Sono primo io e sono l’ultimo
Sono primo io e sono l’ultimo
È un fatto tipico
Del gioco ciclico del ritmo mantrico
Perciò
Parole su parole
Su milioni di parole
Come cellule si scontrano
Si moltiplicano
Conto quanto kunta kinte
E in quanto kunta kinte canto
(Daniele Silvestri – Kunta Kinte)
“Ciao, io sono Enzo, benvenuti.”
“Anna, ciao”
“Io sono Marco, buon giorno.”
“Venite, vi faccio strada. Avete finito tutto con Carla ?”. Annuiscono.
“Quindi da oggi siete ufficialmente parte di Raffaello!, complimenti, c’è una discreta concorrenza ormai.”
“Sì, nel mio corso si sarebbero volentieri fatti assumere tutti. Sorprende un po’ visto che qui la paga è così bassa. Senti, abbiamo capito di essere stati selezionati, e ne siamo contenti, ma in base a quali criteri non è stato molto chiaro …”
“Ora capirete tutto, quanto alla paga vedrai che guadagnerete molto più dei vostri colleghi in altre aziende.”
“Ma, ci hanno detto che avremo il minimo sindacale per la categoria …”
“Sì, ma quella è la parte di stipendio che percepisci se non fai niente.”
“Si può non fare niente ?”
“Certo!, anzi, per qualche tempo è anche consigliato. Alla lunga poi uno deve rendersi utile, se no ti licenziano, ma vedrai che avrete più voglia di darvi da fare che di impigrirvi: è un ambiente molto coinvolgente.”
“Ecco, siamo arrivati, ho prenotato la sala 37, è una delle sale jolly. In questi giorni, se decidete di venire in ufficio potete sistemarvi qui, è prenotata per voi per tutta la settimana, poi avrete imparato a destreggiarvi. Io comunque sono a vostra disposizione per qualsiasi cosa, io e Carla siamo i vostri mentor, lei si occupa un po’ più della parte organizzativa io un po’ più di quella tecnica, ma per la maggior parte delle cose potete chiedere indifferentemente a me o a lei.”
“Scusa, hai detto -se decidete di venire in ufficio- ?”
“Sì, molti trovano più confortevole lavorare da casa, soprattutto chi abita lontano. Molti, comunque, vengono a lavorare qui perchè abbiamo creato davvero un bell’ambiente.”
“Sì, ho visto, tutti questi fiori, è bellissimo”
“Oh, beh, non solo quello: io apprezzo molto la caffetteria. Poi abbiamo una piccola palestra, una bella piscina, una sala per la meditazione, bellissime sale per lavorare, laboratori di ogni tipo …”
“Non ci sono uffici chiusi ?”
“Ce n’è qualcuno, ma non sono mai nominativi, bisogna prenotarli, come le sale, e in genere ci piace stare a contatto con gli altri.”
“Allora, questi sono i vostri notebook e smartphone, questi sono i tuoi Marco credo .. sì, sono i tuoi e quelli allora i tuoi Anna. Cominciate ad accenderli, qui ci sono le vostre credenziali, poi ve li configurate come volete. Ecco, questi sono i token per l’accesso alla rete aziendale. Accedendo al wifi della sala siete collegati a internet, come se foste a casa, alle applicazioni della rete di Raffaello si accede con il numerello del token e le credenziali che vi ho dato. Per questo, dicevo, lavorare da qui o da casa è esattamente uguale, d’altra parte non ci sono orari né lavorando da casa né in sede. Pensate che abbiamo assunto persone, soprattutto in altre nazioni che non sono mai state in una sede dell’azienda. Ah, riguardo alla selezione, buona parte della decisione viene presa in base alla vostra presenza online: progetti open-source in particolare, ma anche blog e altre iniziative, abbiamo valutato il modo in cui interagite con gli altri in particolare. Tornando alla sede, ovviamente se vi scegliete un lavoro per cui è necessario usare attrezzature che sono qui dovrete venirci.”
“Ci scegliamo noi il lavoro ?”
“Sì, non lo sapevate ? E’ uno …”
“Io lo sapevo, l’avevo letto”
“Sa sempre tutto lei ..”
“Va beh, non c’è niente di male a non saperlo, comunque è uno dei punti fondamentali del nostro modo di lavorare. Riteniamo che se uno decide lui cosa fare sceglierà molto meglio di quanto farebbe un manager al posto suo: sceglierà un lavoro che gli interessa e quindi sarà più motivato, misurerà le proprie capacità in modo da darsi compiti alla sua portata, visto che verrà pagato solo in base ai risultati”.
“Ma il responsabile del progetto saprà meglio di chiunque altro cosa è necessario fare …”
“Saprà quello che farebbe lui, i dipendenti, nelle organizzazioni gerarchiche tradizionali sono braccia aggiuntive per una sola testa. La nostra scommessa qui è stata che le teste aggiuntive fossero una risorsa quanto e più delle braccia. Tu potrai conoscere meno il progetto, ma magari sei esperto in qualche campo che entra in sinergia col progetto in modi inaspettati, la maggior parte delle innovazioni sono frutto di cross-impollinazione, la gerarchia è garanzia di inaridimento.”
“Ma io posso sbagliare a valutare le mie competenze, magari perdo tempo o ne faccio perdere.”
“Sono rischi che siamo preparati a correre, ma tieni conto che il journal di progetto aiuta molto, perché i nuovi arrivati hanno a disposizione la storia delle scelte fatte, dei tentativi falliti etc., e poi considera che il fatto di essere tutti pagati in base al successo del progetto focalizza molto e aumenta la collaborazione, nessuno è mai solo nel fare una scelta.”
“Sì, ma non succede che ci siano lavori che tutti vogliono fare e altri che non vuole fare nessuno ?”
“Certo che succede. Per questo assegnamo un valore ai vari task: le cose che vogliono fare tutti saranno pagate molto meno, in modo da invogliare chi vuole monetizzare a dedicarsi ai problemi meno frequentati.”
“Ma chi è che assegna questi valori ? Ci sono dei manager quindi ?”
“No, non ci sono manager, i valori sono calcolati da un meccanismo in parte automatizzato, ma con la supervisione di un team che si occupa del meccanismo tenendo conto anche dell’andamento dei progetti, del costo totale del prodotto verso i clienti, dei costi fissi etc.”
“Ma chi decide la composizione di questo team?”
“Nessuno. Puoi farne parte anche tu, se ritieni di essere adatta a quel mestiere, anzi puoi iniziare anche da subito, apri Confluence.”
“Cosa ?”
“Guarda, se vai al sito intranet, è preimpostato vedi ? Accedi con le tue credenziali e vedi le varie applicazioni, la più importante è Confluence, è un enterprise-wiki, sapete cosa significa ?”
Sia Anna che Marco guardano nel vuoto.
“Avete presente wikipedia ? E’ un posto in cui ogni utente può dare il proprio contributo creando nuove pagine, le voci dell’enciclopedia, o migliorando quelle esistenti. Il wiki è questa tecnologia di base che permette di creare un sito web modificabile dagli utenti. Per noi è un grosso foglio attorno al quale è seduta tutta l’azienda. Salvo alcune parti che devono essere riservate per le esigenze di certi progetti o clienti ogni dipendente può vedere tutto quello che c’è sul foglio.”
“E cosa ci scrivete ?”
“Anzitutto ognuno di noi è incoraggiato, eufemismo: se non lo fai non ti pagano, a tenere aggiornate una pagina di presentazione personale e un journal. Nella prima ognuno scrive chi è, cosa sa fare, cosa gli piace, insomma tutto quello che può servire a facilitare la sua collaborazione con altri. Nel journal, sulla base di periodi che uno si sceglie, all’inizio di un periodo scrive cosa si propone di fare in quella fase e alla fine tira le somme sul come è andata. C’è chi lo mantiene giornalmente, chi settimanalmente o mensilmente, di più è sconsigliato, altro eufemismo. Vale per qualsiasi cosa tu faccia nel periodo: sia che studi, che partecipi a un progetto che altro.
Inoltre i vari stakeholders manutengono due di queste pagine per ogni progetto e ogni meccanismo interno, compreso il Task Prizing Team, che è il nome del team di cui dicevamo. Se vai nella pagina di questo team trovi documentazione sui criteri che stanno adottando correntemente e puoi cominciare a farti un’idea. Tengono, come tutti i progetti una lista dei sotto task da completare, se la sfogli e trovi qualcosa che sai già fare puoi cominciare a dargli una mano (i sotto task hanno assegnato il loro valore 😀) altrimenti scoprirai che tipo di formazione ti serve per entrare nel giro.”
“Ma questo foglio comune non crea problemi di sicurezza, non ci sono informazioni che devono essere ristrette a pochi ?”
“Ci sono, e, come ho detto, Confluence è attrezzato per gestire delle access list, ma tendiamo a minimizzare la necessità di usarle. Vedi la maggior parte del software che produciamo è open-source, è per definizione visibile a chiunque”
“Ma di cosa vive l’azienda ?”
“Noi vendiamo sistemi completi e servizi. L’open-source è la nostra vetrina, è dove dimostriamo di avere ottime conoscenze nei campi in cui operiamo, e i clienti ci pagano per spendere questa conoscenza nei servizi che offriamo loro: il software è a disposizione di tutti, ma pochi lo conoscono bene come noi e questo ci mette in una posizione di vantaggio commerciale.”
“Quindi è tutto qui ? Uno si cerca lavori e viene pagato a progetto ?”
“Se fosse solo questo già non sarebbe male, ma non è tutto qui. Quello che cerchiamo di promuovere è un vero spirito imprenditoriale. I soldi che guadagni puoi prenderteli o reinvestirli nell’azienda stessa, se decidi di farlo, anche in parte, puoi decidere di finanziare dei progetti tuoi, o creati assieme ad altri, pagare il lavoro di tuoi colleghi per farli lavorare ai tuoi progetti etc … Sui progetti di cui sei finanziatore hai una bella fetta dell’eventuale guadagno, anche qui la percentuale reale è decisa da meccanismi complessi, in continuo adattamento e comunque sempre trasparenti. Quello che cerchiamo di evitare sono le rendite di posizione, se uno è stato bravo per un periodo non guadagnerà per sempre di più per questo motivo, anche se cerchiamo di creare un po’ di isteresi per non essere troppo ossessionati dall’efficienza.”
“Ma, quindi, non succede mai che qualcuno decida di non fare niente e accontentarsi della paga minima ?”
“Finora non è mai successo. Ci sono due meccanismi che tendono ad evitarlo: uno è punitivo: abbiamo tutti firmato un accordo per cui dopo un periodo di due anni in cui si guadagni in media meno del doppio della paga base veniamo automaticamente licenziati, l’altro è proattivo: i vostri mentori, io e Carla in questo caso, hanno tutto l’interesse a farsi in quattro perché voi vi inseriate a pieno nel giro: il cinque per cento dei vostri guadagni dei primi due anni va a loro”
“Come i navigator di Di Maio !”
“Esatto, solo che qui funzionano”
“Ma come siete riusciti a creare questo ? I dirigenti dove sono finiti ? E’ nata così questa azienda ?”
“Non è nata così: è nata in un momento in cui eravamo con le spalle al muro. L’azienda stava fallendo e avevamo pochi mesi prima che chiudesse. Ma ci rendevamo conto che all’interno avevamo grandi professionalità, sia tecniche che commerciali e qualcuno ha proposto un buy-out dei dipendenti per sfruttarle. Girava questa proposta organizzativa ed è sembrato il modo migliore di stimolare chi era capace a darsi da fare e rimettere a galla la baracca, a quel punto si è visto che funzionava e il resto è venuto da sé. I dirigenti non sono affatto spariti: hanno accettato una paga minimale e rinunciato a tutti i benefit e al ruolo decisionale, ma si sono rimessi in gioco. Chi aveva delle capacità guadagna ben più di prima perché la torta è più grande e viene decisamente premiato il merito.
Bene ! potete passare il resto della mattinata a leggere sul wiki, così cominciate a farvi un’idea. Vengo a prendervi per pranzo così vedete la nostra meravigliosa caffetteria. E vi faccio conoscere Rocco, il cuoco, prepara delle cose stupende.”
“E’ un dipendente ?”
“Ovvio !, probabilmente è quello che guadagna di più in sede. Pensate che nella ditta originale era all’ufficio acquisti ! Si era stufato di quel lavoro e ha deciso di rigiocarsi quest’altra competenza.
Posso lasciarvi, avete ancora dubbi ?”
“Solo uno. Una curiosità. Il logo dell’azienda è strano, cosa significa ?”
“Non ridete: è una stilizzazione delle tartarughe Ninja”
“Daaai, perché ?”
“Non vogliamo pubblicizzare troppo la cosa perché è un riferimento culturale un po’ terra terra, ma ci era piaciuto: sembrava conciliare l’eccellenza individuale con lo spirito di gruppo, che è in fondo l’idea di lavoro che portiamo avanti.
Buon lavoro ragazzi, buona prima mattinata e benvenuti in Raffaello.”
Fantastico post! Dovresti mandarlo a P…! Ma non credo che approverebbe.
Che dire… Facciamolo. Mi propongo come cuoco e addetto alla caffetteria 😉
Visto che il cuoco è quello che guadagna di più ci sarà la coda …
Scusa ma stavolta …ti devo un po’ stroncare.
Bellissima favola utopica. Ma appunto una favola.
Decidi cosa vuoi fare, quando vuoi farlo e dove vuoi farlo…
Hai solo dimenticato che ognuno può decidere anche quanto guadagna, indipendentemente da quello che fa!
Davvero, non vorrei fare ora la parte del pessimista retrogrado aziendalista reazionario, ma ci vedo talmente tanti di quei rischi degenerativi in questa visone idilliaca, che non posso pensare sia un modello proponibile.
Cioè, è chiaro: a chi non piacerebbe un modo così?
Ma allora pensiamo pure a fondare un Partito Politico in cui nessuno fa i suoi interessi e in una sola legislatura annulla il debito pubblico, dimezza le tasse, stronca la criminalità e riduce a zero la disoccupazione.
E poi creiamo un modello di società in cui tutti ci vogliamo bene e ognuno può avere tutte le donne che vuole (ah, 10 ragazze per me possono bastare 🙂 ).
Dimenticavo: chi ci pensa a costruire l’ospedale dove si curano tutte le malattie definitivamente e puoi scegliere fino a che età vivere?
Bello…molto ben scritto, complimenti.
Lo trovo però non applicabile a tutti gli ambienti lavorativi e potrebbe dimostrarsi come un’astrazione utopica di ciò che esiste oggi come “lavoro a progetto”.
Se ho un progetto e trovo chi finanzia la mia idea, posso fare un po’ come mi pare ….. se il progetto è piccolo, molto piccolo. Se il progetto diventa impegnativo e necessita di più persone per svilupparlo, se ciascuno dovesse fare ciò che vuole o gli piace, il progetto non verrebbe mai completato. Ciò che racconti lo vedo applicabile se si volesse mettere a disposizione un articolo giornalistico, un pezzo di codice …..piccoli mattoncini di progetti un po’ più ambi.
Riguardo all’applicabilità: chiaro che è una favola e certamente è utopica, ma le utopie sono bussole, ti dicono da che parte andare. E secondo me in questa direzione si potrebbero fare passi concreti e funzionanti. Nella favola ci sono vari elementi, che possono essere considerati singolarmente.
1. Il Journaling. Sembra una cavolata ma secondo me è una cosa importantissima, il fatto che ognuno scriva ogni giorno cosa fa, quali difficoltà incontra, che risultati produce e che questo giornale sia letto dai vari collaboratori di un progetto, dai responsabili. E anche i responsabili scrivono il loro, per dare a tutti una visione di come il progetto sta andando. Secondo me è un grosso strumento di collaborazione e di “buon lavoro”
2. L’assenza di orari e il misurare quello che si fa e non quanto scaldi la sedia.
3. Il fatto che ognuno scelga il proprio lavoro e non gli venga detto cosa fare. Sembra utopistico, ma le idee più moderne in fatto di organizzazione del lavoro parlano di manager che “si rende inutile” avendo portato il suo team ad auto organizzarsi.
4. Incentivazione “a priori”. Nel senso di un pacco di soldi messo lì in anticipo ed erogato se il team raggiunge un risultato (è quello che fa funzionare il punto 3, tra l’altro).
5. Moneta interna, guadagnata coi vari lavori e trasformabile in denaro vero o reinvestibile nel lavoro (nella favola parlo di finanziare progetti, ma pensiamo a cose più banali: mi ci pago un pc o un telefono coi controcazzi, un corso, libri, abbonamenti, viaggi a mostre/fiere … ), e perché no, mi ci pago del tempo mio da spendere su progetti/proposta.
No, secondo me qualcosa di realizzabile c’è. Ci va un po’ di fantasia e coraggio …
Bravo Enzo, as usual. Peccato che descrivi qualcosa che potrà essere, anzi che potrebbe essere, mi correggo ancora che gia poteva da un po ma la durezza del cuori di molti non ha concesso. Che fare quindi? La rivoluzione? Suscitare una pandemia? Eccoci.