, e ci fidiamo.
Sul discorso che il consenso al 30% automaticamente significhi livello culturalmente debole ho qualche perplessità. Lo pensavi anche quando il PD ha preso il 40%. Salvini dice un sacco di baggianate, come dici tu ha preso per buono l’insegnamento di Silvio, ma credo che la Lega non sia solo quello. Ci sono persone di alto livello sia tra i politici che tra gli elettori e, credo, non bisognerebbe avere troppa fretta di etichettare quello che dicono come fuffa. Smascherare un’ipocrisia (come quella di cui parlo nel post, rispetto l’essere comunque eterodirette le scelte di politica estera) a volte fa male, ma è sempre una buona cosa.
… Chiunque, in Italia, raggiunga un consenso oltre il 30% è “culturalmente debole”…, ho scritto. Mi fai, dunque, una domanda retorica riguardo al 40% del PD!
Se ritenessi che la Lega “è solo quello” opererei una semplificazione assimilabile a quelle a cui ricorre Salvini insieme a tutti gli altri populisti dell’universo. Non mi è chiaro esattamente cosa tu intenda per “persone di alto livello”: individui colti, intellettualmente sopra la media, immagino. Ci mancherebbe che non ci fossero e che considerassi i potenziali o reali elettori di Salvini e della Meloni tutti stupidi e culturalmente ignoranti. Benedetto Croce, solo per fare un esempio, fu inizialmente un estimatore del fascismo e di Mussolini ed era, di certo, una “persona di alto livello” nel senso di cui sopra. Ne trovi a bizzeffe, di individui così, in tutti i regimi totalitari più sanguinari della Storia, poi c’è la “massa”, quando c’è, che rappresenta tutt’altra cosa. La mia distinzione non riguarda le peculiarità dei seguaci e neppure, paradossalmente, la “fuffa – non fuffa” dei contenuti ma si basa unicamente sui valori che si condividono o meno: chi approva e fa suoi quelli predicati dalla Lega o da partiti / movimenti simili è un mio avversario, si chiamasse perfino Albert Einstein!